venerdì 4 dicembre 2009

I. F. O.

I.F.O. (Identified Flying Objects, i.e.: Oggetti Volanti Identificati)


Abstract:

Qualcuno deve intervistare un "addotto", per un piccolo giornale indipendente, sembra un compito facile ... Ma forse, questa volta, non lo sarà ... ...

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Nina, anche quella mattina, era in ritardo al giornale, per la terza volta di seguito e sperava di farla franca, come le precedenti, quando la sgradevole voce del vicedirettore le arrivò dietro il collo:
- Che ti paghiamo a fare a tempo pieno se tanto fai solo un part-time discrezionale? Eh? Maledizione dove credi di essere? Eh? Al giornale del Monopoli? Eh?
- A quale domanda vuole che risponda prima?
- Spiritosa, la raccomandata! Ma se credi di fare il tuo comodo, ti sbagli! Seguimi in ufficio, adesso!
- Posso prendere un caffè prima, direttore, prego?
- Ma non sai nemmeno con chi parli? Dannazione io sono il vicedirettore, non te l’hanno detto?
- Sono sicura che col suo squisito carattere, sarà presto promosso. Allora posso prendermi un caffè e poi raggiungerla in ufficio, Capo?
- Portane uno anche a me e siamo pari …
- Tutte le scuse sono buone, vero, Vice?
- Ti tocca …
Nina entrò nell’ufficio strillando, per il dolore provocato dai due bicchierini bollenti. Il caffè, lasciato cadere sulla scrivania, schizza macchie marroni su molti dei fogli presenti ed il calcio dato alla porta per chiuderla, fece vibrare il vetro pericolosamente.
- Maledizione dove ti credi di essere? Impara a comportarti da persona civile! Non ti credere di poter fare come ti pare solo perche sei mia figlia, se continui così ti licenzio in tronco!
- Prima dovrai assumermi, non credi papino?
- Io sono il tuo Direttore, in questo momento, non te lo scordare e mi devi rendere conto dei tuoi orari personalizzati.
- Pa’, ho ricevuto una offerta di lavoro da una TV locale; quasi, quasi ci provo, che dici?
- Non vorrai lasciarmi per andare a lavorare con degli estranei? E io come faccio senza di te questo giornale andrebbe a rotoli. Non puoi farmi questo, sono tuo padre, non hai un po’ di gratitudine per i sacrifici che ho fatto per te?
- No!
- Almeno fammi questo lavoro che ti avevo preparato, può essere una cosetta, magari ti interessa anche …
- Di cosa si tratta, qualche altra bomba, una rapina con ostaggi, o qualcuna delle solite marachelle dei politici?
- UFO …
- Ma scherzi, un altro squilibrato con le allucinazioni, che vede gli omini grigi o lucertole a due gambe …
- Non so molto, altrimenti non ci manderei qualcuno … Hai qualche impegno per oggi? Ma già che sei qui, perché non ci vai? Fallo per papi … Sei brava in queste cose, le hai già raccontate con la giusta ironia. E poi dove lo metti l’amore filiale …
- Credo proprio che accetterò quell’offerta di lavoro, papino.
- Me lo fai questo favore?
- Si, ma poi me ne devi uno …
- Sei tale quale tua madre, tieni qui la pratica e vai …
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Nina aveva tentato di contattare il presunto ”addotto” per telefono, ma senza riuscirci. Trovò, tra le carte del rapporto un indirizzo e volle tentare una visita a sorpresa.
Il personaggio in questione era stranamente rimasto nell’ombra, dopo la prima notizia, fornita dalle forze di polizia, che avevano ricevuto una segnalazione di scomparsa ed avevano iniziato le indagini. Il suo nome era tal Mario Mariolis di 35 anni, immigrato di seconda generazione. Non c’era molto di più, sennonché, al momento del ritrovamento e solo in quell’occasione, aveva affermato di essere stato sequestrato. Per tutto il tempo era rimasto chiuso in un veicolo con le caratteristiche più strane, ed era stato torturato. Affermava inoltre di aver avuto la netta sensazione che il veicolo avesse compiuto manovre tipiche di un aeromobile.
