sabato 14 novembre 2015

Un quanto di sollazzo, caduto dal cielo, in un modo spettrale, facendo un reale casino ...


[Una dedica speciale alla mia vecchia docente di filosofia del liceo]


Abstract: Il mio primo insegnante di filosofia sosteneva, come la mia pretesa di poter trarre conclusioni dalle mie personali letture sull’argomento, senza aver approfondito prima anche tutta la storia del pensiero filosofico, non fosse altro che un'aspettativa assurda, destinata a procurarmi solo delle cocenti delusioni, ma non prima di avermi spinto a commettere irrimediabili e pericolosi errori di valutazione ... Allora non capivo il senso delle sue affermazioni e tuttavia accettai il suo consiglio e stetti a vedere tutti gli altri, mentre cadevano in quella trappola e finivano per disperarsi “dopo”, per aver combinato tanti guai per sé e per gli altri, in nome di qualche grave malinteso ...
Nel frattempo io seguivo un'altra strada; una strada secondaria e poco gratificante ... In mezzo ai boschi, alle colline, alle radure soleggiate, agli specchi d’acqua ariosi, ai profumi delicati e confusi, difficili da individuare perché mescolati fra loro ... Una strada ingannevole, a volte, perché facile da sottovalutare, nella sua discreta spontaneità: io l’ho percorsa sempre cercando altro, distratto da qualche passeggera aspettativa, eppure “misteriosamente consapevole” del privilegio accordatomi ... E tutto questo grazie all’avvertimento di un consigliere spassionato, casuale e malaccorto, non richiesto né auspicato ... Un tale, che probabilmente pensava a tutt’altro, che non si sarebbe mai immaginato di fare qualcosa di speciale e nemmeno un po’ fuori dall’ordinario ... Non lui ... Non io ... Non il caso ... Eppure, messe insieme, tutte queste cose ...


“Philosophy is nothing but a myth lavishly elaborate ...
like a light beam shot straight into your eyes ...” [by: quoting myself]

“No human thing is of serious importance.” [by: Plato]


“When I want to read a good book, I write one.”  [by: B.D]





Non credo nei casi della vita, ma temo molto i “cazzi” della vita ... Ciò nonostante ho avuto, nel mio piccolo, il coraggio di non nascondermi troppo ...  La forza di affrontare le sorprese, nascoste ad ogni angolo, non sempre gradevoli, non sempre facili da accettare, non sempre eque dal mio punto di vista, non sempre desiderate abbastanza, non sempre chiare e comprensibili; non sempre ...

E’ un vecchio che vi parla ... Non statemi a sentire ... Non ha alcuna importanza ciò che ho da dirvi ... Ogni vita è un nuovo inizio e dovrà far fronte a rogne del tutto diverse ... Non resta, che scoprirle ... Non resta, che contravvenire ...

Io scrivo solo per passare il tempo ... Al posto di giocare una partita a carte ...



