venerdì 4 dicembre 2015

Soli, dispersi e disperati ...


Abstract: mi sono spesso domandato: Qual è la vera essenza ultima della natura umana? ... Poi però mi sono sempre svegliato ...


«Mai nella storia come noi la conosciamo, l'uomo è stato come oggi un problema per se stesso.» [Max Scheler]

« [rispetto] agli animali, che dicono sempre di sì alla realtà ...
 l'uomo è colui che può “dire di no”, l'asceta della vita, l'eterno ”protestante” nei confronti della semplice realtà» [JJvU]

« The idea of death, the fear of it, haunts the human animal like nothing else; it is a mainspring of human activity—activity designed largely to avoid the fatality of death, to overcome it by denying in some way that it is the final destiny for man.» [Ernest Becker]

«Ogni cosa che ci irrita negli altri può guidarci a capire qualcosa di noi stessi.» [C. G. Jung]


“...siamo quello che siamo ...” [MiB II]  







Sintesi: è utile la libertà all’essere umano? ... O non è ormai chiaro, come sia sempre più spesso un peso insostenibile? ...


Non è mai stato, fino ad oggi, così difficile decidere la struttura del “racconto”: avrei voluto mantenere lo stile narrativo solito, con personaggi e situazioni familiari, più abbordabili ai più ... Ma non sempre ciò è possibile, o consigliabile, ai fini dei significati che si vogliono veicolare ... Spesso, anche in passato, autori ben più autorevoli del sottoscritto, hanno ritenuto di asservire la struttura stessa della narrazione alle necessità dei propri scopi ... Non posso fare a meno, in questa particolare circostanza, di adattarmi al paradosso di raccontare senza raccontare ... Sembreranno pensieri sparsi e forse lo sono ... Eppure mai come questa volta sento di poterli collocare sotto il cappello del titolo che mi ero ripromesso fin dall’inizio di questo lungo periodo di gestazione ... Non sarà facile, per chi avrà l’ardire di leggere questa “storia”, trovare la forza di procedere fino in fondo e coglierne il presunto filo conduttore ... Ma non più difficile di quanto sia stato per me mettere insieme queste idee e capire, come esse siano effettivamente una storia ... La mia storia ... La storia di un periodo ostico da vivere, eppure coerente nel suo apparente vagabondare di palo in frasca, di fischi in fiaschi, di buchi neri in sentimenti mancati ... Di assurdità in assurdità ... Di mancanza di senso, in mancanza di senso ... Eppure è solo un periodo nella vita disperata di uno di noi ... NOI ...



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- Soli, dispersi e disperati ... non è che la metafora della natura umana stessa, non appena la si riconosca per quello che veramente è: tutti i miti ai quali ci aggrappiamo non sono che una fitta “nebbia”, che acceca la nostra vista sulla verità; una verità che non esiste e che tuttavia trova proprio in ciò la sua morale “ultima” ... Non abbiamo nulla a cui appoggiarci, per restare in piedi di fronte al mistero, che ci troviamo di fronte e dunque non ci resta che cadere e rialzarci, finché ne avremo la forza.

- Quali sono le vere radici della “disperazione”? ... Perché la gente è disposta a perdere tutto ciò che “comunque ha” pur di andare alla ricerca di qualcosa che a mala pena intravvede nelle proprie fantasie? ... Cosa “muove” veramente le persone? ... Qual è il motore immobile, che ci fa agire al di là di ogni logica? ...

- La grande illusione che ci ha portato a demolire le “presunte” ipocrisie borghesi, ci lascia con un pugno di mosche in mano ... Ma si tratta pure di mosche del tutto inconsistenti: non ci rimane granché, tolta l’ipocrisia sociale, che ci ha tenuto insieme fino ad oggi ...  L’aspirazione alla libertà si è rivelata un fuoco fatuo ... E dalle sue misere ceneri, non una sgargiante fenice, ma forse una deprimente società di amorali egocentrici è quello che ci aspetta.

- La vita è quello che ti accade mentre sei intento a pianificarla! ...

- Quando costruisci qualcosa, siano oggetti, imprese varie, ecc., tu stai, in realtà, costruendo SOLO te stesso .. in 4D!

- Soli, dispersi e disperati ... Se in passato era difficile comunicare tra individui, in tempi di linguaggio parlato diretto, oggi, con la messaggistica e con le mail è diventato addirittura un gioco al massacro ... Io me ne accorgo “messaggiando” con gli amici: è un modo di comunicare, non solo a-emotivo, ma soprattutto troppo “lasco” !!!!! ... Ognuno può capire quello che gli pare, in assenza dei soliti “vincoli” immediati, conseguenza della presenza fisica dell’interlocutore ... Hai voglia di netiquette e stronzate simili ... Stiamo perdendo il rapporto che era lo scopo ultimo della comunicazione, ben al di là del significato delle parole ... E’ l’anticamera dell’alienazione e la necessaria premessa per quella “singolarità” di cui tanto si parla e che personaggi come Ray Kurzweil considerano altamente “auspicabile”: il sogno di un’immortalità basata sulla morte ... (dell’essenza stessa della vita).

- La sfiga ti perseguita sia che ti impegni al massimo e sia che non fai un cazzo tutto il tempo: è possibile spiegare gli “incredibili” episodi sfortunati in un singola giornata all’aria aperta, col fatto che le due cose non sono legate! Non eviti la sfiga scappando perché ... Ti aspetta da entrambi i lati (ovvero da tutte le direzioni della rosa dei venti !!) ...
La storia di Giacobbe che combatte con DIO tutta la notte e si guadagna il suo rispetto e la storia di Mosé, che non crede fino in fondo nel suo DIO, per una cosa minore, e perde tutto il mondo che si era conquistato fino ad allora ... E la storia della depressione di fronte ad una qualsiasi – grande o piccola – sconfitta ... Perché SEMBRA che niente abbia più senso senza “quella particolare” situazione che abbiamo perso, o fallito ... Ognuna di queste situazioni riconduce ad un denominatore comune: l’aspettativa di EQUITA’ da parte di un presunto DESTINO/FORTUNA, che invece non esiste in quanto tale, ma è solo frutto della casualità più sfrenata.
Gli episodi della vita sono solo episodi, senza un particolare significato, senza una particolare “causalità e/o continuità”: il CASO e le COINCIDENZE ci mettono in situazioni difficili, perché ci danno l’illusione di un significato, che non c’è e non può esserci: se così non fosse, dovremmo ammettere, che per soddisfare una qualche nostra ambizione tutto l’universo dovrebbe muoversi secondo le nostre personali esigenze; mobilitando le sue intere risorse per favorire qualcuno di noi in particolare ... E sarebbe ovviamente impossibile farlo senza sfavorire, iniquamente, qualcun altro, o persino tutti gli altri ...
NON PUO’ ESSERE PLAUSIBILE!
Lo è di più la regola della “casualità”: non c’e’ motivo di esaltarsi troppo, né di deprimersi troppo ... E’ inevitabile un po’ di umore altalenante, dato che i fatti della vita saranno, occasionalmente, più o meno favorevoli, con un livello di partenza prefissato e difficilmente modificabile (anche se non in modo ineluttabile), che può effettivamente apparire penalizzante in alcuni casi particolari e forse nella maggioranza dei casi, a vantaggio (solo apparente) di alcune “classi” particolari a seconda delle epoche storiche.
L’apparente “persecuzione” della sfiga è un tratto che caratterizza certi periodi della vita di molte persone (a giudicare da ciò che si vede in giro), ma così come prima non erano particolarmente privilegiati, ora non sono particolarmente perseguitati: per tutti arrivano momenti apparentemente difficili, ma non è detto che sia un dato di fatto: è più probabile che lo stesso episodio, vissuto in un dato memento e con un certo stato d’animo, possa provocare reazioni e comportamenti molto diversi tra loro (sebbene una certa quantità di episodi siano innegabilmente “tragici”, è il tipo e l’intensità della reazione ad essere in discussione e soprattutto una ingiustificata “fissazione” sull’episodio, che poi non può che portare alla depressione) ...
Ma resta la domanda su come e perché si “svolgano gli eventi”: su quali siano le motivazioni, se esistono, del “SISTEMA” (o del DIO, o del DEMONIO, di turno).
A parte tutto questo, il nostro vissuto è, molto probabilmente, indipendente dal controllo sugli eventi, a prescindere! Noi non possiamo e non dobbiamo pensare di poter avere controllo, o anche solo influenza, su di essi:
NOI POSSIAMO SOLO “RISPONDERE” AGLI EVENTI CHE SI PRESENTANO !!!!!!! ...
E’ questo l’insegnamento delle religioni, quali il buddismo, che consigliano la via di mezzo e –per esempio- la filosofia cinese delle canne al vento, che si piegano alla forza ineluttabile che le spinge, come unico modo per non spezzarsi, ecc.
Il problema serio in tutto questo discorso è il tentativo – conscio, o più frequentemente inconscio – di “CONTROLLARE” il mondo: tutti, chi più, o chi meno, ci caschiamo (alcuni in modo “patologico”, altri in modi più o meno intensi, o indiretti, ma pur sempre presenti) e tutti proviamo a credere di meritare qualcosa, o di poter esorcizzare qualche entità per farci ottenere qualcosa, tramite preghiere o rituali, più o meno superstiziosi.
Ci sono problemi come conoscere i propri limiti e non affrontare la realtà come se facesse parte delle nostre fantasie!!!
Le nostre fantasie includono tutto, meno che gli altri, i quali ne hanno di diverse e facilmente inconciliabili!!! ... Finché sono sotto controllo  a causa di motivazioni varie (cause di forza maggiore = interessi primari) ... Allora le cose possono anche passare lisce, ma se si formano degli intoppi scoppia il casino e vengono fuori incontrollabilmente le “strutture mentali” e le relative “motivazioni primarie sottostanti” e questo porta a tutti i casini che conosciamo nelle varie situazioni sociali, o familiari, che ben conosciamo ...
La recita della vita, può coprire le vere motivazioni e fantasie solo per brevi periodi, ma prima o poi tutto deve riemergere dal tappeto delle convenzioni e delle apparenze ... I “desiderata inconsci” sono il motore vero del comportamento, il quale può essere mascherato solo momentaneamente, per scopi opportunistici.
L’individuo solitario, per parte sua, rischia di affrontare il mondo esterno come se fosse a casa sua, specialmente perché il diradarsi dei contatti, può fargli perdere l’abitudine al livello di tensione, che aleggia nella società “normale”, specie in questi ultimi tempi ... E’ questa la probabile spiegazione dei continui “incidenti sociali” a cui egli va spesso incontro  ...
La mancanza di allenamento al comune rapportarsi e l’allenamento ai rapporti improbabili che si vedono in tv, rischia di portarlo ulteriormente su questa strada inadeguata. Occorre confrontarsi con la realtà così com’è, tenendo sempre a mente che non é, né può essere sotto il suo controllo ... Le cose vanno come vanno, lo hanno sempre fatto e continueranno a farlo ... I cosiddetti “incidenti” non sono tali, bensì sono la normalità; niente di quello che succede è fuori luogo, mentre le sue fantasie (e le relative manifestazioni esteriori di intolleranza verbale!!...) sono solo un lusso da tenere sotto controllo, ogni volta che la realtà bussi alla porta !!!!