Nina non era entusiasta di quell’incarico, come di tutti quelli che suo padre le affidava di solito; tuttavia c’era senz’altro qualcosa di atipico nel comportamento del soggetto e tutta la vicenda era fuori dagli schemi tipici per questo genere di idiozie. Nina subodorava qualche tentativo di depistaggio da parte dell’interessato, magari per giustificare qualche zingarata o qualche serata a base di “stimolanti” da nascondere a qualcuno. Pensava a tutte queste cose, quando giunse nella zona dove si trovava l’abitazione segnalata. Fermò lo scooter e cominciò a verificare i numeri civici …
Finalmente, dopo vari su e giù, trovò il numero e cercò il nome, ma non c’era. Notò tuttavia che vi erano dei cartellini mancanti e quindi non poteva essere sicura di trovarlo, né voleva farsi notare troppo, prima di aver inquadrato la situazione, c’era il caso di mettere in allarme il soggetto, mentre Lei voleva prenderlo alla sprovvista. Pensò di fermarsi al caffè di fronte e tenere un po’ d’occhio la situazione.
Entrò e si senti subito gli occhi di tutti gli astanti addosso, come inizio di anonimato non era un granché, ma si rese conto, solo in quel momento, che quella mattina non era uscita vestita nel modo adatto per fare il detective, anzi aveva messo su una cosa alla “fucking pumps”, troppo per non risvegliare i lupi … Il barista comunque meritava la gita. Prese un caffè con calma, squadrandosi il ragazzo per tutto il tempo e quando finì di prendergli le misure, pagò e nell’uscire gli fece un sorriso strascicato, giusto per non perdere l’abitudine. Sulla porta si soffermò l’attimo necessario a catturare la risate e lo schiamazzare del gruppo al tavolo, il bel barista cercò inutilmente di zittirli agitando le mani e arrossendo vagamente. Nina ci si divertiva, ogni volta, specie quando giravano per locali con la sua cara amica Anna, che era ancora peggio di lei in queste, cose … A proposito, doveva assolutamente messaggiarla, su quel “baretto”, dovevano tornarci assieme combinare qualcosa al povero "picciotto"! Mentre usciva, digitando sulla tastierina, intravide un tipo un po’ stranito che gironzolava sul portone, non voleva farsi notare e rientrò nel bar, ci fu un po’ di trambusto all’interno, ma lei era concentrata sul tipo all’esterno che continuava ad camminare a scatti: andava da una parte e poi di colpo tornava indietro. Nina rientrò ancora nel bar e si diresse dritta verso quelli che stavano commentando sul suo vestiario ed oltre, la cosa creò parecchio panico ed uno di loro finì per terra. Lei gli si piazzò davanti e in modo deciso si rivolse a tutti loro:
- Chi di voi abita da queste parti?
- Ppppereché? - Balbetto quello che si era appena rialzato.
- Presto chi conosce il quartiere, sveglia! – Nina sembrava la maestrina che sgrida gli scolari.
- Cosa le serve? Io conosco tutti qui in giro. - Un gigante si alzò, sovrastando Nina per niente intimorita.
- Venga con me presto. Guardi se conosce quel tipo sul lato opposto, per piacere. – Gli chiese Nina.
- Quello che sta vagando davanti a quel portone? – L’omone l’aveva seguita fuori ed aveva notato il suo soggetto.
- Si quello, lo conosce?
- E’ Mario. Si è quello sciroccato che vede gli omini verdi. Uuuuuh! Uuuuuh! – Fece lui, dando un’occhiata divertita ai suoi compari.
- Non sono verdi, sono grigi! Ehi barista, offri da bere a tutti; dopo ritorno e ti pago, va bene? – Nina tagliò corto su tutta la situazione, non dando il tempo a nessuno di rispondere e attraversò di corsa la strada.
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- Mario Mariolis? Piacere sono Nina. Nina Baum, una giornalista. Vorrei fare una chiacchierata con lei se permette, niente di impegnativo, solo una chiacchierata amichevole.
- No, non so … Ma ch … che cosa vuole?
- Non deve preoccuparsi. Mi permetta di offrirle qualcosa e facciamo due parole, senza nessun impegno, quando è stanco me ne vado, eh? Che ne dice?
- Io n .. non bevo …
- Neanche un caffè, che so, una cioccolata?...
- Tè, va bene un tè, per piacere …
- Si va bene, ma prima è meglio che entriamo in un posto tranquillo, dove si possa parlare con calma, senza troppo chiasso, è d’accordo? Non lì di fronte, meglio di no!