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Era la mattina di sabato, non c’era nessun impegno in vista ed ero andato a letto, la sera prima, con la serena consapevolezza di chi sappia, che il risveglio del giorno successivo potrà essere rilassato, pigro e indefinitamente procrastinato. Di quella convinzione mi stavo già facendo forte da un bel pezzo, rigirandomi tra le lenzuola alla ricerca insistita di una ricaduta nell’oblio profondo, dal quale, tuttavia, continuavo a riemergere involontariamente. E’ probabile che a darmi fastidio fosse la vaga traccia di un sogno, che ricompariva nella mia mente ad ogni giro e rigiro nel letto. Non cercavo di riprendere quel sogno, esso mi era del tutto indifferente e come al solito lo avevo quasi del tutto dimenticato, ancor prima di svegliarmi ... Invece era qualcosa che quel sogno aveva sollevato nelle parte razionale del mio io, riemergente dall’incoscienza. Non ero ancora in uno stato del tutto consapevole e in me si accapigliavano due spinte opposte: ricordare quella idea indistinta e dall’altro lato ripiombare nel buio del nulla totale.
Nessuna idea è abbastanza importante se ti passa di mente quasi subito ... A che scopo svegliarsi prima del tempo, solo per annotarsela? E’ una cosa che mi capita continuamente ... Non vale la pena perdere la paciosità di un prolungato risveglio per queste cose ...
Alla fine, il tormento di quel continuo rimuginare mi aveva spinto a scendere dal letto, andare in cucina e mettere su il caffè, mentre l’impellenza di scappare in bagno mi riportava alla mente l’antica nozione, per cui i pensieri notturni sono una rappresentazione sublimata di una necessità corporale ... Sarà vero anche da svegli? E’ possibile che tutti i pensieri, notturni o diurni che siano, rappresentino solo una visione immaginifica di qualche stimolo fisiologico? ...
E perché non il contrario? Perché non potrebbe darsi che la nostra convinzione di avere delle necessità fisiologiche, e financo una realtà fisica, non siano altro che una manifestazione mentale, per cui il semplice sogno si trasformi in incubo, ovvero in un sognare tanto “emotivamente intenso” da “apparire” reale? ...
Cosa sappiamo noi della nostra fisicità? Nulla che non derivi da considerazioni “elettromagnetiche” e quindi plausibili non più e non meno di quanto lo sia qualunque altra manifestazione fenomenologica. In altri termini siamo anche noi, in quanto soggetti il potenziale prodotto del cosiddetto “cervello di Boltzmann” [*], né più né meno di ogni altro aspetto fenomenico ... Ma questa è un’altra storia ...
La questione che mi tormentava quella mattina, mentre correvo dal bagno alla cucina, per non far fuoriuscire il caffè, e dalla cucina al bagno per non far sgocciolare in giro tutta la schiuma da barba, era una faccenda diversa: cosa mi avrebbe consentito una volta sveglio di sapere che vi fosse continuità tra il me che si stava radendo ed il me che si era addormentato la sera prima? ... Ovviamente, il contesto esterno, gli orologi, i calendari, le altre persone, le varie connessioni mediatiche ... Ma in assenza di quelle, cosa? ... Senza precisi riferimenti “esterni” non ci sarebbe modo di verificare la “continuità” fra il prima e il dopo di una perdita di coscienza ... O no? ...
Proviamo a riconsiderare la questione da un altro punto di vista: come potrei ricostruire l’ipotetica continuità tra la mia vita attuale ed una eventuale vita precedente; quali collegamenti potrei considerare scientificamente probanti per attribuire validità ad una tale evenienza? ... Sembrerebbe non ve ne siano affatto, specie se riflettendo razionalmente, eppure, proprio dal più profondo della mia prospettiva agnostica, mi domando cosa possa, in questo universo, essere indiscutibilmente presente in un dato istante e totalmente svanito nell’istante successivo? ... La mente individuale è una tal cosa! ...
E’ sensato definire la conservazione dell’energia come legge fondamentale dell’universo fenomenologico e poi ritenere ammissibile che l’aspetto più importante che si manifesti in tale universo, ovvero la mente che oltretutto è in grado di coglierne il significato, possa “non conservarsi”, sparire nel nulla e dal nulla rispuntare, in continuazione? ...
Chiariamo subito che non ho un nome per questo ipotetico “ente”, né lo voglio avere, per il momento; che non mi interessa fare della metafisica spicciola, né riscoprire dubbie ispirazioni religiose. Qui ci stiamo ponendo domande pragmatiche; ci stiamo ponendo di fronte ai paradossi che emergono dalla rinuncia ad indagare da parte delle metodologie scientifiche principali e persino dalle cosiddette scienze umanistiche.
La fisica classica non ammette la possibilità che l’energia venga creata o distrutta; la fisica quantistica non ammette che l’informazione venga distrutta; eppure la mente è indiscutibilmente una manifestazione energetica e nel contempo essa è la quint’essenza del concetto stesso di informazione: come si può accettare che la mente si dissolva del tutto oggi e che domani appaia inopinatamente dal nulla? E così miliardi e miliardi di volte nella nostra vicenda storica ...
Ritornando alla storia del mio sogno: senza riferimenti non saprei se al risveglio sono lo stesso io che è andato a letto la sera prima; dunque quali riferimenti potrei avere, se oggi la mia vita fosse il prosieguo di una vita, o più vite, precedenti? Ovvero, il fatto che non lo si possa dimostrare scientificamente, esclude la possibilità che un tale legame, potenzialmente, esista? ...
Una domanda conseguente sarebbe, naturalmente, che tipo di “continuità” potrebbe caratterizzare una entità che si debba “conservare”, per essere attinta da ogni nuova vita nascente? Chi nasce non “produce una nuova mente”, bensì attinge ad una “disponibilità” imperitura e indistruttibile, in modo simile a come il corpo fisico attinga all’energia disponibile nell’ambiente, trasformandola al fine di mantenersi in vita. Ovviamente, il nuovo corpo non ha alcun retaggio del passato di quella parte di energia che assorba: l’energia ricomincia da una “tabula rasa”, per produrre un nuovo individuo, così come la “nuova mente”, perdendo ogni traccia del suo passato mondo conoscitivo, attinge all’ipotetica “essenza mentale” per costruire l’individualità nascente: un’individualità che non ha più nulla da spartire con quelle passate, se non la vaga traccia ricostruita sui libri di storia ... Eppure non siamo al punto di partenza: sappiamo che deve esistere, in un modo o nell’altro, un tipo di “campo speciale”, un campo cui la fisiologia del nostro cervello attinge ad ogni nuova nascita per recuperare quell’”energia mentale”, quella “base informativa”, che verrà a costituire la mente individuale adulta. La mente non viene creata del nulla ogni volta che un singolo nasca; così come, alla morte di un individuo, la sua mente non scompaia semplicemente da questo universo nel nulla ... Ciò sarebbe un paradosso, ancora peggiore delle spiegazioni mitologiche, metafisiche, o teologiche ... Noi non possiamo ricordare le presunte vite passate, come vorrebbero certe subculture più o meno fantasiose o alcune radicate tradizioni religiose, secondo la mia idea, ma questo non esclude la possibilità che la mente sia la manifestazione individuale di un “campo” ipotetico sottostante, attualmente ignoto. Un cervello è un’entità talmente complessa da non potersi escludere che possa accedere ad un tale campo, interagendo col quale ne risulti ciò che noi chiamiamo comunemente “mente”. Nella teoria elettromagnetica basta un filo metallico avvolto in una singola spira e fatto ruotare in un “campo” magnetico per produrre una corrente elettrica! ... Perché stupirsi, quindi, che un fenomeno simile possa coinvolgere il nostro cervello, ben più ricco di “avvolgimenti”, e un “campo” ipotetico legato alla specificità della nostra neurobiologia.
Non si tratta di un tentativo di reintrodurre surrettiziamente l’idea di anima, bensì di provare a dare una qualche “sostanza” a quella parte di noi, che, in fondo, consideriamo, in alcuni contesti, immensamente importante ...