I fenomeni assurdi che vediamo accadere sono l’ovvia conseguenza del fatto che la gente “crede di vivere” secondo i canoni comportamentali palesi, mentre essi vivono sotto la guida delle loro fantasie “inconsce” (o per meglio dire semiconsce, o, più banalmente, ipocrite) e delle loro pulsioni emotive represse ... Fin quando c’è l’equilibrio fra le varie componenti mentali, la vita scorre più o meno tranquilla, ma se qualcosa sbilancia tale equilibrio, allora la mente cade preda dell’invasione del flusso delle fantasie, fuori controllo.


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- Se i leoni scrivessero un testo scientifico-filosofico sull’universo ... Essi lo rappresenterebbero in funzione dei loro bisogni e quindi sarebbe un universo con la carne al centro di tutto ... E se applicassimo la stessa logica ad altri animali, od esseri vari, sarebbe lo stesso ... Perché mai dovrebbe essere diverso per l’uomo? ... Anch’egli non può che rappresentarsi il mondo in funzione dei propri bisogni e desideri ... Ma, avendo un cervello spropositato, quando i conti non tornano più, è plausibile che essi creino, nella loro mente, degli “dei”, ai quali attribuire una volontà diversa e maligna, che li ostacoli nello sfruttamento di tutto ciò, che fino a quel dato momento, abbia consentito loro di “vivere la vita nel modo giusto” (e sacrosanto cui hanno diritto !?) ...

- Costruire una visione del mondo prefissata è come vivere in un universo che ci mostri solo il passato: è come guidare l’auto guardando verso la strada già percorsa, ovvero all’indietro; non potendo sapere cosa c’è davanti, siamo costretti ad estrapolare da quello che ci sia concesso vedere, ma se salta fuori inopinatamente una curva, è chiaro che l’esperienza passata non ci è di alcun aiuto, anzi!!! ... Sarebbe proprio l’esperienza a portarci “fuori strada” ...

- Non c’è nessun rito, o cerimonia, o divinità, che possa rispondere alle speranze e alle preghiere dell’uomo, equamente ... Per il semplice fatto, che per ogni bonus assegnato a me, qualcun altro ne dovrà essere privato e questo sarebbe un atto di iniquità ingiustificabile già per un essere umano e, a maggior ragione, per un ipotetico dio!! ...

- Quello che possiamo considerare dal punto di vista sia individuale  come sociale è il fatto che stiamo su un pianeta in balia di un universo violento e imprevedibile: tutto quello che di male ci capiti, non sarebbe che il normale flusso delle cose, mentre tutto ciò che di bene (apparentemente) ci accadesse, andrebbe considerato del tutto come “grasso che cola” !!!! ... Il “carpe diem” non andrebbe mai citato senza il seguito del relativo verso: “quam minimum credula postero" ...[ "cogli l'attimo ... confidando il meno possibile nel domani"  (Orazio; Odi 1, 11, 8)]  ... Il futuro non esiste! ... Il presente non va solo colto ma anche “compreso” nella sua intrinseca transitorietà, la quale non può essere ingannata dalla falsa speranza in un futuro “mendicato”, con preghiere e rituali ... Se ciò che sei e che hai non ti sta bene, tu perdi, insieme al futuro, anche il presente. E tuttavia, se anche ti ritrovi un presente di estrema infelicità, resta la possibilità uscirne, o per lo meno il tentativo di trasformare la sofferenza presente in una qualche forma di motivazione, per qualcosa di “diverso”, anche se non necessariamente “migliore” ... La trappola è sempre nel nostro tentativo di esprimere “giudizi” su ciò che è meglio per noi, o ciò che è peggio, senza averne in realtà i mezzi: NOI NON POSSIAMO SAPERE CIO’ CHE E’ MEGLIO/PEGGIO PER NOI, PERCHE’ CI MANCANO LE CONOSCENZE PER FARLO! ...
NOI POSSIAMO SOLO “RISPONDERE” AGLI EVENTI CHE SI PRESENTANO !!!!!!! ...
E’ questo il gioco: Non siamo vincenti, quando crediamo di vincere e non siamo perdenti quando crediamo di perdere!
Tutto è SEMPRE in gioco! ... Non siamo mai all’inizio e non siamo mai alla fine ... Siamo sempre in gioco, soprattutto quando meno ce lo aspetteremmo!
Nessuno ha ancora capito cosa sia l’universo e cosa cazzo ci stiamo a fare dentro ... Forse stiamo tutti guardando nella direzione sbagliata.


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- Il “progresso” della scienza, della cultura, della società e quant’altro sono, per il singolo come il feromone dell’ape regina per la api operaie ... una scusa per la schiavitù.
Le antiche “civiltà” dimostrano come, in nome di “presunte conquiste”, migliaia di individui siano stati schiavizzati e destinati all’asservimento al solo scopo di raggiungere ipotetici trionfi di un re, o di un popolo, rimanendo spesso e inconsapevolmente (almeno in parte) coinvolti in ogni genere di atrocità commesse in nome di quelle stesse conquiste, di quegli stessi trionfi, di quello stesso “progresso” sociale (si vedano i vari Inca, Aztechi, “conquistadores” spagnoli,  colonizzatori anglosassoni, religioni varie, imperialisti americani, ecc., ecc.).
Nei nostri tempi, la dannazione delle nostre generazioni si chiama successo a tutti i costi, progresso sociale, evoluzione della “specie” ...  
Tutto fatto in nome di qualcuno ma a scapito di altri ... E non è affatto chiaro quali siano i ruoli e se tutto ciò sia giustificato ... Se devo basarmi sulla storia ... NON LO E’ MAI! ...
C’è qualcuno di noi, che pensi veramente di subire dei torti? ... O che abbia il coraggio di affermarlo, di fronte alla sorte che riserviamo alle altre specie, che “dio ha creato per noi” ...?
Non giudicare è un buon primo passo per iniziare a capire la realtà che ci troviamo a dover affrontare: non credo che possiamo considerarci responsabili di tutti i guai del mondo, sarebbe un modo per passare da un eccesso all’altro; tuttavia non possiamo nemmeno lavarcene le mani ... Quello che comporta questo ragionamento è, in prima battuta, che fregando gli altri noi finiamo regolarmente per fregare noi stessi: non esiste alcun “successo personale”, che valga la pena; non esiste alcun “progresso”, che valga la pena; non esiste alcuna “evoluzione della specie”, che valga la pena...
Quando andiamo nel bagno di un nostro ospite è buona regola lasciare tutto in ordine, come quando siamo entrati ... Se lo troviamo sporco, non è compito nostro fare le pulizie, ma se lo troviamo pulito è buona norma comportarsi bene, per ricambiare l’ospitalità ricevuta ... Questo pianeta è coma la casa di cui siamo ospiti temporanei e come lo lasceremo sarà l’unico indice di quello che siamo ...

Non credo che dovremmo preoccuparci di quello che pensino i nostri cosiddetti leader, né di quello che fanno ... Alla fine, ognuno risponde in base ai propri mezzi ed unicamente a se stesso ... Per il breve tempo che gli è concesso ... Noi non capiremo mai l’universo, per quanto sia piacevole provarci ... E’ troppo al di là dei nostri mezzi, ma possiamo scegliere se lasciare il segno come ospiti educati, o ... sozzoni del cazzo ...