- Lo s … s … so io dove, venga con me; più avanti …
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Mario Mariolis poteva passare per un trentacinquenne qualunque, se non fosse per lo stato confusionale che risultava evidente anche a Nina, tutt’altro che una psicologa. Ci voleva poco a capirlo. Si rese conto che l’aggressività con lui sarebbe stata l’arma sbagliata e mentre l’uomo sorseggiava il suo tè in preda alla paura di bruciarsi la lingua, Nina si prese tutto il tempo per osservarlo. I suoi tic, le sue incertezze, persino quel balbettare ridicolo non sembravano nella natura della persona che aveva davanti: un ragazzo dall’aspetto gradevole e ben proporzionato, coi capelli un po’ arruffati e troppi tagli da rasatura, come se non potesse fermare i tic neanche il tempo di farsi la barba. Era vestito male, ma non per la qualità delle singole cose, anzi, tutta roba in sé bella, di qualità, ma indossata alla rinfusa e persino abbottonata male. C’era qualcosa di incongruente nell’insieme. Gli sorrise e notò che lui la guardava, come compiaciuto, poi distraeva lo sguardo, ma in realtà continuava a guardare di sottecchi, un po’ infantilmente. Nina sorrise ancora e disse:
- Lo sa, anch’io bevo sempre il tè, mi piace il tè, proprio come a lei …
- M … ma perché non l’ha preso, adesso?
- Ah, l’ha notato? Beh, ne ho già presi troppi per oggi, sa com’è …
- M … ma non mi chiede niente? Voleva parlarmi prima …
- Si certamente e lo voglio ancora, ma solo se lei è d’accordo, che dice, posso cominciare?
- Sss … si.
- E’ stato male ultimamente?
- M … Male?
- Ha avuto problemi di salute?
- …
- Non vuole parlarne? – Nina stava cercando di non farlo bloccare su uno specifico argomento
- Mi hanno fatto del male … e continuano a parlarmi nella testa! – disse lui, ma non stava parlando con Nina, era un pensiero ad alta voce e Nina sperava che non si fermasse, quindi non parlò; sorrise ancora una volta …
Nina credette che stesse per piangere, perché l’uomo mise una mano sugli occhi e si nascose del tutto con l’altro braccio, poi li tolse entrambi e la guardò dritto negli occhi e Nina vide il suo occhi arrossati e lucidi e i segni delle lacrima asciugate alla meglio. Nina ebbe un momento di commozione è si disse che era meglio andar via di lì, poi rivolta all’uomo:
- Lei non sta bene, mi permetta di accompagnarla a casa, vuole?
- Non posso entrare in casa. - Disse supplicando.
- Neanche se l’accompagno io? – Propose Nina.
- Ma lei entra con me? – Ancora più penosamente.
- Se vuole, volentieri, resto finché non si sentirà meglio.
- ….
- Andiamo?
- S … si.
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Nina ebbe l’impressione, per tutto il percorso, di accompagnare un vecchio decrepito. Un continuo avanzare e fermarsi, per poi ripartire e rifermarsi; per non parlare degli infiniti rituali davanti al portone, prima di riuscire ad entrare e poi di nuovo alla porta di casa.
Entrando nell’appartamento, Nina ebbe la conferma di quanto aveva osservato in precedenza: c’era sì un gran disordine, ma era evidentemente recente; mentre la casa in sé, l’arredamento, il gusto di alcune scelte, la presenza di gadget di grido e qualche foto ricordo su pareti e scaffali, denunciavano una vita piena ed anche ricca di esperienze …
L’uomo si aggirava per la casa come se si aspettasse di trovare qualcuno ad ogni angolo e Nina fu curiosa sull’argomento:
- Vive qui con qualcuno?
- Lo sa anche lei?
- No, volevo sapere se è sposato?
- Sposato?
- Ha una moglie, una fidanzata, c’è qualche amico magari o sono troppo indiscreta. Vedo delle foto con tante persone, qui sugli scaffali …
- Ah! Quelle … Ora mi hanno abbandonato tutti, tranne …
- Tranne chi, Signor Mariolis?
- Loro …
- Loro?
- Li sente anche lei?
- No, sfortunatamente, no Signor Mariolis, però potrebbe parlarmene, forse le farebbe bene, che ne dice di parlare un po’. Mi piacerebbe capire …
- No! Non le p … piacerebbe, no …
- C’è qualcuno che le fa ancora del male, Signor Mariolis?
- Sono Mario, p … per gli amici sono Mario.
- Mi fa piacere che mi consideri un’amica e sarò felice di chiamarla Mario, se lei mi promette di chiamarmi Nina.
