giovedì 8 aprile 2010

Le verità acquisite ...

Abstract:
Quale sarà la prossima rivoluzione? …
Il computer spintronico? …
Il computer fotonico? …
Il computer a DNA? …
Qualche altro tipo di computer quantistico? …
O forse l’uomo? …

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L’ultima neve ricopriva ancora una parte degli scalini, quella soleggiata mattina di maggio e forse non avrebbe resistito fino a sera, il postino la osservava sbadigliando, mentre continuava a suonare il campanello della tipica casa monofamiliare, in attesa che qualcuno si decidesse ad aprire … Tutte le case erano simili lungo la Raleigh Way, a Portsmouth, dove da pochi mesi Sam era stato assegnato per consegnare la posta. Non riusciva a credere, lui nato e vissuto sempre a Miami, che a maggio inoltrato potesse fare ancora così tanto freddo … Intanto la “matta” continuava a farlo aspettare lì fuori come un salame! Sì, così la chiamava Sam, tra sé e sé, perché si presentava sempre tutta scombinata ad aprire la porta e non l’aveva mai vista in giro per il paese, quasi vivesse rintanata in quella casa … Intanto Sam continuava a premere il campanello più a lungo … Doveva esserci la “matta”, perché l’auto era parcheggiata proprio lì, davanti al box … Sam stava curiosando attraverso il vetro opacizzato, quando la porta si aprì di colpo sbilanciandolo in avanti, quasi addosso alla donna che si era presentata con una vestaglia mezza aperta ed i capelli arruffati …

- Devo considerarlo un approccio focoso o un’aggressione mancata? …
- Mi scusi … Cercavo di capire se c’era qualcuno …
- Mi perdoni Lei … Ero ancora addormentata e ci ho messo un po’ a capire che non era la sveglia …
- Elisa Reston, 239c Raleigh Way, Rockingham County, Portsmouth, New Hampshire 03801, USA?...
- Esatto!
- Deve firmare qui, è una raccomandata del governo! … E c’è anche questa lettera dal Canada …
- Mia figlia piccola vive lì, con la famiglia … A Woodstock, New Brunswick
- Non tanto piccola, immagino …
- No, naturalmente … E’ solo la minore delle due, ma ha già un figlio, anche lei; l’altra, la più grande, si è trasferita a New York, col marito, dove hanno un piccolo studio di grafica pubblicitaria e due figlie …
- Bella famigliola, ma siete un po’ lontani …
- Purtroppo sì, ma, se non altro, è più bello quando poi ci ritroviamo …
- Bene, ecco le sue lettere e arrivederla …
- Buona giornata, Sam …

Elisa si trattenne qualche secondo sulla porta, assaporando il calore del sole sul suo viso …

- Non ti vergogni Elisa? … Stai dando scandalo! …
- Oh! Betty … Mi sono appena alzata, per aprire al postino …
- Non hai freddo? …
- Adesso un po’ sì … Puoi venire un momento dentro? … Ti faccio un caffè e ti devo parlare …
- Tra qualche minuto, Elisa, vado a spegnere il fornello …
- Bene …

Poco dopo Betty suonò alla porta ed Elisa si affrettò ad aprirle, poi le due donne si accomodarono nell’ampia cucina davanti a due fumanti tazze di caffè …

- Ho appena ricevuto una lettera da mia figlia Sally, con una foto del mio nipotino scattata su uno dei giochi del parco, guarda che bello …
- Splendido, somiglia un po’ a te … Cosa volevi dirmi, Elisa?
- Sto pensando di andare a trovarli, ma penso di prendermela comoda Betty, voglio farla in auto, lungo la 95, attraversando il Maine, fino al confine col Canada …
- Ma saranno più di trecento miglia, sei matta, ti ci vorrà una vita, mentre in aereo saresti lì in mezz’ora …
- Sono esattamente 316 miglia e voglio proprio metterci una vita, Betty …
- Sei giù, Elisa, vero? … Sei ancora a terra e non vuoi ammetterlo … Senti me, è ora che ti trovi qualcun altro, mia cara, non puoi continuare a torturarti così … Sei ancora abbastanza giovane e desiderabile per trovarti qualcuno … E poi una vedova benestante, può permettersi di scegliere …
- Dai, Betty … Non è questione di trovare qualcuno, ma di trovare me stessa … O meglio, quella parte di me, che ho perso con Matthew e non solo … C’è anche una parte di lui, che ancora vaga dentro di me e mi si ripresenta sempre davanti …
- Mia madre è rimasta vedova anche più giovane di te, ma si è quasi subito risposata e non per questo significa che amasse di meno mio padre, anzi … Mi ripeteva sempre che era morta anche lei con lui e che ora stava vivendo un'altra vita, perché lui non avrebbe voluto vederla soffrire e mi diceva che con mio padre si erano promessi proprio questo, quando si erano sposati …
- Forse ha ragione tua madre, forse avrei dovuto “morire” in quel momento anch’io e così avrei potuto ricominciare con quello che fosse rimasto di me … Ma ormai è troppo tardi e devo affrontare questa cosa e da sola e ci vorrà tempo … Perciò voglio fare questo viaggio, con la scusa di andare da Sally, mettendoci tutto il tempo che mi serve per cercare dentro di me quello che posso e voglio fare del resto della mia vita, mi capisci Betty? …
- Non lo so, cara, ma se tu senti questo bisogno, fai bene a seguire il tuo istinto. Posso esserti utile in qualche modo? …
- Dovresti badare alla casa e dare un po’ d’acqua al giardino, un paio di volte alla settimana, vuoi? …
- Ma certo, vai tranquilla, ci sono qui io … E per qualsiasi evenienza ho il tuo cellulare …
- Grazie, così potrò trascorrere questo periodo senza preoccupazioni, concentrandomi sui miei casini …
- Dai un bacio anche per me al tuo bellissimo nipotino …