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- Come capita sempre più spesso di vedere sui social e in TV, la gente si “filma a tutti i costi”: non è più nemmeno importante ottenere un qualche successo, da mostrare con orgoglio, ma va bene anche una figuraccia penosa ... La “disperazione” ormai è tale che pur di “apparire” sui vari (+ o - social) media va bene tutto: siamo ridotti alla stupidità di massa con piena gratificazione!  
Questa situazione non può che portare a una deriva inarrestabile, man mano che la frantumazione e proliferazione sociale cresce: siamo sempre più vicini ad essere nient’altro che “copie a basso costo“ e senza valore di noi stessi: la percezione “inconscia” di questo stato di cose, ci porta sempre più a “disperare” di trovare un senso alla nostra vita e quindi al crescente desiderio di ammassarci, per poi tentare di ri-emergere, nei modi più inconsulti dalla massa stessa: accettando la logica dei “social” fino all’estremo e, per contro, fino al ridicolo! ...
La nostra esistenza è ormai nient’altro che questo: uscire dall’anonimato “purché sia”! ... Siamo decisamente DISPERATI! ... Eppure è come una dipendenza da droga: non si arresta più: da ogni scemo, ne spuntano cento e poi mille e via dicendo ... Non è più solo una moda da ragazzini, sta infettando tutte le classi di età e di ceto ... Fare a gare a chi è più imbecille, fa ormai tendenza ...
E’ perfettamente comprensibile, se, semplicemente, prendiamo in considerazione i modelli di riferimento: quando questi siano, come sono, l’alternativa fra le ipocrisie imposte dalla famiglia e dalla religione e le filosofie dello sballo a tutti i costi, allora non c’è via di scampo ... Questa realtà l’abbiamo di fronte!
E’ ormai solo l’individuo a potersi ribellare, come dice il filosofo  J. J. von Uexküll:
« [rispetto] agli animali, che dicono sempre di sì alla realtà ...  l'uomo è colui che può “dire di no”, l'asceta della vita, l'eterno ”protestante” nei confronti della semplice realtà».
Ma se posso aggiungere a quanto sopra anche una considerazione personale: Prima di applicare una regola al mondo, dobbiamo trovare la forza di applicarla a noi stessi; non possiamo prescindere dall’equilibrio del nostro ecosistema mentale, prima di ogni altra considerazione. Serve a questo scopo un’ulteriore citazione, da un altro grande maestro, C. G. Jung: «Ogni cosa che ci irrita negli altri può guidarci a capire qualcosa di noi stessi.»



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- Ricordo, ai tempi della scuola, tempi difficili per tutti, quando sentivo discorsi a proposito di come cambiare il mondo e c’erano quelli che urlavano a favore della libertà contro quelli che gridavano a favore di una nuova ideologia e ... “io tra di voi, che non parlo mai, capisco la vostra intesa ...” ... Mai versi di poeta, dedicati alle pene d’amore, hanno calzato meglio sui fatti della politica: non c’è niente di peggio per combattere una schiavitù che tentare di sostituirla con un'altra ... Erano questi i pensieri personali che frullavano nella mia testa, mentre sentivo i predicatori di estrema sinistra che si scagliavano contro quelli di media sinistra i quali guardavano con sospetto ogni posizione che fosse non abbastanza discostata dal centro da non destare sospetti di essere adiacente alla destra ... E tuttavia a quel tempo ero intimorito dai miei stessi pensieri, poiché avrebbero potuto alienarmi la solidarietà dei compagni che avevo scelto ... Era pur sempre paura ... Era pur sempre mancanza di libertà ... In nome della libertà? ...
Oggi vedo le cose da una prospettiva diversa, non che mi penta di qualcosa che abbia fatto, o non fatto, allora ... E’ piuttosto, che considero ogni ideologia come un male non meno che la sua antitesi ... Per dirla diversamente, il danno non è da attribuirsi alla solo ideologia, buona o cattiva che la si consideri, bensì all’accoppiata che formano insieme un’ideologia e l’anti-ideologia che vi si oppone ... Proprio come nel mondo delle scienze fisiche: la simmetria è data dagli opposti che si neutralizzano finché rimangono uniti, ma se accade, che una delle sue metà prevalga, allora si ha una rottura dell’equilibrio e lo scatenamento delle forze opposte. Per questa ed altre ragioni ho come il sospetto che l’unica difesa contro l’ideologia (ovvero la relativa anti-ideologia) sia il “metodo” di pensiero: sviluppare un metodo di pensiero “proprio” è l’unica medicina contro l’infezione malefica dell’accoppiata ideologia / anti-ideologia.
Lo scopo non è mai avere tutte le risposte, ma affinare la capacità di “ragionare su tutte le possibilità”, a modo proprio e questo trova la sua necessità nel fatto certo che non sapremo mai come stanno le cose!!!! ...
PERCHE’ LE COSE “NON STANNO” ...  MA CONTINUAMENTE “DIVENGONO” !!!!!!
La ricerca della “verità” non è che una delle tante, inutili chimere, una delle tante, inutili distrazioni, uno dei tanti, inutili miti ... L’universo e i suoi segreti sono e saranno permanentemente sfuggenti ... E perciò è inutile arzigogolare sui dettagli, perché servirà sempre una nuova spiegazione, un nuovo capitolo da aggiungere, un qualche upgrade da fare ... Se il mondo non finisce mai, anche le spiegazioni si dovranno sempre adeguare, in un perenne inseguimento, per il quale l’unica cosa che conti è il “metodo” di lavoro, il modo in cui si ragiona, la tecnica corretta, per ricavare le proprie spiegazioni sui fatti che vediamo e che possono essere facilmente manomessi in mille modi dai preconcetti interessati, degli altri, o persino di noi stessi quando indulgiamo nell’ovvio...  Non c’è nessuna “verità da rivelare”, né alcun profeta da seguire; c’è solo da applicare le regole migliori per poter dare un senso – se non alle cose del mondo – almeno al proprio posto in esso ...
Ci sono difficoltà nella vita quotidiano che sembrano sopraffarci oltre ogni misura e possibilità di ricorrere alla ragione e così pensiamo subito all’alcol, od altro surrogato ... Se questo vi aiuta, niente da dire ... Non è affar mio come ognuno scelga di suicidarsi .. Se invece riusciamo a ribellarci al male che aggiungiamo da noi a quello che ci sia stato riservato dal fato, allora esiste la possibilità di affinare un metodo: il nostro personale, individuale, esclusivo METODO! Quello che col duro lavoro della nostra inestimabile mente abbiamo la possibilità di sviluppare, nell’arco della nostra intera esistenza!
Possiamo lamentarci finché vogliamo e banalizzare l’antica saggezza dei motti come: “Non tutto il male viene per nuocere ...”. Ma in essi possiamo trovare facili risposte a difficili domande e profonde intuizioni, che non hanno un equivalente nel linguaggio scientifico, o più in generale in quello corrente ...
Ci sono problemi che tutte le civiltà hanno già affrontato, senza poterli risolvere, ma lasciandoci in eredità un patrimonio di esperienze, qualche vittoria e tante sconfitte, di cui non dovremmo fare a meno: l’illusione di saperne più di loro su certe faccende è proprio questo .. un’illusione. Esistono domande senza risposta, alle quali non possiamo tuttavia sottrarci e che ci inseguiranno per l’intera nostra vita e magari di quella dei nostri figli .. Riflettere bene sul come e sul perché, antiche saggezze ci abbiano lasciato certi consigli può essere utile ancora oggi e ciò ci dovrebbe suggerire che anche la nostra esperienza possa essere fonte di tale atteggiamento e di simili spunti culturali da proporre alle future generazioni, affinché all’occorrenza sappiano di non essere soli nell’affrontare certi ostacoli.
Cosa vuoi fare della tua vita? ... Chi vuoi essere? ... NOI SIAMO QUELLO CHE SIAMO! ... Non va inteso come un invito alla rassegnazione, bensì come un incentivo a fare tutto quello che puoi fare per essere migliore di come il “destino” ti vorrebbe, ma con la consapevolezza di non essere “colpevole” per tuoi limiti “oggettivi” ...  Non c’è nulla per cui disperarti, così come non c’è gran che di cui compiacersi ... Questo perché esistono solo due grandi “peccati” da cui guardarsi: la disperazione (apelpisìa) e la protervia (hybris) ... Tutto il resto è ... noia  (anía / plí̱xi̱) ... La più pericolosa di tutti.
E’ questo il compito più difficile: NON ENTRARE A FAR PARTE DELLA PROPRIA NOIA!
Se sembra assurdo, è proprio quello che è: quando si affronta la vita, essa ci scaglia contro ogni risorsa in grado di distruggerci e l’arma più potente è la noia ed è anche quella che più spesso finisce per tagliarci le gambe.
Io vi sto raccontando una storia, niente di più che una delle tante storie che a suo tempo mi sono state raccontate, che ho letto, o che ho vissuto ... Passare attraverso la disperazione, la rabbia, l’orgoglio, la paura, il compiacimento ... Tutte queste cose non sono niente, finché non giunge il momento di affrontare la noia ... Lei ti attacca da tutti i lati contemporaneamente e non ti da scampo ... Eppure, è anche questa una battaglia da affrontare, come fosse uno dei tanti problemi che ci si parano davanti, niente di più, niente di meno! Fin qui, quello che so io ... Ma sono sicuro, che altri aggiungeranno nuovi capitoli a questo interminabile cammino ...



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- Quando inizialmente mi sono posto il problema della solitudine, ovviamente, concepivo tale stato in rapporto con ciò che solitamente intendiamo con l’idea di mondo: “essere soli al mondo” è un po’ quello che tutti, immagino, intendano al sentir parlare di solitudine. Tuttavia, oggi come oggi, con la vastità della cultura, che gli esseri umani condividono, il caso assume tutta un'altra consistenza: la nostra solitudine si è smisuratamente ampliata, raggiungendo dimensioni cosmologiche terrificanti; non siamo più soli in un “mondo” grande sì, ma pur sempre circoscritto al pianeta, invece dobbiamo fare i conti con un universo spaventosamente grande e pure in espansione accelerata e forse anche ci tocca fare i conti con una quantità di universi alieni, incalcolabile ... Da una semplice solitudine pur sempre a portata di comprensione, si passa ad un solitudine sconfinata e fuori controllo, una solitudine che ci toglie il fiato al di là di ogni immaginazione e senza la più pallida speranza di comprensione ...  D’istinto si può essere spinti a considerare la religione come unico rifugio di fronte a tanto sgomento ma sarebbe come darsi all’alcol dopo una delusione d’amore, o come saltare nella brace per evitare la padella ... Se la solitudine è un dramma che proviene da noi, è solo in noi stessi che potremo trovare la soluzione ... Il punto è che la solitudine  non ha affatto a che fare con le dimensioni fisiche, bensì con lo spazio interno alla nostra mente: ci sentiamo soli quando si forma il vuoto intorno al nostro io e ciò accade quando il nostro io diventa troppo grande, persino più grande di quel cosmo che tanto ci spaventa ... Ci sono ovunque compagni in grado di cancellare la nostra sensazione di solitudine, a patto che il nostro io diventi abbastanza piccolo da far arretrare l’orizzonte della nostra visuale abbastanza, da poter vedere ciò che abbiamo intorno ... Un io che disprezza le piccole cose finirà per disprezzare, presto, o tardi, anche quelle medie e poi quelle grandi e poi tutto quanto e rinchiudersi nell’autocompiacimento, ovvero sarà talmente esteso da occupare tutto l’orizzonte. Un io siffatto non può che sentirsi solo, non avendo la capacità di considerare nessuna cosa e nessuna persona abbastanza importante da potersi considerare “di compagnia” ...