- N … Nina, c … che bel nome …
- Grazie, Mario.
- Vuoi sapere, Nina?
- Si, Mario, se parlarne ti fa bene, solo se parlarne con me ti fa bene …
- Certo, sto bene con te, Nina, tu sei buona, m … ma l … loro sono malvagi e ho paura che facciano male anche a te.
- Tu hai paura per me, Mario? E’ una cosa molto tenera, sei gentile; ma cosa ti fa soffrire così tanto?
- Le voci dentro di me non si fermano mai e mi parlano di quelle cose terribili che mi hanno fatto e mi ripetono che mi faranno ancora del male. Che torneranno per farmi ancora del male …
- E’ successo quando ti hanno rapito?
- Rapito? Quando?
- Quando sei scomparso, Mario. Ricordi di aver detto alla Polizia che ti avevano rapito?
- Ah! Quello …
- Si quello, Mario …
- Mi hanno detto loro di dire così, loro vogliono che dica così …
- Ma allora, perché ora dici queste cose a me?
- Tu sei mia amica! E’ vero che sei mia amica, Nina?
- Certamente Mario, stai certo che lo sono e lo sarò!
- A te posso dirlo, non sono stato rapito, sono scappato … Sono scappato da loro, che volevano farmi del male, ma loro mi hanno raggiunto e mi hanno portato indietro.
- E poi?
- E poi mi hanno detto quello che dovevo dire … e io ho obbedito, perché non resistevo più!
- Ora devi riposarti un po’, perché non dormi per qualche ora?
- Ma tu resti?
- Io, veramente, dovrei tornare al lavoro …
- Mi lasci solo … Io ho paura a stare da solo …
- Resterò un po’ qui, Mario, ma tu devi dormire e, quando ti sarai riposato, vedremo cosa fare, sei d’accordo?
- Si …
- Però mi devi fare un favore, se resto qui: ho bisogno di utilizzare il tuo computer. Ho visto che ne hai uno, è collegato al web?
- Certo, certo … puoi usare tutto quello che vuoi, tu sei mia amica …
- Bene, ma ora tu vai a dormire un po’ e io mi metto a lavorare al tuo tavolo, va bene Mario? Prometti?
- Si, prometto … prometto, Nina …
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Nina si sedette al tavolo di Mario con l’idea di dare un veloce controllata alla sua posta e senza far troppo caso a quel che c’era sullo schermo, avviò il “browser” e digitò l’indirizzo del suo portale. La posta in attesa era abbastanza poca per fortuna: c’erano le mail di suo padre e di sua madre, un paio della sua amica Anna, che di sicuro cazzeggiava, qualche avviso di “newsletter” e diverse mail di “spam” che avevano superato i suoi filtri, le maledisse, come al solito e ne fece pulizia, poi diede un’occhiata a quella di papi, che gli ricordava la scadenza per consegnare il servizio. Quella di sua madre le chiedeva cosa mai avesse fatto a suo padre, che l’aveva chiamata per dirle che sua figlia era una ingrata … Nina passò in rivista velocemente anche le due mail dell’amica e ovviamente erano quel che immaginava … Mentre stava riflettendo se mandare un messaggio alla madre a proposito della discussione col padre, l’occhio le cadde sul bordo della finestra su cui lavorava e sulle parole che spuntavano da sotto: “…Conversations with an Abductee. I was introduced to a woman who states that she and her entire family interacted with several extraterrestrial alien races ...” …
Nina lasciò perdere il messaggino che stava scrivendo e si piegò, istintivamente, per continuava a leggere, realizzando poi il controsenso e impugnando quindi il “mouse” per spostare le finestre sullo schermo.
Si dimenticò completamente della posta e continuò a leggere l’articolo, notando contemporaneamente di essere appoggiata ad una quantità di fogli e foglietti scribacchiati di appunti, cancellature, scarabocchi e soprascarabocchi, sopra i quali aveva appoggiato, distrattamente la sua borsa. Il tavolo era tutto pieno di questi appunti e c’erano anche varie pagine stampate con articoli vari, ma prevalentemente dello stesso genere, tra cui, sotto gli altri anche quello che stava leggendo sullo schermo. Era impossibile ricavarne qualcosa lì per lì, quindi pensò che, forse poteva prenderli e studiarli con calma, ma non ne era così sicura …
Mentre ci rifletteva, si accorse di avere una urgenza improvvisa e si alzò per cercare il bagno. Passando intravide Mario sul letto, sembrava profondamente addormentato e lei si domandò se sarebbe stato il caso di andare via senza svegliarlo oppure no.