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La Maine Turnpike, ovvero l’autostrada 95, è un’interminabile dirittura che partendo da Portsmouth, in New Hampshire e attraversando il confine interstatale col Maine, percorre quest’ultimo per la sua intera lunghezza, terminando al confine col Canada, a pochi chilometri dalla Città di Woodstock, nello stato del New Brunswick, niente a che vedere col famoso concerto dei tempi della cultura hippy … Percorrere la “95” è una esperienza magnifica, così immersi totalmente nelle foreste immense del Maine … Questo fu immediatamente evidente ad Elisa, già dopo pochi minuti di viaggio, nella sua comoda Cherokee, alta abbastanza da permettere una perfetta visuale sopra i guardrail … Nessun abitato è visibile dal tracciato, ed ogni raro svincolo deve essere percorso per miglia prima di uscire dalla selvaggia vegetazione per raggiungere il centro abitato ed anche questo fatto va tenuto in conto viaggiando per non rischiare di rimanere a secco … Elisa stava giusto riflettendo su questo aspetto e su dove avrebbe dovuto uscire per rifornirsi di carburante … Ma continuava a ritornare sui suoi calcoli e poi distrarsi nuovamente su tanti altri rivoli di pensieri … Questo balletto andò avanti per un po’ nella sua testa, finché la preoccupazione di poter rimanere a secco la spinse ad anticipare comunque l’uscita verso la prima città che avesse incontrato …
Millinocket era un posto che non aveva mai sentito nominare prima, ma per Elisa bastava che ci fosse un distributore ed un bar, perché un caffè, dopo quasi metà strada, era proprio necessario. Elisa approfittò della sosta per magiare qualcosa di appetitoso, che il gentile barista le aveva proposto dal menu e si intrattenne a chiacchierare con lui, visto che, come le disse egli stesso, non aveva gran che da fare in quel momento … Gli chiese se per riprendere la “95” avrebbe dovuto ripercorre tutta la strada fatta per arrivare lì, o se ci fosse un modo di tagliare verso nord … Secondo l’uomo la via migliore era percorrere qualche miglio sulle strade locali, verso il paesino di Grindstone e poi Stacyville, dove avrebbe trovato lo svincolo per rientrare sull’autostrada, ma bisognava stare un pochino attenti alle varie deviazioni … Avrebbe goduto di un paesaggio meraviglioso, che costeggiava la Riserva Naturale del Parco Baxter, con la possibilità di incontrare qualche alce vagante ed altre simpatiche bestiole … Elisa si fece convincere e, uscendo dal locale, imboccò la strada che portava verso Grindstone …
Si innamorò subito i quei posti e ringraziò mentalmente il barista per averla così ben consigliata. C’era una tale varietà di colori da non riuscire a vederli tutti, a meno di non rallentare, cosa che fece, per osservarne ogni sfumatura … La strada era decisamente meno larga del normale e questo dava ancor più il senso di essere nel vivo del bosco; ogni tanto credeva di vedere del movimento nei cespugli al bordo della strada e dei rumori, come se qualcuno stesse passando di là … Poi da distante cominciò a notare qualcosa sul percorso e, mano a mano che si avvicinava, capì che era proprio un alce, come le aveva detto il solerte oste … Ebbe un po’ di paura nel passare l’animale, paura di ferirlo s’intende, ma quello non sembrò turbato e si fermò ad osservare la jeep, che passava lentissimamente, limitandosi a stendere il muso per annusare e poi fece uno strano ghigno, con la sua mobile bocca e se ne andò, scrollando i suoi poliforcuti palchi …
Elisa riprese la marcia e la sua mente ricominciò a vagare, fra lo stupore per quelle meraviglie e qualche riflessione sul senso della sua vita solitaria … Forse Betty aveva ragione e l’unico modo di scacciare quei pensieri era trovarsi un compagno, con cui dividere esperienze come questa, senza ragionare troppo …
In quello strano stato di grazia, in mezzo a quelle meraviglie, Elisa non stava pensando alle cose pratiche, come cartelli o deviazioni, credeva che bastasse genericamente dirigersi a nord e prima o poi avrebbe incontrato i paesini previsti, così aveva detto l’uomo del bar … Ad un certo punto vide una deviazione verso la foresta, era uno sterrato, ma la cosa curiosa era la cassetta delle lettere posta su di un piolo ai lati del percorso, c’era un nome scritto sulla bandierina alzata, ma non fece in tempo a leggerlo … Chissà chi poteva vivere da quelle parti, così lontano da tutto … Quella sì che era solitudine! …
Fu quando cominciò a farsi scuro che Elisa iniziò a dubitare di aver seguito il percorso giusto e questo le fece fare l’errore di voltarsi istintivamente, per vedere dove fosse e ciò la portò fuori strada …
Nonostante le quattro ruote motrici, la scarsa pratica di Elisa le impedì di uscire dal pantano in cui era finita, ma il vero terrore l’assalì quando si accorse che il suo telefono non aveva campo … Era davvero nei guai e non aveva idea di quale direzione prendere per cercare aiuto e si stava anche facendo buio … Le venne in mente la cassetta delle lettere e quella strada sterrata che probabilmente portava ad una abitazione in uso, visto che c’era della posta … Fu così che si decise a tentare di raggiungere quella casa e provare a telefonare per un carro attrezzi …
Stava ormai camminando da un pezzo e si faceva sempre più buio ed Elisa sentiva crescere l’apprensione ed il timore di perdersi definitivamente … Faceva ormai fatica ad avanzare ed era tentata di tornare indietro per potersi almeno rifugiare in auto per la notte, ma proprio mentre meditava quell’idea credette di vedere una luce in lontananza; luce che era poi scomparsa e dopo qualche passo la rivide, doveva essere lontana, ma bastò a convincerla a proseguire … Ci volle ancora parecchio tempo e tanta fatica, ma alla fine ebbe la certezza che si trattava di una casa abitata e questo le diede la forza di percorrere quell’ultimo tratto in salita fino a raggiungere la staccionata. Oltrepassò il piccolo cancello in legno e si avvicinò alla veranda da dove si riusciva a vedere del movimento attraverso le finestre. Non c’era un campanello in vista, così Elisa provò a bussare alla porta e poi si lasciò cadere su una delle poltroncine lì intorno …