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- Secondo una teoria sociologica (ispirata a sua volta al lavoro di Ernest Becker del 1973):
Tutto ciò che l'umanità abbia mai compiuto oltre la sopravvivenza di base è stato motivato da una paura fondamentale e irriducibile della non-esistenza (potremmo anche dire “la condanna a morte che tutti ci accomuna”).
La nostra concezione di noi stessi e la nostra autostima, più in generale, sono semplicemente una sorta di “buffer” (cuscinetto, polmone) contro l'ansia che consegue al riconoscimento, che noi, noi tutti, ineluttabilmente, si “cesserà di esistere”.
La cultura non è altro, che un enorme “illusione condivisa” atta a mitigare la paura dell’ignoto e, in ultima analisi, della morte.
Così, ci piace immaginare che le nostre beneamate opere d'arte siano senza tempo, ovvero attribuire inestimabile valore al lignaggio famigliare e alla nostra prole, nel tentativo di proiettarci oltre la morte.
Ci consoliamo nei nostri sistemi di valori e nelle strutture che ne derivano; che sia  attraverso concezioni di parentela biologica, identità nazionale / politica, fede religiosa, o altro che dir si voglia ...
In ciò è inclusa la “fede” nel valore intrinseco del garantire il futuro dell'umanità attraverso il “progresso” scientifico.
Indiscutibilmente, gran parte della vita dell’occidentale moderno è dedicata, più o meno consapevolmente, ad evitare la morte ... I vari eufemismi e frasi fatte in occasione di un lutto, l'intero settore delle pompe funebri, che non ha altro scopo se non rimuovere la morte dal corso ordinario della vita e dalla casa, per scaricarla sul tumulo cimiteriale, o nel crematorio: NOI ci serviamo dell’artificio, per evitare, A NOI STESSI, una realtà ineluttabilmente brutale.
In breve, tutto ciò che abbiamo mai fatto e che mai faremo, finisce per essere unicamente motivato dal nostro terrore esistenziale di fronte alla morte, dalla mancanza di un protocollo accettabile per capirla e, in ultima analisi, farvi fronte senza farcela addosso ... Qualcosa che in tempi antichi invece era un dato accuratamente definito e finalizzato, in termini culturali, politici e religiosi e che proprio per questo era in grado di “gestire l’ansia”, a prescindere dagli ansiolitici ... Purtroppo anche allora, quello che mancava era la comprensione “individuale” delle ragioni e dei metodi per affrontare l’indesiderata fine. Ciò a cui, tristemente, questo stato di cose ci ha portato è l’auspicio a cui molti si risolvono, ovvero di poter morire “nel proprio letto”, “nel sonno”, o, se proprio non se ne può fare a meno, sotto i ferri dell’ultimo “intervento salvavita” ...
Una vita spesa nell’ansia di evitare la morte, nei fatti come nei discorsi è la consolazione dell’uomo “sapiente” dei giorni nostri, rispetto ai miti che spingevano in passato i nostri avi a cercare la morte gloriosa, o per lo meno decente ...  Come al solito non possiamo fare a meno di esagerare: L’UNICA COSA CHE MUOIA VERAMENTE E’ IL NOSTRO SMISURATO EGO! ... Checché ne dicano i buddisti, quella è l’unica cosa che va perduta (forse in uno sbuffo puzzolente), tutto il resto si ricicla nella polvere, o nella cenere e comunque nello stesso universo di cui sempre facemmo parte e al quale sempre apparterremo ... La nostra natura materiale sopravvive in eterno, le nostre fantasie no! ... Un po’ come il vapore sopravvive sempre nel ciclo dell’acqua, mentre le forme delle nuvole, per quanto straordinarie e pompose, no ... Quelle svaniscono in uno sbuffo, o in un soffio di vento ... come una scorreggia ...

... 
come una scorreggia ...
... come una scorreggia ...
... come una scorreggia ...
... ... eggia ...eggia ...eggia ... a ... a ... a ... 



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sabato 14 novembre 2015

Un quanto di sollazzo, caduto dal cielo, in un modo spettrale, facendo un reale casino ...


[Una dedica speciale alla mia vecchia docente di filosofia del liceo]


Abstract: Il mio primo insegnante di filosofia sosteneva, come la mia pretesa di poter trarre conclusioni dalle mie personali letture sull’argomento, senza aver approfondito prima anche tutta la storia del pensiero filosofico, non fosse altro che un'aspettativa assurda, destinata a procurarmi solo delle cocenti delusioni, ma non prima di avermi spinto a commettere irrimediabili e pericolosi errori di valutazione ... Allora non capivo il senso delle sue affermazioni e tuttavia accettai il suo consiglio e stetti a vedere tutti gli altri, mentre cadevano in quella trappola e finivano per disperarsi “dopo”, per aver combinato tanti guai per sé e per gli altri, in nome di qualche grave malinteso ...
Nel frattempo io seguivo un'altra strada; una strada secondaria e poco gratificante ... In mezzo ai boschi, alle colline, alle radure soleggiate, agli specchi d’acqua ariosi, ai profumi delicati e confusi, difficili da individuare perché mescolati fra loro ... Una strada ingannevole, a volte, perché facile da sottovalutare, nella sua discreta spontaneità: io l’ho percorsa sempre cercando altro, distratto da qualche passeggera aspettativa, eppure “misteriosamente consapevole” del privilegio accordatomi ... E tutto questo grazie all’avvertimento di un consigliere spassionato, casuale e malaccorto, non richiesto né auspicato ... Un tale, che probabilmente pensava a tutt’altro, che non si sarebbe mai immaginato di fare qualcosa di speciale e nemmeno un po’ fuori dall’ordinario ... Non lui ... Non io ... Non il caso ... Eppure, messe insieme, tutte queste cose ...


“Philosophy is nothing but a myth lavishly elaborate ...
like a light beam shot straight into your eyes ...” [by: quoting myself]

“No human thing is of serious importance.” [by: Plato]


“When I want to read a good book, I write one.”  [by: B.D]





Non credo nei casi della vita, ma temo molto i “cazzi” della vita ... Ciò nonostante ho avuto, nel mio piccolo, il coraggio di non nascondermi troppo ...  La forza di affrontare le sorprese, nascoste ad ogni angolo, non sempre gradevoli, non sempre facili da accettare, non sempre eque dal mio punto di vista, non sempre desiderate abbastanza, non sempre chiare e comprensibili; non sempre ...

E’ un vecchio che vi parla ... Non statemi a sentire ... Non ha alcuna importanza ciò che ho da dirvi ... Ogni vita è un nuovo inizio e dovrà far fronte a rogne del tutto diverse ... Non resta, che scoprirle ... Non resta, che contravvenire ...

Io scrivo solo per passare il tempo ... Al posto di giocare una partita a carte ...