Il bagno era un gran caos, come il resto della casa, ma anche qui si notava un certo ordine pregresso; ci doveva essere stato qualcuno che l’aveva curato e messo in ordine, in passato e proprio per questo risaltava quel disordine, di biancheria sparsa, rotoli esauriti, barattoli senza coperchio e così via. Nina era seduta lì a … riflettere, quando le venne in mente di cercare se c’erano cosmetici … ah! Sì, eccoli, fra quelli rovesciati e senza coperchio: un idratante per la pelle, un paio di preziose boccette di profumo ed una confezione di assorbenti. Alzandosi notò che la crema aveva ormai una patina secca in cima e, mentre si lavava le mani, vide anche un rossetto sulla mensola, dietro una spazzola e vicino ed uno “stick” di allume di rocca insanguinato … C’era stata indubbiamente una donna lì in giro, ma doveva essere trascorso del tempo ...
Tornata al tavolo, si mise a scorrere ancora tutto quel materiale e a chiedersi se prenderlo o meno, ma, ripensando a tutte le cose sentite e scorrendo quei fogli e quelle scritte, fatte e poi cancellate e poi riscritte e ricancellate le venne in mente che forse c’era una spiegazione alternativa, che quell’uomo poteva avere problemi da prima e che quella confusione mentale poteva essere una conseguenza di qualcosa … Pensò ad Alex, ma subito scartò l’idea: Alex l’avrebbe messa di nuovo in croce, come al solito … Ma, o così, o così! Se voleva una consulenza gratis, bisognava pagare pegno … E prese il cellulare …
- Pronto, qui studio Dott. Alessandro Borek , con chi …
- Ciao, sono Nina …
- Nina chi? Quella che mi da buca una volta sì e una no? Oppure quella che, quando ha bisogno di qualcosa, mi promette mare e monti?
- Nina, quella che se ti va bene così, se no t’attacchi!
- Aaah … Adesso sì, che ho capito … quella Nina!
- Dura ancora molto?
- No, per niente, tra pochi minuti mi arriva un paziente, quindi veloce, prego.
- Mi serve …
- Lo sapevo!
- Allooora ….?
- Lo sai cosa serve a me, vero?
- Sì, ma rischi di farti male. Ora smettila, perché anch’io ho un po’ di fretta.
- Che succede?
- Sono qui, in casa, di un uomo …
- Ma porca miseria! Me lo vieni a dire a me?
- Stai zitto e lasciami parlare! Questo tizio ha l’aria di essermi fuori di testa, non so … Come se delirasse o fosse in stato confusionale. L’ho accompagnato a casa, ma andarmene così, lasciandolo in balia di se stesso mi sembra azzardato …
- Chiama un parente, il medico curante, non so … perché te la prendi tanto a cuore?
- E’ una storia lunga, se hai poco tempo …
- Va bene, cerca quello che ti ho detto, se non ne vieni a capo tra un’ora ci risentiamo e si vedrà. Potrebbe aver subito un trauma e come conseguenza essere proprio in stato confusionale, specie se come dici, non ha nessuno che lo tenga d’occhio; ma prima di tutto, cerca il numero del suo medico, così più tardi potrò, eventualmente chiamarlo io, Ok?
- Va bene, ci sentiamo più tardi, grazie.
- A dopo.
Nina continuò per un po’ a scorrere quei fogli, poi ne prese alcuni, che le sembravano interessanti, riponendo gli altri sul tavolo e li mise in borsa; glieli avrebbe riportati, non le sembrò un gran furto …
Bisognava decidersi se andare, o svegliare Mario prima. Ormai si era al tramonto e non le andava di rimanere lì troppo oltre. Si avvicinò alla porta socchiusa e cominciò a chiamare sottovoce:
- Mario! …. Mario! – Poi, Nina provò a scuoterlo leggermente, finché lo vide muoversi e guardarla.
- Nina …
- Io devo andare, adesso …
- Rimarrò da solo …
- Vuoi che chiami, qualcuno, un parente, un amico, o magari il tuo medico curante?
- Non ho un medico e i miei amici non mi amano più …
- Tu hai bisogno di cure, se non hai nessuno che possa aiutarti, potrei farti vedere da qualcuno di mia fiducia, vuoi che ti aiuti?