- Chi c’è là fuori? … Chi è? …
- Mi chiamo Elisa Reston … Avrei bisogno del suo aiuto, la prego … Ho la macchina in panne giù in strada ed il mio telefono non prende … Sia gentile, mi apra e mi faccia telefonare … Sono esausta, non ce la faccio più a stare in piedi …
- Ma cosa fa da questa parti a quest’ora? …
- Oh, grazie al cielo! … Grazie per avermi aperto, scusi se non mi alzo, ma sono a pezzi … Ho fatto tutta la strada sterrata a piedi al buio e non mi sento più le gambe … Piacere, Elisa …
- Will … Ehm, sono William Kingdom Jr., ma cosa fa da queste parti ed a quest’ora poi? …
- La mia jeep è in panne, non sono riuscita ad uscire da un fosso ed il mio telefono non prende, avrei dovuto riprendere la “95” all’altezza di Stacyville, ma devo aver sbagliato a qualche bivio … Dove sono esattamente? …
- Qui siamo ben lontano, questa zona fa parte della Riserva del Parco Baxter …
- Lei è il custode? …
- Non esattamente, questa casa era di mio nonno, che l’ha costruita prima che fosse istituita la riserva ed abbiamo mantenuto il diritto a starci, però qui non c’è alcun tipo di servizio … La luce che vede è fornita da un generatore elettrogeno privato e non c’è telefono … Comunque ho un impianto radio per le emergenze, anche se a quest’ora dubito che qualcuno sia in ascolto …
- Pensa di potermi aiutare in qualche modo? …
- Potrei portarla con il mio fuoristrada, ma a quest’ora non otterrebbe granché … Forse le conviene fermarsi qui per la notte e domani le do un passaggio al più vicino garage …
- Se non è troppo disturbo, gradirei dormire e rimandare tutto a domani.
- Bene, le faccio vedere la camera degli ospiti, venga con me, se ce la fa …
- Sì, adesso mi sono un po’ ripresa, grazie …

Elisa venne accompagnata alla sua camera e appena fu sola si mise addosso una coperta e cadde addormentata nel più totale degli oblii …

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La mattina dopo Elisa fu svegliata dalla luce che penetrava dalle persiane semiaperte e subito dopo dal profumo di caffè proveniente dalla cucina. Scendendo le scale fu salutata da Will che le proponeva una colazione sommaria a base di uova e bacon …

- Grazie Will, mi dispiace di crearti tanto disturbo …
- Non preoccuparti .. Temo invece che ti dovrai accontentare delle mie scarse doti culinarie …
- Mangerò volentieri qualcosa, con la fame arretrata che ho; poi ti prego di contattare il soccorso stradale, per recuperare la mia jeep …
- Temo che ci siamo entrambi distratti, Elisa …
- In che senso?
- Oggi è domenica, nessuno verrà in tuo soccorso fino a domani, ma se hai fretta di scappare, ti accompagnerò a Stacyville, dove potrai decidere cosa fare …
- Accidenti hai ragione, mi ero completamente dimenticata della festività. Non si tratta di avere fretta, ma non voglio scombussolare i tuoi piani …
- Me li scombussoleresti, se ti dovessi accompagnare oggi, perché domani invece dovrei andarci in ogni caso …
- Resto se mi permetti di cucinare per te, in cambio, per sdebitarmi … Sono una cuoca passabile, sai? …
- Non ne dubito, ma qui c’è solo roba surgelata a disposizione …
- Vedrò di arrangiarmi …
- Allora siamo d’accordo, ti porterò un po’ in giro per la riserva, se ti fa piacere … Devo fare un giro di ispezione, nella mia veste di guardaparco …
- Ne sarò felice …