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Era la mattina di sabato, non c’era nessun impegno in vista ed ero andato a letto, la sera prima, con la serena consapevolezza di chi sappia, che il risveglio del giorno successivo potrà essere rilassato, pigro e indefinitamente procrastinato. Di quella convinzione mi stavo già facendo forte da un bel pezzo, rigirandomi tra le lenzuola alla ricerca insistita di una ricaduta nell’oblio profondo, dal quale, tuttavia, continuavo a riemergere involontariamente. E’ probabile che a darmi fastidio fosse la vaga traccia di un sogno, che ricompariva nella mia mente ad ogni giro e rigiro nel letto. Non cercavo di riprendere quel sogno, esso mi era del tutto indifferente e come al solito lo avevo quasi del tutto dimenticato, ancor prima di svegliarmi ... Invece era qualcosa che quel sogno aveva sollevato nelle parte razionale del mio io, riemergente dall’incoscienza. Non ero ancora in uno stato del tutto consapevole e in me si accapigliavano due spinte opposte: ricordare quella idea indistinta e dall’altro lato ripiombare nel buio del nulla totale.
Nessuna idea è abbastanza importante se ti passa di mente quasi subito ... A che scopo svegliarsi prima del tempo, solo per annotarsela? E’ una cosa che mi capita continuamente ... Non vale la pena perdere la paciosità di un prolungato risveglio per queste cose ...
Alla fine, il tormento di quel continuo rimuginare mi aveva spinto a scendere dal letto, andare in cucina e mettere su il caffè, mentre l’impellenza di scappare in bagno mi riportava alla mente l’antica nozione, per cui i pensieri notturni sono una rappresentazione sublimata di una necessità corporale ... Sarà vero anche da svegli? E’ possibile che tutti i pensieri, notturni o diurni che siano, rappresentino solo una visione immaginifica di qualche stimolo fisiologico? ...
E perché non il contrario? Perché non potrebbe darsi che la nostra convinzione di avere delle necessità fisiologiche, e financo una realtà fisica, non siano altro che una manifestazione mentale, per cui il semplice sogno si trasformi in incubo, ovvero in un sognare tanto “emotivamente intenso” da “apparire” reale? ...
Cosa sappiamo noi della nostra fisicità? Nulla che non derivi da considerazioni “elettromagnetiche” e quindi plausibili non più e non meno di quanto lo sia qualunque altra manifestazione fenomenologica. In altri termini siamo anche noi, in quanto soggetti il potenziale prodotto del cosiddetto “cervello di Boltzmann” [*], né più né meno di ogni altro aspetto fenomenico ... Ma questa è un’altra storia ...
La questione che mi tormentava quella mattina, mentre correvo dal bagno alla cucina, per non far fuoriuscire il caffè, e dalla cucina al bagno per non far sgocciolare in giro tutta la schiuma da barba, era una faccenda diversa: cosa mi avrebbe consentito una volta sveglio di sapere che vi fosse continuità tra il me che si stava radendo ed il me che si era addormentato la sera prima? ... Ovviamente, il contesto esterno, gli orologi, i calendari, le altre persone, le varie connessioni mediatiche ... Ma in assenza di quelle, cosa? ... Senza precisi riferimenti “esterni” non ci sarebbe modo di verificare la “continuità” fra il prima e il dopo di una perdita di coscienza ... O no? ...
Proviamo a riconsiderare la questione da un altro punto di vista: come potrei ricostruire l’ipotetica continuità tra la mia vita attuale ed una eventuale vita precedente; quali collegamenti potrei considerare scientificamente probanti per attribuire validità ad una tale evenienza? ... Sembrerebbe non ve ne siano affatto, specie se riflettendo razionalmente, eppure, proprio dal più profondo della mia prospettiva agnostica, mi domando cosa possa, in questo universo, essere indiscutibilmente presente in un dato istante e totalmente svanito nell’istante successivo? ... La mente individuale è una tal cosa! ...
E’ sensato definire la conservazione dell’energia come legge fondamentale dell’universo fenomenologico e poi ritenere ammissibile che l’aspetto più importante che si manifesti in tale universo, ovvero la mente che oltretutto è in grado di coglierne il significato, possa “non conservarsi”, sparire nel nulla e dal nulla rispuntare, in continuazione? ...
Chiariamo subito che non ho un nome per questo ipotetico “ente”, né lo voglio avere, per il momento; che non mi interessa fare della metafisica spicciola, né riscoprire dubbie ispirazioni religiose. Qui ci stiamo ponendo domande pragmatiche; ci stiamo ponendo di fronte ai paradossi che emergono dalla rinuncia ad indagare da parte delle metodologie scientifiche principali e persino dalle cosiddette scienze umanistiche.
La fisica classica non ammette la possibilità che l’energia venga creata o distrutta; la fisica quantistica non ammette che l’informazione venga distrutta; eppure la mente è indiscutibilmente una manifestazione energetica e nel contempo essa è la quint’essenza del concetto stesso di informazione: come si può accettare che la mente si dissolva del tutto oggi e che domani appaia inopinatamente dal nulla? E così miliardi e miliardi di volte nella nostra vicenda storica ...
Ritornando alla storia del mio sogno: senza riferimenti non saprei se al risveglio sono lo stesso io che è andato a letto la sera prima; dunque quali riferimenti potrei avere, se oggi la mia vita fosse il prosieguo di una vita, o più vite, precedenti? Ovvero, il fatto che non lo si possa dimostrare scientificamente, esclude la possibilità che un tale legame, potenzialmente, esista? ...
Una domanda conseguente sarebbe, naturalmente, che tipo di “continuità” potrebbe caratterizzare una entità che si debba “conservare”, per essere attinta da ogni nuova vita nascente? Chi nasce non “produce una nuova mente”, bensì attinge ad una “disponibilità” imperitura e indistruttibile, in modo simile a come il corpo fisico attinga all’energia disponibile nell’ambiente, trasformandola al fine di mantenersi in vita. Ovviamente, il nuovo corpo non ha alcun retaggio del passato di quella parte di energia che assorba: l’energia ricomincia da una “tabula rasa”, per produrre un nuovo individuo, così come la “nuova mente”, perdendo ogni traccia del suo passato mondo conoscitivo, attinge all’ipotetica “essenza mentale” per costruire l’individualità nascente: un’individualità che non ha più nulla da spartire con quelle passate, se non la vaga traccia ricostruita sui libri di storia ... Eppure non siamo al punto di partenza: sappiamo che deve esistere, in un modo o nell’altro, un tipo di “campo speciale”, un campo cui la fisiologia del nostro cervello attinge ad ogni nuova nascita per recuperare quell’”energia mentale”, quella “base informativa”, che verrà a costituire la mente individuale adulta. La mente non viene creata del nulla ogni volta che un singolo nasca; così come, alla morte di un individuo, la sua mente non scompaia semplicemente da questo universo nel nulla ... Ciò sarebbe un paradosso, ancora peggiore delle spiegazioni mitologiche, metafisiche, o teologiche ... Noi non possiamo ricordare le presunte vite passate, come vorrebbero certe subculture più o meno fantasiose o alcune radicate tradizioni religiose, secondo la mia idea, ma questo non esclude la possibilità che la mente sia la manifestazione individuale di un “campo” ipotetico sottostante, attualmente ignoto. Un cervello è un’entità talmente complessa da non potersi escludere che possa accedere ad un tale campo, interagendo col quale ne risulti ciò che noi chiamiamo comunemente “mente”. Nella teoria elettromagnetica basta un filo metallico avvolto in una singola spira e fatto ruotare in un “campo” magnetico per produrre una corrente elettrica! ... Perché stupirsi, quindi, che un fenomeno simile possa coinvolgere il nostro cervello, ben più ricco di “avvolgimenti”, e un “campo” ipotetico legato alla specificità della nostra neurobiologia.
Non si tratta di un tentativo di reintrodurre surrettiziamente l’idea di anima, bensì di provare a dare una qualche “sostanza” a quella parte di noi, che, in fondo, consideriamo, in alcuni contesti, immensamente importante ...


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Ero ancora immerso in queste riflessioni, sorseggiando un caffè semi carbonizzato e cercando di decidere se accendere il mio laptop, per prendere qualche appunto, oppure riaddormentarmi sulla sedia, quando una mano apparve dal nulla appoggiandosi sulla mia spalla e facendomi sobbalzare ... Era la signora della casa accanto, che solitamente si occupava delle pulizie ed altre faccende di casa, due o tre volte la settimana ...

- Lei si dovrebbe mettere i pantaloni ... Non sta bene che si faccia vedere così in disordine ...
- Non pensavo che venisse stamattina ...
- Ieri non mi è stato possibile, così ho deciso di fare un salto oggi, le dispiace? ...
- No, no ... Faccia pure ... Vado subito a vestirmi ...
- Intanto le preparo un vero caffè, quello che ha lì, dall’odore ... Non dev’essere un gran che ...
- L’ho bruciato mentre mi radevo ... Grazie, lo prendo volentieri ...
- Quando si deciderà a prendere moglie? ... Non vede che vita sregolata si ritrova? ...
- Non ho mai perso in considerazione il matrimonio, perché ho capito molto presto che potevo rovinarmi la vita anche da solo e con minor spreco di energie e risorse ...”
- Lei è un cinico, mio caro signore ...
- Forse, ma io mi considero solo uno scettico ...
- E che differenza c’è? ...
- Uno scettico non ha certezze, mentre per essere cinici ce ne vogliono molte ...
- Non capisco di queste cose ...Ma una moglie le ci vuole, dia retta a me ...
- Non può che farmi piacere il suo interessamento, signora ... Ma siamo quello che siamo ...



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Dopo aver ripreso il lavoro sul mio portatile e consumato un paio delle squisite tazze di caffè della signora Adele, mi sono imbattuto in un nuovo argomento da lambiccare il cervello ... Mentre scorrevo un articolo di tutt’altro genere sono incappato in uno dei tanti abissi, che si aprono quando uno tenti di considerare i paradossi degli infiniti matematici ...
Pensare in termini di infinito è sempre complicato, ma una buona analogia può essere fatta con un po’ di semplice matematica. Immaginate di avere un elenco di numeri:. 1,2,3 ... e così via fino all'infinito.
Poi si moltiplicherà ogni numero in questa lista per 2, in modo che ora avete 2,4,6 ... e così via fino all'infinito.
La distanza tra i numeri adiacenti nella lista è "stirata" (ora è 2 invece di 1), ma si potrebbe davvero affermare che l'estensione totale di tutti i detti numeri si sia in qualche modo "espansa"?  Non proprio: si è iniziato con dei numeri che andavano fino all'infinito, e si è terminato con altri numeri, che comunque ancora vanno all'infinito e dato che non vi è alcuna possibile distinzione tra un infinito ed un altro ... Così la dimensione totale è sempre la stessa! ... Diremo pertanto, applicando lo stesso ragionamento alla cosiddetta “espansione dell’universo”, che un universo in espansione può essere “stirato”, senza che si possa affermare che si sia “espanso”, ovvero, qualunque termine preferiate, purché non vi induca all’idea che vi sia qualcosa “in cui” l’universo possa trovare un luogo ulteriore da occupare: esso è tutto e dunque “tutto” ciò che avvenga, avverrà al suo interno, espansione/stiramento compresi. L’infinito, di cui l’universo è l’ipostasi, non può cambiare in termini di volume, esso è e rimane infinito, sempre e comunque, ne consegue che qualunque cambiamento, sia, in realtà, una trasformazione da uno stato ad un altro; le sue variazioni di volume richiedono che vi sia una corrispondente variazione di un parametro complementare in maniera tale che l’insieme siffatto sia riconducibile alla totalità, sempre e comunque.
La miglior prova di come questo concetto sia coerente è nel momento in cui lo si applichi ad una ipotetica misura cosmica, per esempio tra due galassie, in un universo che appunto si stia espandendo: srotolando la nostra ipotetica fettuccia gigante, noi stabiliamo la distanza tra due galassie e al termine riportiamo la fettuccia a casa e facendo un confronto con una copia della fettuccia rimasta a casa, scopriremo che le due non corrispondono più e che per il fatto stesso di essere stata dislocata su immense distanze la fettuccia utilizzata ha subito lo stesso effetto di “stiramento” cui è andato incontro lo spazio fra le galassie ... La distanza tra le galassie non cambia, ma lo spazio fra di esse aumenta e anche il nostro metro ne risente: quello che è effettivamente variato prende il nome di “fattore di scala” e sta ad indicare un tipo di cambiamento che cambia la natura delle distanze, non le distanze stesse e con le distanze anche la natura della nostra fettuccia. Come se questo non bastasse ciò che succede allo spazio succede anche al tempo, ma per la precisione bisogna considerare che le due cose convergono in un'unica entità detta “spaziotempo”. Ciò significa che l’alterazione di cui abbiamo parlato coinvolge nella stessa misura gli aspetti di questa nuova entità, lo spaziotempo. In questo modo risulta ancora più evidente come al di fuori dell’universo, se considerato infinito come probabilmente è, non vi sia alcunché di praticabile: l’apparente paradosso cosmologico per cui l’universo sia in grado di espandersi pur occupando tutto lo spazio disponibile sempre è da considerare come una conseguenza di una “forma mentis” classica, difficile da superare, se prima non ci si addentri nei principi fondamentali della Relatività Generale. Occorre capire come sia possibile che un universo puntiforme pre-BigBang sia altrettanto infinito quanto l’universo attuale e quanto quelli ancora più “vasti” che verranno ... Ciò che restituisce senso a questo apparente paradosso è il fatto che a variare come contraltare al volume occupato c’è la densità di energia presente nel cosmo: maggiore densità di energia corrisponde ad un minore volume, mentre al diminuire della densità aumenta lo spaziotempo occupato, ovvero il volume.