- Un Dottore?
- E’ un amico, ti può aiutare, se vuoi …
- Tu vuoi che lo veda?
- Dipende da te, ma hai bisogno di aiuto e io non posso restare qui.
- Va bene …
Dopo diversi scambi di chiamate con Alex, alla fine, si decise che quest’ultimo visitasse Mario e lui fu d’accordo; così si recarono allo studio e, dopo diverse esitazioni e pazienti conciliaboli, Mario accettò si essere visitato da Alex. Alla fine egli disse a Nina che bisognava trovare il sistema di farlo ricoverare per poter far fronte a quello che appariva essere un grave esaurimento nervoso, in conseguenza di uno o più traumi psicologici e uno stato confusionale totale con grave rischio di rapido peggioramento. Dopo aver appurato che lui aveva fiducia e voleva essere aiutato Alex mise in moto le sue conoscenze e Mario venne preso in consegna da una organizzazione di volontariato che avrebbe provveduto a seguirlo nelle varie fasi che l’avrebbero portato al ricovero e alle cure del caso.
Nina rientrò a casa molto tardi, quella sera, si gettò sul letto esausta e pensava di dare un veloce scorsa ai fogli che aveva preso in casa di Mario. Aveva appena iniziato a ricontrollare il materiale, quando, scivolandogli tutto dalle mani, le rimase i mano un foglio graffettato, al quale erano attaccate diverse fotografie che prima non aveva notato; era curiosa di capire cosa fossero, ma non riusciva a mettere a fuoco i dettagli, non riusciva nemmeno a capire da che parte guardarle quelle foto … Il sonno, già in agguato, aveva avuto la meglio.
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La mattina dopo, Nina la dedicò completamente alla verifica minuziosa di tutti i dettagli di quelle foto. Mentre faceva colazione, continuava a guardare quelle foto, in una delle quali Mario appariva insieme a quella che sembrava essere la sua compagna; i due erano ripresi sullo sfondo di un ampio parco o forse un campo, sicuramente fuori città. Nelle altre foto loro non c’erano ma il posto era sempre quello e si stupì, proprio perché le foto non riprendevano alcun soggetto specifico. In quei minuti aveva anche ricevuto e fatto diverse telefonate, durante le quali aveva chiesto, ai suoi interlocutori, se il tal posto, con quel tal dettaglio, ricordava loro qualcosa, ma sembrava che nessuno potesse aiutarla. Poi decise di chiamare Anna, per rinviare il loro appuntamento ed anche a lei chiese se potesse aiutarla a riconoscere il posto. Anna non ne aveva idea subito, ma quando lei le disse che in una delle foto c’era la coppia di fidanzati, subito Anna le suggerì che poteva essere appunto uno dei posti da coppiette e le venne in mente un posto …
Nina, presa in prestito l’auto della madre, si era messa in viaggio per raggiungere la periferia della città, dove verosimilmente si poteva trovare il posto della foto. Fu una lunga ricerca e fu necessario chiedere più di una volta in giro informazioni; forse l’inquadratura era particolare e non aiutava nell’individuazione dei luoghi. Finalmente, proprio uno dei giovani che aveva fermato, ebbe una intuizione e disse che poteva essere il famoso campo dei cerchi nel grano.
In effetti, c’era la voce di quando in quando di strani fenomeni in quella zona della città ed erano stati trovati, in alcune occasioni, delle strane figure di spighe piegate nei campi, non molto lontano da dove Anna aveva suggerito di andare. Tuttavia Nina dovette girare parecchio per trovare il punto esatto nel quale le foto erano state prese. La sera ormai si avvicinava e Nina stava scattando delle foto, a sua volta, col cellulare; non sembrava vi fosse gran che di particolare, a parte una sensazione sgradevole che aumentava col passare del tempo.
Nina era giunta nello spiazzo dove il grano era abbattuto da quello strano fenomeno e stava attivando la funzione video del telefono, quando la sensazione si fece più sgradevole e si sentì sovrastata da qualcosa, un’ombra stava coprendo tutto lo spiazzo e Nina scappò via terrorizzata …
Nina si era nascosta tra i cespugli lì vicino ed osservava l’oggetto che si stava posando proprio al centro del disegno. Poco dopo una porta stagna si aprì ed una tenue luce ne disegnò la sagoma.