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Ero ancora immerso in queste riflessioni, sorseggiando un caffè semi carbonizzato e cercando di decidere se accendere il mio laptop, per prendere qualche appunto, oppure riaddormentarmi sulla sedia, quando una mano apparve dal nulla appoggiandosi sulla mia spalla e facendomi sobbalzare ... Era la signora della casa accanto, che solitamente si occupava delle pulizie ed altre faccende di casa, due o tre volte la settimana ...

- Lei si dovrebbe mettere i pantaloni ... Non sta bene che si faccia vedere così in disordine ...
- Non pensavo che venisse stamattina ...
- Ieri non mi è stato possibile, così ho deciso di fare un salto oggi, le dispiace? ...
- No, no ... Faccia pure ... Vado subito a vestirmi ...
- Intanto le preparo un vero caffè, quello che ha lì, dall’odore ... Non dev’essere un gran che ...
- L’ho bruciato mentre mi radevo ... Grazie, lo prendo volentieri ...
- Quando si deciderà a prendere moglie? ... Non vede che vita sregolata si ritrova? ...
- Non ho mai perso in considerazione il matrimonio, perché ho capito molto presto che potevo rovinarmi la vita anche da solo e con minor spreco di energie e risorse ...”
- Lei è un cinico, mio caro signore ...
- Forse, ma io mi considero solo uno scettico ...
- E che differenza c’è? ...
- Uno scettico non ha certezze, mentre per essere cinici ce ne vogliono molte ...
- Non capisco di queste cose ...Ma una moglie le ci vuole, dia retta a me ...
- Non può che farmi piacere il suo interessamento, signora ... Ma siamo quello che siamo ...