Quanto mi da fastidio cominciare una lettura e finire per perdermi in un filone di ragionamento del tutto diverso ...




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Adele sta cucinando … Ora si che ho finito di lavorare … Questo profumino non consente la minima concentrazione sul lavoro … Meglio che vada a fare due passi e prendere un po’ d’aria fresca, che stimolerà l’appetito ... Aiutato magari da un bianco di collina ...
Ogni volta che ritorno sui paradossi legati all’idea di infinito, finisco per passare quasi in automatico alla riflessione sulle  sue conseguenze anche pratiche nonché alla relazione che intercorre con l’idea che tutta la conoscenza umana “non sia, in ultima analisi, che il sottoprodotto dell’unica funzione conosciuta col nome di “immaginazione”: LA REALTA’ STESSA NON E’ CHE IMMAGINAZIONE COLLETTIVA ...  Ne consegue che, essendo la scienza tutta nient’altro che lo studio della “realtà fisica”, essa non è altro che uno dei tanti metodi per “immaginare” uno degli aspetti che la realtà possa assumere ... In ultima analisi “pensare” non è altro che “immaginare”, per quanto in una modalità estremamente sofisticata e super ordinata.
Attribuire ai fenomeni una natura oggettiva “speciale”, solo perché il metodo scientifico consenta l’utilizzo di tecnologie superbamente avanzate è fallace, presuntuoso e un po’ patetico: la scienza non ha alcun particolare privilegio in termini di presunta “oggettività”, più di quanto ne abbia una qualsiasi forma di conoscenza, o ricerca del sapere ... La scienza può vantare solo una encomiabile inter-soggettività del proprio metodo, che la rende, allo stesso tempo,democratica e selettiva: ne risulta una metodologia altamente aperta alla critica, pur mantenendosi eccezionalmente severa in termini di qualità. Ciononostante, non esiste ragione per tradurre tale eccelsa qualità di pensiero razionale in una sorta di inesorabile e assolutistica fondazione cosmogonica: il metodo scientifico può legittimamente descrivere l’universo nei minimi dettagli e con tutta l’eleganza matematica possibile, ma non può in nessun modo dimostrare che esso esista ... Non più di un qualsiasi altro racconto mitologico ...




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Il pranzo di Adele è stato superbo ... Mi sto ancora leccando i baffi ... E’ una cuoca sopraffina ... Meglio del marito, che pure gestisce il loro ristorante e cucina benissimo ... In quella coppia c’è da chiedersi, chi prenda per la gola chi ...
Fantastico, ha persino lasciato un sorbetto digestivo nel frigo ... Che donna! ... Uuummm ... Che delizia ...
Vediamo dove sono arrivato ... Ah! ... ecco, c’era poi la faccenda dei sacerdoti egizi ... Com’era la cosa? ...

Un paragone adatto è quello con i sacerdoti egizi e la loro straordinaria “tecnologia” per la “immortalizzazione” dei faraoni: essi conoscevano le più sofisticate metodologie, che la storia avesse visto, per rendere immortali e per millenni (più tempo di quanto la ns. scienza si possa sognare al momento ...), eppure si sbagliavano della grossa !! ... Erano completamente nel pallone, senza neppure averne la minima idea e ceffavano di brutto anche nel consigliare ai faraoni i matrimoni consanguinei (che pure anche la loro tradizione considerava tabù al di fuori dei reali !!!!), decretando così per intere dinastie regali l’estinzione, invece che la vita eterna !!!! ... E magari ... La gente comune, ignorante e credulona, pensa­va che i loro sacerdoti fossero delle vere star e dei sapientoni infallibili (e tutti quelli che se lo potevano permettere imitavano la “moda” dell’imbalsamazione come viatico per la vita eterna ...) ... meno male per coloro che non si sono fidati!! ....

Oggi dovremmo fare lo stesso: NON FIDATEVI! ... NON FIDATEVI! ... NON FIDATEVI! ...

Questo sorbetto! ... Che donna, questa Adele ...





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[*] Il”cervello di Boltzmann” è un'ipotetica entità consapevole di sé, nata a causa di fluttuazioni quantistiche da uno stato di caos. L'idea ha ricevuto il nome del fisico Ludwig Boltzmann, secondo il quale l'universo è in uno stato molto improbabile di non equilibrio e che sia nato da una fluttuazione casuale, ovvero nello stesso modo in cui potrebbero sorgere i cervelli di Boltzmann, poiché solo quando ciò avviene casualmente il cervello può esistere per diventare consapevole dell'universo. L'ipotesi del cervello di Boltzmann viene considerata un paradosso.



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sabato 3 ottobre 2015

Riders of the Wisdom Teeth

[Evasioni  tra  “Recherche”  e  Denti del Giudizio]



Abstract: Qualcosa è andato perduto, in questi nostri improbabili tempi: forse la misteriosa saggezza di antiche civiltà perdute; forse il senso profondo di umanità, che credevamo di avere, ormai scemato nell'incerta residualità empatica, che tristemente ci caratterizza; oppure ci siamo sempre illusi e oggi non vediamo altro, in piena luce, che quella triste realtà; fin qui malamente celata, dalla vuota prosopopea dei professionisti del nulla...

E noi, tal quale foglie ... 
«Come generazioni di foglie, lo sono quelle degli uomini.
Le foglie, in parte, il vento ne sparge al suolo,
altre la selva rigogliosa ne genera, nei giorni della primavera:
così le stirpi degli uomini, una ne nasce, un'altra scompare.»
(Omero, IIiade, 6, 146. Lib.trad.)

Blasé Club
Due sono le cose, che rendono la vita accettabile:
”Buona Salute e Cattiva Memoria”
(Notorious beauty)




- Mi ricordo ancora, quelle prime volte sulla spiaggia, in riva al mare, quando accendevamo un fuoco, per grigliare il pesce, appena pescato, insieme ai pescatori locali e condividere con loro quei momenti magici, alle prime luci del giorno, ascoltando i loro discorsi e contribuendo con qualche bottiglia di vino bianco, che ci eravamo portati da casa ... Spesso ci guardavano perplessi, per quella nostra curiosità ed entusiasmo, per quella loro vita dura, per quel loro lavoro e per il modo arzigogolato, con cui tra di noi commentavamo, quelle che per loro erano solo indesiderabili fatiche ...
- E come ti viene in mente questa cosa, proprio adesso? ...
- No, niente ... Pensavo ... Non so come spiegare ... Certe volte mi chiedo, cosa mai pensassero realmente, quelle brave persone, delle nostre fisime intellettuali ...
- Ci consideravano, probabilmente, ragazzotti viziati e con le idee un po’ confuse ...
- Esatto! ... E noi? ... Non ci illudevamo forse, allora, d’essere dei chissà chi, pieni della nostra cultura scolastica e sicuri di saperla lunga sulla vita, di fronte a dei poveri pescatori ignoranti? ... Oggi mi chiedo, chi fosse veramente ignorante in quella situazione e in molte altre, in cui mi sono venuto a trovare, in seguito ...
- E tutto questo, a che cosa ci porta? ...
- Tu hai ancora tutte le certezze di quei tempi, forse? ...
- Non credo proprio ... Ma a che serve recriminare? ... Forse all’epoca ci sbagliavamo e facevamo torto all’intelligenza di quelle brave persona, ma eravamo ragazzi ... E’ così che vanno le cose ... Non è forse vero? ...
- Certo, fa comodo vederla  in questo modo ...
- Calma amico mio! ... Non mi dai dell’ipocrita così, senza una spiegazione ...
- Non inalberarti tanto ... In fondo, ci sono dentro quanto te ... Ed è proprio una spiegazione, ciò che vorrei anch’io ...
- Cosa ti rode? ...
- Noi non siamo colpevoli verso quelle persone, perché come dici tu, eravamo giovani e inesperti, ma oggi cosa siamo? ... Ci troviamo qui a chiederci chi, o che cosa, siamo veramente, proprio come quando eravamo giovani ... E allora? ... Dove sono finite le nostre certezze? ... In cosa ci siamo emancipati? ... Perché io sento, che quella brava gente era meglio di noi allora e lo è tuttora? ... Perché non siamo cresciuti all’altezza delle nostre aspettative ? ...
- Non so quali fossero le tue aspettative, ma io mi son dato da fare e, se pure non abbia fatto miracoli, un po’ delle cose che avevo in mente le ho realizzate ...
- Dici sul serio? ...
- No, non direi ... Ma perché non ti fai un po’ i cazzi tuoi? ...
- Se proprio devo ...
- Il fuoco langue ... Ci serve altra legna ...
- Vado io ...
- Ok ... Intanto, metto su il caffè ...