Poco dopo i due si avviarono sul fuoristrada col simbolo del Parco Baxter verso le piste sterrate all’interno della vasta riserva …

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Will guidava lentamente, illustrando le bellezze che, via, via si presentavano loro. Elisa era estasiata da tanta bellezza ed ascoltava in silenzio, un silenzio che caratterizzava anche quel luogo, in una stagione in cui ancora non erano presenti i turisti, che invece lei aveva sempre trovato in occasione delle sue precedenti visite, per altro avvenute tutte in giovane età. Ora temeva quasi di turbare quella naturale tranquillità, intercalata dai suoni di una gran varietà di fauna volatile e dalle concise ed efficaci indicazioni del suo ospite … Ad un tratto Will si interruppe, fermò il mezzo e le appoggiò una mano sulla spalla, indicando con l’altra una piccola radura a lato della strada … Elisa si concentrò cercando di seguire l’indicazione e, solo dopo una accurata ricognizione, riuscì ad individuare il piccolo animale, immobile, che sembrava fissarli … Will le disse che si trattava di una martora e le spiegò come fosse un animale difficile da trovare durante la stagione turistica, a causa della sua timidezza, che la spinge a cacciare dopo il tramonto e prevalentemente arrampicandosi sugli alberi in cerca dei nidi, dove trova le uova di cui è ghiotta; raramente Will ne aveva viste alcune, più intraprendenti, dare la caccia, in pieno giorno, a qualche roditore e persino a lepri e conigli … Elisa ascoltava affascinata quelle spiegazioni, ma spesso si perdeva nelle proprie riflessioni …

- Che ne pensi? … Elisa … Elisa! …
- Oh, scusami … Ero soprappensiero … Che dicevi? …
- Da qui possiamo vedere la cima innevata del Monte Katahdin, la nostra cima record …
- E’ meravigliosa … E’ una vista mozzafiato … Ma cos’è questo posto? …
- Crandall's Hardware?... E’ il locale fornitore di attrezzature varie, chiuso in questo periodo ed io faccio un favore al proprietario, passando a dare una controllata …
- Tu … Come dire … Non senti il peso della solitudine, stando qui, senza contatti o quasi …
- Si, ma meno di quando stavo in mezzo alla folla di città, con mia moglie …
- E’ una battuta? …
- Non proprio … Non è stato un matrimonio azzeccato e presto mi sono sentito in gabbia e da solo, con l’unico desiderio di correre e non fermarmi più …
- Al contrario di me, allora … Io, da quando ho perso Matthew, non so più chi sono …
- Vieni, ho le chiavi del locale, c’è un distributore … Ti offro un caffè …

Poco dopo, i due si accomodarono al sole, sui gradini del “general store”, con le loro fumanti tazze di caffè, continuando a raccontarsi aneddoti di vita vissuta …