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Dopo aver ripreso il lavoro sul mio portatile e consumato un paio delle squisite tazze di caffè della signora Adele, mi sono imbattuto in un nuovo argomento da lambiccare il cervello ... Mentre scorrevo un articolo di tutt’altro genere sono incappato in uno dei tanti abissi, che si aprono quando uno tenti di considerare i paradossi degli infiniti matematici ...
Pensare in termini di infinito è sempre complicato, ma una buona analogia può essere fatta con un po’ di semplice matematica. Immaginate di avere un elenco di numeri:. 1,2,3 ... e così via fino all'infinito.
Poi si moltiplicherà ogni numero in questa lista per 2, in modo che ora avete 2,4,6 ... e così via fino all'infinito.
La distanza tra i numeri adiacenti nella lista è "stirata" (ora è 2 invece di 1), ma si potrebbe davvero affermare che l'estensione totale di tutti i detti numeri si sia in qualche modo "espansa"?  Non proprio: si è iniziato con dei numeri che andavano fino all'infinito, e si è terminato con altri numeri, che comunque ancora vanno all'infinito e dato che non vi è alcuna possibile distinzione tra un infinito ed un altro ... Così la dimensione totale è sempre la stessa! ... Diremo pertanto, applicando lo stesso ragionamento alla cosiddetta “espansione dell’universo”, che un universo in espansione può essere “stirato”, senza che si possa affermare che si sia “espanso”, ovvero, qualunque termine preferiate, purché non vi induca all’idea che vi sia qualcosa “in cui” l’universo possa trovare un luogo ulteriore da occupare: esso è tutto e dunque “tutto” ciò che avvenga, avverrà al suo interno, espansione/stiramento compresi. L’infinito, di cui l’universo è l’ipostasi, non può cambiare in termini di volume, esso è e rimane infinito, sempre e comunque, ne consegue che qualunque cambiamento, sia, in realtà, una trasformazione da uno stato ad un altro; le sue variazioni di volume richiedono che vi sia una corrispondente variazione di un parametro complementare in maniera tale che l’insieme siffatto sia riconducibile alla totalità, sempre e comunque.
La miglior prova di come questo concetto sia coerente è nel momento in cui lo si applichi ad una ipotetica misura cosmica, per esempio tra due galassie, in un universo che appunto si stia espandendo: srotolando la nostra ipotetica fettuccia gigante, noi stabiliamo la distanza tra due galassie e al termine riportiamo la fettuccia a casa e facendo un confronto con una copia della fettuccia rimasta a casa, scopriremo che le due non corrispondono più e che per il fatto stesso di essere stata dislocata su immense distanze la fettuccia utilizzata ha subito lo stesso effetto di “stiramento” cui è andato incontro lo spazio fra le galassie ... La distanza tra le galassie non cambia, ma lo spazio fra di esse aumenta e anche il nostro metro ne risente: quello che è effettivamente variato prende il nome di “fattore di scala” e sta ad indicare un tipo di cambiamento che cambia la natura delle distanze, non le distanze stesse e con le distanze anche la natura della nostra fettuccia. Come se questo non bastasse ciò che succede allo spazio succede anche al tempo, ma per la precisione bisogna considerare che le due cose convergono in un'unica entità detta “spaziotempo”. Ciò significa che l’alterazione di cui abbiamo parlato coinvolge nella stessa misura gli aspetti di questa nuova entità, lo spaziotempo. In questo modo risulta ancora più evidente come al di fuori dell’universo, se considerato infinito come probabilmente è, non vi sia alcunché di praticabile: l’apparente paradosso cosmologico per cui l’universo sia in grado di espandersi pur occupando tutto lo spazio disponibile sempre è da considerare come una conseguenza di una “forma mentis” classica, difficile da superare, se prima non ci si addentri nei principi fondamentali della Relatività Generale. Occorre capire come sia possibile che un universo puntiforme pre-BigBang sia altrettanto infinito quanto l’universo attuale e quanto quelli ancora più “vasti” che verranno ... Ciò che restituisce senso a questo apparente paradosso è il fatto che a variare come contraltare al volume occupato c’è la densità di energia presente nel cosmo: maggiore densità di energia corrisponde ad un minore volume, mentre al diminuire della densità aumenta lo spaziotempo occupato, ovvero il volume.

Quanto mi da fastidio cominciare una lettura e finire per perdermi in un filone di ragionamento del tutto diverso ...