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La luna alta e piena aiutava nella ricerca, in quella brulla terra desolata, ai confini del deserto. La fioca luce del loro anemico falò lanciava tenui riflessi sulle poche rocce sparse intorno. Qua e là, ciocchi di vecchi rami secchi offrivano ombre rivelatrici all’occhio attento. La ricerca del combustibile sarebbe durata ancora a lungo, se un profumo intenso quanto insolito non avesse risvegliato l’attenzione verso il caldo infuso, che gli borbottava il suo richiamo.
Tornato al bivacco, mentre l’amico gli versava una generosa dose di caffè, si sedette accanto al fuoco, soffiando nella tazza e fissando ipnoticamente la fiamma ...

- Ottimo caffè ...
- Non ti è ancora passata, vero? ...
- Neanche per idea ... Mentre passeggiavo laggiù, fra le rocce e raccoglievo legna e guardavo le stelle, così densamente impacchettate da sembrare infinite, come i granelli di sabbia del deserto, che s’intravvede all’orizzonte ...
- Cosa? ... Ti sentivi piccolo e insignificante? ...
- Anche ... Ma soprattutto tu ... Mi sembravi piccolo e insignificante ...
- Buona questa! ... Se non trovi la risposta, lo sai ... Meglio passare alla prossima domanda ...
- Non sempre esiste, la prossima domanda ... Si arriva ad un punto in cui tutte le domande sono l’ultima ...
- Hai perso interesse nel nostro viaggio? ...
- No, per niente ... Sono cose diverse, ma più ci avviciniamo al nostro obiettivo e più insistente diventa la necessità di comprendere ... Ha tutta l’aria di fottuto circolo vizioso ...
- Non lo è sempre? ...
- Buono questo caffè! ... Anche se me lo dico da solo ... Io non sono così sicuro, che alla fine ci sia qualcosa da comprendere ... Non è per questo che siamo qui? ...
- In un certo senso è vero, se avessimo ancora qualche certezza, dovremmo essere altrove, a mettere in atto qualche progetto, o qualche distrazione ... E tuttavia io non sono disposto ad arrendermi, finché avrò respiro ...
- Non è meglio goderseli, questi ultimi momenti ...
- Lo vorrei anch’io, ma non è così facile opporsi alla propria natura ...
- A chi lo dici ...
- Ti mancano le tue conquiste ...
- Da tempo immemore ...



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Dall’alto, la costellazione di satelliti vegliava costantemente sulle vite di questi due personaggi, così come su quelle di ogni altro essere vivente del pianeta. Il tanto sospirato computer quantistico, entrato in funzione come server globale, da poco più di ventinove anni, era sempre in operosa veglia: ogni destino, e quello di tutti, era nelle sue mani. La programmazione dell’intera società, nonché di ogni singola vita, era, da alcuni anni, la sua funzione primaria e persino nel più sperduto angolo di deserto, nessuno era mai veramente da solo ...  Con rare, apparenti e residuali, eccezioni, praticamente in via di estinzione e ormai relegate in enclave circoscritte e ben guardate ...
Una società siffatta non può permettersi eccezioni (degne di tale nome), esse sono infatti l’anticamera dell’anarchia: il mondo, nato con l’avvento di una tale sistema informatico, si era presto adeguato alle rigide regole imposte dalla logica formale, cui esso era associato: tutti hanno una chance di vita, ma entro precise regole e confini. Così anche i nostri due “eroi” avevano dovuto adeguarsi al dettato costituzionale in tema di “fine vita”: tutti coloro che raggiungono i quarant’anni, avranno cinque anni di tempo per pianificare in proprio, o tramite l’ente previdenziale, le modalità della loro dipartita. Nessuno può superare la durata massima di quarantacinque anni di vita, onde poter preservare le risorse del pianeta per le generazioni a venire e garantire un minimo di “decenza” alla vita di tutti quelli che ne abbiano titolo.
La gran parte della popolazione optava per i servizi di fine vita offerti dall’ente previdenziale, in quanto ciò consentiva di trascorrere gli ultimi cinque anni senza impegni di lavoro e con alcune gratifiche assai appetibili ... Ma c’era una parte non esigua di soggetti desiderosi di un certo grado di avventura e di rischio, nella fase finale della loro vita ed a questi individui il sistema concedeva una chance – ma solo una – di andare alla ricerca di una morte gloriosa, o comunque più “onorevole” ... Proprio a questa schiera, appartenevano le nostre conoscenze: essi avevano deciso di avventurarsi nel deserto, verso le cime di una catena montuosa, quasi insuperabile, nella speranza di andare incontro alla morte a viso aperto, sfidando la grande mietitrice e le paure, che essa incute nei più ...
Essi erano consci di aver goduto, negli ultimi anni, del credito che tale scelta prevedeva e che se avessero fallito e fossero tornati indietro, essi sarebbero stati immediatamente “instradati” nel percorso istituzionale, cui fino a quel momento si erano sottratti: la loro era una “gita” senza ritorno; erano “morituri” senza armi, se non per il loro auspicabile coraggio ...
Ogni cittadino di questo mondo evoluto, ecologico, pacificato, standardizzato, pianificato, era, fin dalla nascita, munito di apposito “nano-marcatore”, impiantato permanentemente nel midollo osseo,  e perciò stesso sempre rintracciabile via satellite; in modo da non potersi sottrarre in alcun modo alla localizzazione da parte del sistema centrale.
Nei primi anni, dopo l’approvazione del controllo globale, si erano verificate proteste, anche violente, in varie parti del mondo, circa la natura liberticida di un tale sistema e in special modo sulla liceità della forzata imposizione di un principio assolutistico, come il “fine vita di stato”. Tuttavia, l’alternativa che si era presentata negli anni precedenti era chiara: guerre permanenti e senza quartiere fra gli epigoni dei vecchi stati nazionali, per l’approvvigionamento delle misere risorse di un pianeta morente ... Una “pax et bonum” limitata, ma anche garantita nel tempo, era pur sempre meglio di una morte, per fame, o per violenza, costantemente in agguato: la popolazione ne aveva fatto le spese per molti anni ed era ormai giunta allo stremo, quando si era optato per quella drastica ristrutturazione sociale. Non era stato un cambiamento repentino, né privo di contrasti, di mezzi ripensamenti e passi indietro, di distinguo e di secessioni ... Eppure nel corso degli anni, i risultati ottenuti, nel bene e nel male, secondo i punti di vista, si erano rivelati l’unica via per garantire un po’ di equilibrio sociale e qualche briciola di speranza, per le future generazioni. Alcune aree geopolitiche si erano mosse con decisione su quella strada, mentre altre si erano accodate con riluttanza, quando i rapporti economici di forza lo avevano reso necessario e col tempo le principali neo-formate nazioni avevano imposto una nuova globalizzazione, secondo le linee guida che ispiravano la cosiddetta “società normata”: un eufemismo per descrivere la “nuova” politica di “controllo della durata di vita”, entrata gradualmente in vigore nel corso di diversi anni, per poi giungere, in base alle esperienze fatte, all’attuale “durata standard”, per ogni individuo correttamente generato, entro i parametri eugenetici previsti per legge.
Col tempo, tale stato di cose era apparso, per quanto sgradevole, l’unico sistema “ecologico” di gestire una popolazione mondiale vicina ormai ai quindici miliardi di individui e ancora in crescita. Uccidere la gente in guerra (prassi consolidata nei secoli precedenti) non sembrava una soluzione migliore; né si era mai addivenuti ad un controllo delle nascite minimamente efficace. Per qualche ragione, ignota ai più, l’introduzione dell’eutanasia di stato aveva funzionato e aveva consentito, paradossalmente, una qualità di vita, per gli anni loro concessi, migliore di quanto la popolazione avesse conosciuto per decenni in precedenza ...
All’ombra di questa riedizione del grande fratello, due qualunque, i nostri, fra i molti avventurieri dell’ultima spiaggia, erano giunti quasi ai confini fra il brullo deserto e alle falde delle prime montagne; un confine ideale tra l’estrema possibilità di rinunciare e tornare indietro e l’inizio della parte più impervia del loro tragitto; un tratto da cui sarebbe stato sempre più difficile ritrovare la via di casa e che perciò stesso aumentava in essi l’ansia e la preoccupazione per quello che sarebbe potuto succedere, da quel momento in poi, ad ogni passo ...


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Nei giorni successivi, la salita dapprima dolce, persino gradevole, aveva lasciato il passo ad uno sforzo sempre più duro e quel sudore che qualche giorno prima grondava dalle loro fronti, aveva preso a congelarsi, come buffe stalattiti sulle punte dei peli dei loro volti: sulle barbe, sui baffi e persino sulle loro sopracciglia e ciglia ... Entrambi avevano smesso di scherzare da un pezzo e il silenzio si era lentamente insinuato tra loro. Parlavano solo se lo richiedeva il superamento di qualche ostacolo, oppure la preparazione del necessario per i pasti, o per la notte ... Sembrava che alla voglia di discorrere si fosse sostituita una implicita rassegnazione, una pigrizia mentale ... E ognuno rimuginava i propri pensieri tra sé e sé ... Ma una differenza tra loro appariva sempre più evidente: uno di loro era sempre più debole e faticava a tenere il ritmo dell’altro; tentando, inizialmente, di nasconderlo aveva finito per peggiorare le cose, per ridursi a non avere più nemmeno la lucidità per evitare gli ostacoli e, dopo qualche incidente  di poco conto, le cose erano rapidamente peggiorate e per entrambi era stato evidente di non poter più procedere insieme ...