- Io, per tutta la mia vita, ho visto in Matthew la realizzazione di ogni mio desiderio: l’amore, la famiglia, il piacere e la felicità … Non chiedevo altro alla vita se non di continuare così fino alla fine e … Mi sono sentita tradita dalla vita per la sua prematura scomparsa … Forse per questo faccio fatica a capire il tuo punto di vista, scusami …
- E di ché? … Non siamo mica tutti ugualmente fortunati …
- Che vuoi dire? …
- Che tu hai avuto una gran fortuna iniziale, ma anche che la fortuna di oggi può preludere alla fine della medesima … Prima o poi, malauguratamente, ma anche inevitabilmente … Non credi? …
- Se così è lo trovo ingiusto …
- La penseresti così, se fossi stata inizialmente sfortunata? …
- Vuoi dire che chi ha sfortuna si augura che prima o poi finisca, mentre chi ha fortuna vorrebbe che non finisse ma?
- Una specie …
- Non basterebbe che fossimo tutti fortunati, sempre …
- Vorresti un mondo fatto di sole pianure, senza il minimo dislivello? … E pensi che un mondo siffatto funzionerebbe?
- Non saprei e non m’importa, sinceramente …
- Questo, lo posso capire …
- Will … Non può consolarmi il fatto che il mondo abbia le sue regole, sebbene lo capisca razionalmente, non mi fa stare meglio neanche un po’ …
- E’ un passo avanti …
- Che vuoi dire? …
- Per quel poco che vale la mia esperienza e le cose che ho imparato, soprattutto da mio nonno e dai suoi metodi di lavoro, per affrontare la sofferenza …
- Cos’era tuo nonno? …
- E’ stato uno psicologo clinico per gran parte della sua vita ed ha scritto molto su come affrontare le nevrosi da stress ed altre problematiche individuali, che si sviluppano nell’uomo contemporaneo …
- Uno psichiatra, insomma? …
- Sarebbe un po’ riduttivo, definirlo così; preferisco evitare le definizioni nel suo caso, anche in vista del fatto, che le sue battaglie contro l’establishment medico lo hanno portato ad una prematura morte, nel più totale degli ostracismi … Sebbene abbia cominciato la sua carriera curando pazienti psichiatrici, nel corso degli anni, ha sviluppato varie tecniche terapeutiche che lo hanno spinto sempre più verso una visione complessiva dell’individuo, oggi diremmo olistica, e dei suoi rapporti con la società in cui, volente o nolente, si trova a dover vivere …
- Detto in parole povere? …
- Siamo tutti, chi più chi meno, chi prima chi poi, forzatamente dei disadattati di fronte alla struttura sociale in cui oggi ci troviamo a vivere e l’unico modo per cavarsela, a lungo andare, richiede, innanzitutto, la consapevolezza del proprio stato contingente ed in conseguenza la scelta funzionalmente più accettabile …
- E’ un po’ ermetico, detto così, non credi? …
- Scusa, cercherò di spiegarmi … Nell’antichità la struttura sociale era concepita per ingabbiare l’individuo e nello stesso tempo lo proteggeva da se stesso: i suoi problemi erano tutti rivolti alla lotta per la sopravvivenza e per il primato nella propria comunità. Oggi, l’individuo gode di un apparente ampio spettro di libertà, che in realtà sono solo frutto di un disfacimento delle norme del vivere in comune … Tutto questo non da alcuna libertà al singolo ed invece lo priva di quei riferimenti che in passato costituivano le certezze basilari del vivere sociale … Ovviamente erano anche una gabbia, ma una gabbia preziosa e indispensabile, in qualche misura …
- Dove vuoi arrivare? …
- Uno dei miti più sopravvalutati dei nostri tempi e l’idea di “libertà” e la lotta per conquistarla … Se è vero, come è vero, che questa lotta è un fatto positivo per chi ne è, ingiustamente, privato, tuttavia, spesso, la cosa peggiore che possa capitare è proprio di acquisirla … Vale il famoso detto: “non desiderare toppo una cosa … potresti ottenerla!” …
- In che senso la libertà può essere un fatto negativo? …
- Non la libertà in generale, ma la troppa libertà … Quello può diventare un problema, specialmente a livello individuale …
- Come è mai possibile regolamentarla?
- Non si può! … Ecco perché una volta ottenuta, non c’è modo di tornare indietro …
- Non ti seguo …
- Finché stiamo dentro la gabbia, ci viene da pensare che le sbarre siano la causa della nostra “prigionia”, ma una volta usciti, anche se poi vi rientriamo, avremo per sempre la consapevolezza ineluttabile che la “prigione” siamo noi stessi … Che “fuori” cambia solo il tipo di “sbarre”, ma presto o tardi, ci si trova di nuovo in gabbia …
- Sono ancora un po’ confusa …
- Per farti un esempio, ai tempi di mio nonno, si discuteva molto sul fatto che, la psicoterapia, non portasse mai ad una guarigione definitiva, anche dopo la scomparsa dei sintomi principali, il disagio dei pazienti continuava, tra alti e bassi … In alcuni casi, queste persone si riversavano completamente in attività nuove ed inusitate per loro, perdendo interesse per ciò che li aveva interessati in passato … In seguito molte scuole psicanalitiche si sono evolute in forme di supporto terapeutico, sempre meno approfondite e sempre più “cronicizzate” … Era la rinuncia istituzionale a risolvere il problema, a vantaggio del medico, di fronte alla natura “stressogena” della vita media nelle società contemporanee …
- Tu stai cercando di dirmi qualcosa, senza puntare il dito, ma così temo che continuerò a non capire di che si tratta …
- Io non sono medico e non posso rivolgermi ad un singolo in quella veste, posso solo parlare in generale …
- Fai conto di parlare di un’altra persona …
- Non sempre, chi crede di star bene, sta bene e, viceversa, non sempre, chi crede di star male, sta male … Esistono, ovviamente casi oggettivi e indiscutibili, ma per la maggior parte di noi, si tratta solo di stati d’animo, di percezioni autosuggestionate … Stare bene o stare male, a livello psicologico, è sempre un fatto opinabile … Diciamo che, se stare bene significa sentirsi esaltati da circostanze eccessivamente favorevoli, prima o poi, necessariamente, questo stato finirà, provocando un corrispondente “mancanza”, ovvero depressione, di quella sensazione … Il punto sta nel modo in cui viviamo questo nuovo momento: sapere se preferiamo il mare agitato, con onde altissime e incavi altrettanto profondi, ovvero una calma piatta senza la minima sensazione di alti e bassi … Il guaio nasce quando non abbiamo consapevolezza della naturale logica di questi fatti. Quanto più grande è la gioia tanto peggio staremo al momento, ineluttabile ed imprevedibile, in cui essa avrà termine … Ma naturalmente, va ricordato, che spesso ne vale tutta la pena! E ciò nondimeno, niente, che sappiamo, ci sottrarrà al “ventre” che, logicamente e necessariamente, segue ad ogni “cresta” …
- Come mai tutto questo, che pure credo di capire ed anche forse condividere, non mi aiuta per niente? …
- L’analisi è sempre, solo, la premessa …
- Esiste una cura? …
- Non che io sappia …
- Ma come? …
- A meno che tu non voglia una “pillola”, nel qual caso puoi rivolgerti ad un buon medico …
- Che stai cercando di dirmi, Will? …
- Che un bel ricordo è una fortuna, che non tutti hanno …