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Adele sta cucinando … Ora si che ho finito di lavorare … Questo profumino non consente la minima concentrazione sul lavoro … Meglio che vada a fare due passi e prendere un po’ d’aria fresca, che stimolerà l’appetito ... Aiutato magari da un bianco di collina ...
Ogni volta che ritorno sui paradossi legati all’idea di infinito, finisco per passare quasi in automatico alla riflessione sulle  sue conseguenze anche pratiche nonché alla relazione che intercorre con l’idea che tutta la conoscenza umana “non sia, in ultima analisi, che il sottoprodotto dell’unica funzione conosciuta col nome di “immaginazione”: LA REALTA’ STESSA NON E’ CHE IMMAGINAZIONE COLLETTIVA ...  Ne consegue che, essendo la scienza tutta nient’altro che lo studio della “realtà fisica”, essa non è altro che uno dei tanti metodi per “immaginare” uno degli aspetti che la realtà possa assumere ... In ultima analisi “pensare” non è altro che “immaginare”, per quanto in una modalità estremamente sofisticata e super ordinata.
Attribuire ai fenomeni una natura oggettiva “speciale”, solo perché il metodo scientifico consenta l’utilizzo di tecnologie superbamente avanzate è fallace, presuntuoso e un po’ patetico: la scienza non ha alcun particolare privilegio in termini di presunta “oggettività”, più di quanto ne abbia una qualsiasi forma di conoscenza, o ricerca del sapere ... La scienza può vantare solo una encomiabile inter-soggettività del proprio metodo, che la rende, allo stesso tempo,democratica e selettiva: ne risulta una metodologia altamente aperta alla critica, pur mantenendosi eccezionalmente severa in termini di qualità. Ciononostante, non esiste ragione per tradurre tale eccelsa qualità di pensiero razionale in una sorta di inesorabile e assolutistica fondazione cosmogonica: il metodo scientifico può legittimamente descrivere l’universo nei minimi dettagli e con tutta l’eleganza matematica possibile, ma non può in nessun modo dimostrare che esso esista ... Non più di un qualsiasi altro racconto mitologico ...




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Il pranzo di Adele è stato superbo ... Mi sto ancora leccando i baffi ... E’ una cuoca sopraffina ... Meglio del marito, che pure gestisce il loro ristorante e cucina benissimo ... In quella coppia c’è da chiedersi, chi prenda per la gola chi ...
Fantastico, ha persino lasciato un sorbetto digestivo nel frigo ... Che donna! ... Uuummm ... Che delizia ...
Vediamo dove sono arrivato ... Ah! ... ecco, c’era poi la faccenda dei sacerdoti egizi ... Com’era la cosa? ...

Un paragone adatto è quello con i sacerdoti egizi e la loro straordinaria “tecnologia” per la “immortalizzazione” dei faraoni: essi conoscevano le più sofisticate metodologie, che la storia avesse visto, per rendere immortali e per millenni (più tempo di quanto la ns. scienza si possa sognare al momento ...), eppure si sbagliavano della grossa !! ... Erano completamente nel pallone, senza neppure averne la minima idea e ceffavano di brutto anche nel consigliare ai faraoni i matrimoni consanguinei (che pure anche la loro tradizione considerava tabù al di fuori dei reali !!!!), decretando così per intere dinastie regali l’estinzione, invece che la vita eterna !!!! ... E magari ... La gente comune, ignorante e credulona, pensa­va che i loro sacerdoti fossero delle vere star e dei sapientoni infallibili (e tutti quelli che se lo potevano permettere imitavano la “moda” dell’imbalsamazione come viatico per la vita eterna ...) ... meno male per coloro che non si sono fidati!! ....

Oggi dovremmo fare lo stesso: NON FIDATEVI! ... NON FIDATEVI! ... NON FIDATEVI! ...

Questo sorbetto! ... Che donna, questa Adele ...





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[*] Il”cervello di Boltzmann” è un'ipotetica entità consapevole di sé, nata a causa di fluttuazioni quantistiche da uno stato di caos. L'idea ha ricevuto il nome del fisico Ludwig Boltzmann, secondo il quale l'universo è in uno stato molto improbabile di non equilibrio e che sia nato da una fluttuazione casuale, ovvero nello stesso modo in cui potrebbero sorgere i cervelli di Boltzmann, poiché solo quando ciò avviene casualmente il cervello può esistere per diventare consapevole dell'universo. L'ipotesi del cervello di Boltzmann viene considerata un paradosso.



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