- Senti, fermiamoci qui, ci accampiamo e cerchiamo di recuperare le forze e non appena ti sentirai di nuovo in gamba, ripartiremo insieme ... Abbiamo iniziato così e così dobbiamo andare fino in fondo ... Nessuno ci corre dietro, dico bene? ...
- Non credo proprio, io sono arrivato al capolinea, amico mio ...
- Ma che dici, quale capolinea, non fare il melodrammatico ...
- Non sto scherzando, io da qui non credo che mi muoverò ...
- Cosa te lo fa dire, questo? ...
- Ho un dolore al petto e faccio fatica a respirare e questo va avanti da parecchio ... Non vedo più tanto bene e riposare non cambierà le cose ... Credo che dovrai lasciarmi qui se vuoi proseguire e, per dirtela tutta, io lo preferirei ... Te ne sarei grato, davvero ... Tu sai per quale motivo siamo qui ... Non puoi pensare che moriremo nello stesso momento, sarebbe assai improbabile e quindi se tu puoi farcela ancora, preferirei che andassi avanti ... Io ho già il mio da fare a tirare il fiato finché ci riesco ... Di camminare non se ne parla proprio ...
- Ma proprio perché non ho alcun appuntamento, posso stare qui tutto il tempo che voglio ...
- A fare che, a compatirmi? ... Abbiamo lanciato una sfida, non so bene a chi, o a cosa ... Tu puoi ancora tentare la tua impresa, perché dovresti rinunciare ... A me non resta che tirare le cuoia ... Ma forse capisco, finalmente, il senso della tua proterva insistenza per lanciarci in questa avventura ...
- E sarebbe? ...
- Io non avrei mai pensato di fare questa patetica fine, ma a pensarci bene è meno peggio di finire i miei giorni in un letto di ospedale con una flebo che mi uccidesse, perché non io trovo il coraggio di farlo ... E’ sì una fine ingloriosa, ma non mi dispiace di aver fatto tutta questa inutile strada, sai? ... Ho vissuto, prigioniero di una città, in cerca di chissà cosa, lamentandomi per delle fesserie, arrabbiandomi, cercando di conquistarmi cose di cui non m’importava nulla, attaccandomi a soddisfazioni surrogate, che non placavano mai le mie ansie ... Oggi, non sto perdendo niente, è la fine di qualcosa per la quale non provo rimpianti. E’ come quando intraprendi un viaggio e, dopo un certo tempo, arrivi dove eri diretto; è lì che dovevi andare e ora ci sei e il viaggio è finito ... Ci saranno altre cose, ma questa non c’è più ... Fine della storia ... Ecco, la mia vita non c’è più, fine della storia ... Se ci sarà dell’altro ... Si vedrà ...
- Sei diventato un dannato filosofo, o cosa? ...
- O cosa! ...
- Vuoi sul serio, che ti abbandoni come un sacco di patate, in mezzo al nulla? ...
- Non come un sacco di patate, ma come uno che è arrivato dove anche tu stai andando, ma prima di te ... E’ meglio che te ne fai una ragione, amico”! ... Presto o tardi toccherà a te ... E se non sarà la stessa cosa, l’esito sarà lo stesso ... Ma non te ne farei una colpa, se questa mia sorte ti spingesse a tornare sui tuoi passi ...
- Neanche a dirlo! ... Anzi, lo vedi il satellitare? ... Guarda che fine gli faccio fare ...
- No, pazzo! ... Che hai fatto? ... Ora, se ne avessi bisogno, non potrai chiedere aiuto ...
- Aiuto per cosa, dopo averti portato a questo punto, pensi che avrei il coraggio di scappare ...
- Tutti abbiamo il diritto di scoprire l’acqua calda ...
- E questo cosa accidenti vorrebbe dire? ...
- Non ci arrivi? ... Hai mai visto cose nuove sotto il sole? ... Tutti quanti non facciamo che scoprire cose già scoperte migliaia di volte prima di noi, da chi ci ha preceduto ... Eppure tutti siamo alla disperata ricerca di rivivere quelle cose, quelle esperienze, quelle situazioni, quegli atti, quelle emozioni ... Tutti, se potessimo, prolungheremmo le nostre vite, per rivivere momenti già vissuti e perfino vorremmo rinascere, per avere ancora vita per ripercorrere momenti, che nella nostra memoria non sono mai durati abbastanza ... E che cosa significa tutto questo per te? ...
- Dimmelo tu ...
- Significa che quei momenti non valgono gran ché, se devi provarli e riprovarli, come se dovessi memorizzare i personaggi di una cattiva commedia, per farli ciononostante tuoi ... Qualcosa di veramente importante, come l’ultimo respiro, non prevede alcuna replica ...
- Amico! ... Amico! ... Amico mio ...

Quelle furono le ultime parole fra i due, ad essere pronunciate.

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Affranto del repentino decesso del suo amico e compagno, egli si rese finalmente conto di quanto diversa la realtà fosse rispetto a tutte le sue elucubrazioni passate ... Ad un tratto, si sentiva svuotato, sconfitto e privo di forze ... Non avrebbe voluto più muoversi ... Non capiva come avesse potuto far questo al suo amico e, nel contempo, realizzava, che erano lì proprio per quello ...
Era da un tempo infinito seduto accanto al suo amico inerte, perso nei pensieri, riflettendo sulle ultime parole sentite e che lo avevano fatto trasecolare ... Non se le sarebbe aspettate proprio dal quel dubbioso, insicuro e conformista del suo socio: parole che avrebbe dovuto pensare da sé e che pure lo avevano colto di sorpresa e che ora gli frullavano insistentemente in testa ...
Quante volte aveva sfidato la morte gettandosi in imprese al limite della follia, per sentire l’adrenalina esplodergli nel petto ... Quanto di quei momenti era un vero desiderio di morte, mascherato a semplice spirito avventuroso ... Quante volte, scendendo in un fragile gommone era venuto giù dalle rapide di qualche furioso fiume montano si era trovato a schivare la morte veramente per un pelo, a causa di affioramenti rocciosi a “pelo” d’acqua ... E poi convincersi che quelle imprese fossero la prova di uno spirito sportivo sano e vitale ... Tutte quelle esperienze avevano in comune la ripetizione, il desiderio di nuove sfide, sempre più estreme ... Erano tutte ugualmente voraci ricerche di vita vera, o velati e inconsapevoli  echi di una pulsione di morte? ....  Eppure ci doveva essere altro ancora, in quelle ultime parole, che ora acquisivano profondità, nella riflessione più distaccata ... Ora che aveva trovato la forza di rialzasi, di coprire il volto del caro amico e di riprendere il cammino, lungo il crinale, verso la prossima cima e, fortuna permettendo, forse anche giù verso la vallata successiva ...

Tante le volte in cui avevano discusso di argomenti seri, ma in alcune occasioni, il gusto per la battuta pronta e la provocazione, l’avevano spinto a dare risposte sbrigative alle osservazioni dubbiose del suo accompagnatore ... Ora alcune di quelle gli tornavano alla mente e si rivelavano meno banali di quanto, all’epoca gli fossero apparse ... Egli aveva tentato di fargli notare come molti eventi, nella vita di ognuno, non sarebbero mai accaduti, se non si fossero verificate circostanze talmente speciali e così improbabili da sembrare impensabili ... Eppure accadevano e, scavando a fondo, secondo lui, tali episodi potevano essere individuati in una quantità smisurata di casi ... Al punto da chiedersi cosa mai ci fosse di “normale” nelle nostre vite ... Ricordava di aver fatto qualche battuta delle sue, pensando che l’amico stesse solo tentando ci cambiar discorso ... E invece no, forse stava contribuendo con riflessioni profonde, che allora mi sfuggivano, alla nostra discussione ...
Ora ricordo come mi avesse fatto notare che alcuni comportamenti, apparentemente avventati per non dire disperati, sembravano portare a risultati persino migliori di quelli sperati da chi li avesse messi in atto e come questo a lui apparisse incomprensibile, privo di logica e, in qualche misura iniquo ... Diceva più o meno: “ ... e che senso si potrebbe dare alla nostra vita, se tirando una monetina ad ogni passo, le chance di ottenere ciò che si vuole fossero a nostro favore? ...”
Stava forse cercando di dirmi, velatamente, che noi consideriamo la sicurezza come un valore, ma che in realtà così facendo ci illudiamo soltanto, che cadiamo in una trappola inconscia non diversa da quella che subisce chi s’imbarchi in quelle imprese assurdamente pericolose dandogli però un nome eufemistico, per illudersi con ciò di fare cosa almeno apparentemente logica? ... Quella volta dopo il mio commento banale, egli aveva continuato, suggerendo che la vita che vivevamo era “sottosopra” ... Quanto sarebbe stato meglio saper “...cogliere l’indeterminato, che pure si delinea vagamente negli eventi non pianificati, mentre si nasconde subdolamente in quelli pianificati ...” ... Come ho fatto a scherzare s una cosa simile? ... Mi stava dicendo qualcosa di tremendo, a ripensarci bene ... Egli capiva a fondo, ciò che io percepivo istintivamente e che mi faceva agire con apparente sprezzo del pericolo ... Ero io il conformista inconsapevole, in verità, non lui ... Come ho potuto perdermi quei momenti? ... Quando avrei potuto interagire e aiutare lui e me stesso a scavare ancora più a fondo, nei meandri divaganti della nostra fin troppo incognita mente ...
Non c’è destino nelle nostre vite ma solo paura ... E per vincere tale paura imperscrutabile abbiamo un bisogno disperato di paure più abbordabili, ognuno a modo proprio e con limiti propri, ma tutti in egual misura ...
Il luogo delle riflessioni sul nostro tempo non può essere mai a noi noto ... Siamo tutti ugualmente “appesi” ...


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Le tracce del suo passaggio si perdevano ormai lungo il pendio nevoso ma non lontano si intravvedeva il limitare della linea innevata e ancora più in basso il terreno umido di neve sciolta ... Forse un luogo diverso ... Forse un tempo diverso ...



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