Will tentò di sorseggiare la sua bevanda, ma con un verso la schifò e, prendendo anche la tazza di un’Elisa pensierosa e silente, rientrò nel locale per spillare altro caffè …
Nel consegnarle la tazza fumante, lo sguardo dei due si incrociò e rimase, insistito, per qualche tempo, senza che sembrasse necessario dire qualcosa … Entrambi soffiavano sul vapore che saliva lento dai loro bicchieri di carta ed entrambi, presto, dovettero cambiare mano per non scottarsi … Sorso dopo sorso, sguardo dopo sguardo … Varie volte Elisa sembrò decisa a rompere il silenzio, ma si limitò a prendere fiato, per poi soffiare via ancora, quella tenue nebbiolina profumata …
Il sole si stava alzando ed invadeva l’ampia radura, scaldando piacevolmente i due ed anche qualche coraggioso scoiattolo, che con aria indifferente, curiosava alla ricerca di possibile cibo occasionale …
Will interruppe quello strano silenzio, suggerendo di avviarsi per il resto della ricognizione, che richiedeva ancora parecchio tempo … Mentre il fuoristrada riprendeva la pista all’interno della foresta, Elisa sembrò uscire da una lunga meditazione sul modo per porre la domanda …

- Ma insomma, tuo nonno era del mestiere, mi hai detto, cosa faceva per curare i suoi pazienti? … Non si sarà limitato a fargli un bel discorsetto sui dispiaceri del mondo …
- Lui, si limitava a risolvere i problemi invalidanti di origine psicogena, ma per il resto non ha mai creduto alla psicoterapia come panacea di tutti i mali e, verso la fine, cercava di indirizzare le persone a comprendere se stesse ed il mondo per quello che sono … O, meglio sarebbe dire, per quello che “fanno” …
- Come sarebbe, per quello che fanno? …
- Secondo lui, il significato delle cose del mondo e di noi stessi va ricercato nella loro “funzione”, in ciò per cui sono adatte, in ciò che fanno, insomma, per loro natura … Non serve andare al di là, alla ricerca di misteri, o giustificazioni esoteriche, o magari trascendenti … Questo non vuol dire negare queste cose, vuol dire semplicemente che non serve! …
- Cosa intendi, dicendo che non serve? … Servire a cosa? …
- Non serve a star meglio … Se è questo che cerchi … Può servire ad altro , ma non a star meglio …
- Avrei detto il contrario …
- Forse dipende da cosa ognuno intende per “stare meglio” … Se si intende il mantenimento di uno “status quo” implicito, ovvero il lento e laborioso procedere, attraverso le diverse fasi del proprio percorso individuale …
- Cosa significa “status quo” implicito? …
- Sono quelle verità acquisite, su noi stessi e sul mondo, che non siamo disposti a mettere in discussione, né con noi stessi, né tantomeno con gli altri …
- Per esempio? …
- Non credo ce ne siano …
- Ma che mi dici …
- Esistono solo casi singoli, nessuno dei quali fungerebbe da esempio per gli altri …
- Cosa è che mi fa star male? …
- Non posso farlo, lo sai …
- Per ipotesi …
- Forse la realtà non è mai stata come te la immaginavi e forse questo, oggi, la rende ancor più insopportabile … Questo accade spesso anche a quei giovani che vivono la loro infanzia e prima gioventù in un ambiente troppo protettivo e poi quando si trovano soli ad affrontare il mondo non ce la fanno … Ma dico forse …
- Vuoi suggerire che il mio amore per Matthew e la sua dedizione per me mi avrebbero protetta da molte delle cose più spiacevoli della vita, che oggi, invece, mi ritrovo di fronte tutte insieme, improvvisamente e da sola, e che mi terrorizzano? …
- Questo solo tu puoi saperlo … Chiunque, dall’esterno, potrebbe al massimo intravvederlo …
- Io mi sono, effettivamente, sempre rifugiata, di fronte alle difficoltà, nella forza che mi davano mio marito e le figlie ed ora che tutto questo sembra essersi irrimediabilmente dissolto, non ho più dove nascondermi … Mi sembra che ogni cosa costituisca un ostacolo insormontabile e che nulla possa darmi la forza necessaria ad andare avanti … Ma, se devo essere sincera … Non so nemmeno di che ostacoli si tratti … E’ solo un vuoto, un gran vuoto … Dove prima c’era tutto … Ma questo dovrebbe riguardare un po’ tutti quelli che si ritrovano soli … Anche tu … Come fai fronte tu a questo stato di cose … Mica con le riflessioni sociologiche, né con il ricorso alle spiegazioni logiche, immagino …
- Hai detto bene “far fronte”, che non significa “vincere”, o “risolvere” … Far fronte significa scegliere, ad ogni passo, quale soluzione possa essere migliore per noi e per quel momento, senza illudersi troppo … Illudersi può essere più gratificante, sul momento, e può persino rivelarsi vincente … Basta essere consapevoli che quando trovi la cresta di una grande onda poi …