Nina assisteva a quella scena allibita, mentre cercava di riprendere la scena, ma evidentemente era troppo lontana e, con quella poca luce, l’immagine era poca cosa. Si mise la borsa a tracolla e carponi cercò di avvicinarsi, ma non aveva fatto che pochi metri, che la scena si movimentò improvvisamente …
Alcune figure stavano uscendo dalla struttura e, con suo grande spavento, ne vide anche arrivare altre proprio da dietro di sé a pochi passi. Tutto questo via vai era regolato da sagome totalmente diverse dalle altre: molto piccole, esili e con una testa sproporzionata … “Mio Dio!” pensò. Col massimo della cautela, si avvicinò ulteriormente e tentò ancora di riprendere la scena. Questa volta sembrava che si riuscisse ad avere una immagine migliore, ma bisognava cercare di riprendere i volti di quegli esseri … Si sforzò di allungare il braccio …
Non si accorse di nulla, a parte un sibilo sgraziato, prima di percepire la presa che la afferrò, trascinandola verso l’oggetto atterrato. Altri si unirono a quelli che l’avevano afferrata, per aiutarli e lei non riuscì a fare nulla per divincolarsi, tranne perdere la presa sul telefonino, che cadde mentre ancora stava riprendendo.
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Quando Nina rinvenne, non seppe rendersi conto di quanto tempo era trascorso, né cosa fosse successo e nemmeno dove si trovasse. La prima sensazione e la più impellente era la sensazione di costrizione che provava, ma nello stesso tempo si rendeva conto di non essere trattenuta da alcunché: nessun laccio, nessuna catena. Era semplicemente bloccata su una superficie fredda, senza vestiti, sdraiata sul dorso con mani e piedi divaricati e nulla, nulla che la trattenesse: semplicemente non poteva muoversi. Non un mano, non un piede, non poteva girare il collo e persino le palpebre non riusciva a chiudere … Pensò di muovere gli occhi per esplorare l’ambiente, ma nemmeno quello era possibile! Quello che riusciva a vedere, era solo ciò che entrava nel suo campo visivo. Sentiva il proprio corpo come se fosse un blocco di piombo e niente che potesse fare riusciva a cambiare quello stato di cose. L’ambiente che riusciva a individuare in quella posizione era solo la parte alta della sala dove si trovava ed una paratia, probabilmente trasparente, oltre la quale si stagliavano delle ombre in movimento. Quella situazione si protrasse a lungo e Nina provava un’ansia crescente e non capiva come fosse possibile quel tipo di immobilizzazione e quanto sarebbe rimasta così; pensieri terribili le attraversarono la mente … Ad un cero punto notò che le figure dietro la paratia, si erano radunate ed ora stavano tutte immobili.
Nina sentì un dolore improvviso ed ebbe l’impressione di essere stata punta da un ago, ma non c’era nessuno nel suo campo visivo che potesse farle male … Poi sentì un’altra fitta ed un’altra ancora e cominciò a vedere immagini assurde di aghi che la penetravano dappertutto, ma le vedeva nella testa eppure non c’erano: non c’era nessuno vicino a lei.
Nella sua mente si formavano pensieri ed anche immagini, ma non erano sue, non le pensava lei e poi cominciò ad avere l’idea di tornare nel luogo dove l’avevano rapita tutte le volte che le fosse stato chiesto. Si disse che era un pensiero assurdo, senza senso, tutto quanto era senza senso … e proprio in quell’istante ricominciò a sentire fitte lancinanti e vide immagini di aghi enormi penetrarle la pelle e cercò di gridare, senza che alcuno dei suoi muscoli potesse muoversi.
Di nuovo quel pensiero: doveva tornare in quel luogo, ogni volta che le fosse stato chiesto. Pensò che non sarebbe mai tornata in vita sua in quel luogo … E subito ricomparvero gli aghi e il dolore lancinante l’assalì e così per ore e ore … Non poteva più pensare i propri pensieri perché ogni volta l’assaliva quella punizione. Perse coscienza un’infinità di volte, ma i pensieri che le entravano in testa erano sempre lì.
Stava impazzendo di dolore e di paura, perché non riusciva più a mantenere la mente sotto controllo e se ci provava, ogni volta ricominciava quella tortura. La sua mente si stava perdendo …
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- Signor direttore, c’e un certo Mario Mariolis per lei, lo faccio accomodare?
- E chi sarebbe?
- Non lo so, ha chiesto di lei, dice che deve consegnarle qualcosa di persona …
- Va bene lo faccia entrare.