- Tu, dunque, preferisci la calma piatta? …
- Non necessariamente, c’è tutto un mondo di moti ondosi variabili da poter scegliere …
- Forse questo tuo distacco è reso possibile dalla mancanza di figli, io sto andando a trovare mia figlia e quando sarò là, con lei e coi miei nipoti, so già che vedrò le cose in un modo diverso …
- Indubbiamente …
- Non mi sembri convinto …
- Gli affetti non sono una soluzione, possono essere una ricchezza, ma non una soluzione … Essere ricchi non è una soluzione, essere poveri non è una soluzione … Ma non sono neanche il problema! … Confondere le cose non aiuta, meglio mantenerle distinte … Come già ti ho detto, difficilmente una volta usciti dalla gabbia, si può credere ancora che quella fosse la prigione …
- Stai dicendo che Matthew era la mia gabbia dorata? …
- Lo stai dicendo tu … E poi non è detto che sia da intendere in senso negativo … Il punto è come sopravvivere fuori dalla gabbia, semmai …
- Cosa c’è di così terribile fuori? …
- La solitudine …
- Non credo …
- Allora vuol dire che non sei ancora uscita … Non del tutto! …
- Che stai insinuando …
- C’era una volta un certo David Cooper, che insegnava un suo metodo per curare le nevrosi … Secondo lui il problema era sempre da ricondurre ai rapporti famigliari e la soluzione non poteva darsi a meno di non “risolvere” tutti questi rapporti. Secondo Cooper la mente del paziente doveva paragonarsi ad una stanza in cui gli ospiti erano i suoi famigliari ed i sintomi erano la conseguenza della loro presenza nella stanza … Per considerasi guarito, il paziente doveva accompagnare fuori tutti e quando fosse rimasto solo, tutti i sintomi sarebbero scomparsi … Naturalmente per poter “accompagnare” questi soggetti fuori dalla stanza occorreva sciogliere tutti i nodi emotivi che ve li tenevano forzosamente e contro la volontà del soggetto … La possibilità che qualcuno fosse ancora nella stanza era data dal persistere di uno o più sintomi … Ma che succede al soggetto quando effettivamente, dopo un lungo ed estenuante lavoro analitico-terapeutico, resta solo nella “stanza”? …
- Che succede? … E’ guarito? …
- Se non ha più sintomi, è tecnicamente guarito, ma … Quale sarà il suo stato emotivo, quali saranno i suoi sentimenti parentali … Spesso non ci sono più … Il soggetto dovrà ricominciare da zero a tessere i suoi rapporti, ma si troverà di fronte figure che non hanno seguito lo stesso iter e che riproporranno le stesse modalità di rapporto che hanno precipitato il soggetto nella sua malattia … Egli quindi, se sarà effettivamente giunto ad emanciparsi da quelle problematiche, non vorrà più sottostare a quello stato di cose e finirà per respingere in toto quelle figure … Una situazione non sempre facile da accettare come prezzo per la guarigione … In realtà il soggetto può venirsi a trovare solo nella stanza ed incapace a ripopolarla … E’ un rischio reale! …
- Perché? …
- Perché i sentimenti sono il tessuto stesso della vita e non è affatto facile districarli senza che vengano irrimediabilmente danneggiati … E chi viene emancipato dal loro naturale intreccio si trova spesso a non saper tessere una nuova tela … Quindi a volte può essere meglio non uscire del tutto dalla gabbia … Perché fuori c’è una libertà che non sempre risulta corrispondere alle aspettative …
- E tu? …
- Io cosa? …
- Dai …
- Io sono insofferente da sempre ai legami … Ma per fortuna la mia famiglia non ha fatto troppi danni e, a differenza di mio padre, non ho subito lo stress di dover seguire le orme del nonno … Molto tempo dopo ho riscoperto l’importanza del loro lavoro e mi sono appassionato sia a questo posto, sia al riordino degli scritti che mi hanno lasciato … E così, quando il mio matrimonio è fallito, ho trovato una mia strada, che mai avrei immaginato, per stare bene con me stesso … Abbastanza bene, se non altro …
- Sei giovane però, non ti sarai ritirato, immagino …
- Non ti piacerebbe quello che ho da dire in merito …
- Che ne sai …
- Preferisco pagare di volta in volta …
- Presto o tardi lo faranno anche le donne …
- Se già non lo fanno …
- Ma non trovi che sia squallido? …
- Come in tutte le cose, c’è modo e modo …
- Non credi che ci possa essere la persona giusta per te là fuori? …
- Non lo so … Ma io sono qui! …
- Cosa ti rende così scettico in proposito? …
- Nessuno accetta di buon grado di essere al secondo posto e qui lo sarebbe …
- Cosa ti lega a questa vita, in modo così convinto? …
- Vuoi proprio saperlo? …
- Beh, in fondo, sono un’estranea, ma mi farebbe piacere saperne di più …
- Ora dobbiamo fermarci e fare un bel pezzo a piedi … Al ritorno, se vuoi, ne riparliamo …