Mario, come al solito, camminava incerto, nell’accomodarsi nell’ufficio del vicedirettore; lo salutò porgendogli la mano, disse il suo nome e che era amico di Nina.
- Ah, lei conosce mia figlia, strano che non me ne abbia mai parlato, ma d’altro canto … Lei ha notizie recenti? E’ in grado di aiutarci? Nina non si trova ormai da diversi giorni e siamo tutti un po’ disperati, nemmeno la polizia ha saputo dirci nulla …
- Non deve preoccuparsi, tornerà, vedrà che tornerà!
- Ma lei come sa queste cose, scusi?
- E’ successo anche a me e poi sono tornato e Nina mi ha aiutato a stare meglio; stavo tanto male prima di incontrare Nina … E’ stata buona con me!
- Posso chiederle perché è venuto qui da me?
- Le ho portato questo … è il cellulare di Nina, l’ho trovato io … l’ho trovato …
- Si è proprio il suo … si, si … ecco il mio numero e quello di casa, ma come l’ha avuto?
- Io l’ho trovato …
- Dove?
- …. Vedrà che torna, Nina …
Così dicendo Mario si era alzato avviandosi verso l’uscita, assorto nei suoi pensieri, lontano mille miglia …
Il signor Baum si era seduto al suo tavolo e stava cercando nel cellulare tracce di contatti che sua figlia poteva aver avuto prima di scomparire, poi ebbe l’idea di controllare gli altri media e trovò le foto e poi il filmato, ma per quanto li guardasse e riguardasse non riusciva a ricavarne granché. Ebbe l’impressione di vedere della strane figure e persino un viso strano, deforme, con occhi immensi, ma non faceva senso quel materiale, se non di farlo stare ancora più male di quanto già non fosse.
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Nina si svegliò o tornò in sé, dopo un tempo indefinibile … il terrore era lì, ancora dentro di lei, aveva accettato ormai, l’impegno a tornare ogni volta che le fosse stato chiesto, in quel luogo. Si accorse che stava battendo le ciglia ed ebbe l’idea di muovere un dito … ci riusciva! Provò a muovere una mano e poi l’altra … era vero! Poteva muoversi! Lentamente provò a muovere tutti i muscoli e, quando fu sicura di non avere più difficoltà, provò ad alzarsi. Si sedette sul piano e poco lontano vide che c’erano i suoi vestiti e la sua borsa. Si alzò in piedi e si avvicinò alle sue cose … erano tutte lì. Si vestì, poi, istintivamente controllò il contenuto della borsa … c'era tutto, no … mancava il suo cellulare personale, ma quello dell’ufficio era lì: un bel modello con videocamera di qualità, pensò … e l’accese … poi si avviò, verso l’unico vano aperto di quell’ambiente. Teneva la borsa e, con la stessa mano, il telefono con la telecamerina in funzione. Fece un percorso obbligato, con una luce soffusa e molto tenue … Poco dopo intravide il boccaporto da cui aveva visto entrare gli altri, lo superò e si trovò, finalmente, all’esterno, la porta si richiuse dietro di lei …
Pochi istanti dopo era sola. Rapidamente si allontanò, come se sapesse dove andava, ma non ne aveva idea a pensarci bene … le tornò in mente il video appena fatto e decise di rivederlo. Con qualche difficoltà riuscì ad avviare la funzione di riproduzione e si rese conto che c’era poco da vedere, ma proprio verso la fine del filmato c’era stato un momento diverso dal resto, più luminoso, ma l’aveva perso. Armeggiando nervosamente cerco di riavviare il filmato, pronta a bloccare il “frame” che le interessava … fu fortunata e ci riuscì al primo tentativo. Sembrava una scritta, ma non la capiva … forse girando i telefono … si ora si vedeva di più: sembrava che il telefono avesse sfiorato un dettaglio dell’intercapedine della porta pressurizzata, nel punto dove si inserisce il paletto di blocco della porta e proprio quella placchetta forata recava una scritta di traverso. Si vedeva il riflesso del rilievo della scritta punzonata. Era una sigla o una abbreviazione: “USAF”. Non le diceva molto e pensò di usare l’opzione web del cellulare per cercarne il significato. Impostò al ricerca e quasi tutti i risultai riportavano la stessa voce: “US Air Force” …
Nina sapeva di dover tornare in quel luogo ogni volta che venisse chiamata ed ora pensava anche di sapere da chi …

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