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Lungo il tratto a piedi i due incontrarono una gran varietà di fauna selvatica che Elisa si sarebbe volentieri fermata ad osservare, ma Will si muoveva a passo spedito e sembrava deciso a portare a termine tutto il percorso previsto per quella giornata … Incontrarono anche alcuni escursionisti, che riconobbero il guardaparco, egli si fermò con loro a scambiare qualche parola, mentre si accertava che fossero in possesso della dotazione di sicurezza adeguata, accettando amichevolmente il loro caffè … Ad un certo punto furono colti di sorpresa da un violento quanto breve scroscio di pioggia e finirono per raggiungere la jeep completamente zuppi …
Will doveva essere abituato a quel tempo mutevole, perché nel suo portabagagli aveva vestiti di ricambio, non solo per sé, ma anche qualcosa in più che si adattò facilmente a rivestire Elisa di indumenti asciutti …
Risaliti sul mezzo, si avviarono verso casa, entrambi assorti nei propri pensieri, ma Elisa era talmente spossata dallo sforzo, che si addormentò ben presto …
Arrivarono alla villetta quando si faceva buio ed Elisa si risvegliò solo allorché Will le si avvicinò per aprirle la portiera e le chiese se volesse aiutarlo scegliere qualcosa per la cena, dal freezer della rimessa, dove teneva le sue scorte … Lei sembrò frastornata lì per lì, ma poi ricordò la sua promessa di cucinare in cambio dell’ospitalità e i due, scambiandosi battute in proposito, si dedicarono alla scelta del menu per la serata …
Nella cucina di Will, Elisa si stava dando da fare in mezzo a pentole e tegami, quanti lui ne avrebbe usati in un intero mese e la cosa lo divertiva assai e non faceva che sottolinearlo con ironia, mentre Elisa ripeteva che avrebbe cambiato idea una volta a tavola … Ma poi si rivolse a Will seriamente volendo conoscere qualcosa di più su di lui e sua quella sua vita un po’ atipica …

- Da piccolo ho subito il fascino del lavoro originale di mio nonno e credevo che mio padre fosse solo un insegnante di cose altrui, quindi cose che avrei potuto imparare in seguito nella scuola … Non ho mai saputo fino a tempi recenti, quanto originale fosse il suo lavoro, sebbene nell’ambito dell’ortodossia della fisica dei suoi tempi … Ma recuperando quel materiale, in questi anni, ho trovato commenti, a margine di testi correnti, incredibilmente illuminanti e non convenzionali … Il lavoro di mio padre, all’ombra del curioso destino di mio nonno, si sta rivelando una miniera inesauribile di sempre nuove scoperte.
- Vuoi farmi qualche esempio …
- E’ molto difficile estrapolare singoli fatti senza correre il rischio di perdere di vista l’insieme che è poi ciò che conta veramente … Ogni volta che ci ho provato, le persone si sono lasciate prendere la mano dalla metafora, senza riuscire a capire il significato che io intendevo evocare …
- Non vuoi darmi una possibilità?
- Ma certo! … Riflettevo solo ad alta voce … Forse mi sono trovato spesso con persone che non erano veramente interessate a capire, ma solo a dire la loro, o peggio a competere …
- Io invece sono solo curiosa, magari non capirò, ma sarà colpa dei miei limiti e non di altro …
- Sì, lo credo, ovviamente … Come ti dicevo, la storia ha origini lontane ormai e segue molti percorsi con le relative deviazioni, ma quello che conta veramente è il metodo che emerge dal lavoro di questi due miei ispiratori … Se guardo alla scienza odierna, mi accorgo che invece i metodi correnti sono per lo più autoreferenziali …
- Cominciamo male, se usi questi paroloni non so se potrò seguirti …
- Scusa, intendevo dire che l’eccesso di specializzazione, può dare grandi frutti, ma introduce una specie di peccato originale, che mina ogni successivo passaggio … Ma torniamo alla tua richiesta di un esempio, sto cercandone uno adatto … Parliamo per esempio del “cervello di Boltzman” …
- Il cervello di chi? …
- Si tratta di una semplice ipotesi, in base alla quale, ci si domanda se sarebbe possibile per un qualunque individuo capire la differenza tra un mondo reale ed un mondo virtuale. Se il cervello del soggetto invece che essere nel suo cranio e collegato al suo corpo, fosse in una scatola col necessario supporto vitale extracorporeo e collegato ad un computer abbastanza avanzato da essere in grado di fornirgli tutte le informazioni sensoriali necessarie … Questo individuo potrebbe scoprire la differenza e se sì, in base a cosa? …
- E’ disgustoso! … Ma come sarebbe? …
- Questo esempio deriva dai dubbi che la fisica contemporanea si pone circa l’esistenza di un mondo oggettivo al di fuori delle nostre percezioni. Ecco il paradosso è proprio questo: studiando la fisica del mondo che ci circonda, scopriamo che non riusciamo a trovarlo e che le uniche cose che possiamo sapere sono pure rappresentazioni, al punto che non possiamo nemmeno sapere se stiamo vivendo in un mondo reale o all’interno del prodotto di un sofisticato elaboratore elettronico. La fisica non sta trovando il “mondo là fuori” e più lo cerca e meno lo trova …
- Ma io che cosa ho in mano in questo momento, allora? …
- Per quel che ne possiamo sapere noi due, un bicchiere di vino …
- Per quel che ne sappiamo? …
- Se avessimo a disposizione un microscopio sufficientemente potente e provassimo ad ingrandire abbastanza quel bicchiere, ma la cosa vale per tutto, compresi noi stessi … Dicevo, se andassimo alla ricerca di quel bicchiere, per capire di cosa è fatto veramente, ci perderemmo in un inafferrabile vuoto, senza mai trovare alcunché … Quel bicchiere è privo di sostanza ed appare tale solo perché la mano che lo afferra ha le sue stesse caratteristiche di composizione chimica, ma la spiegazione ultima di quelle caratteristiche ci riporterebbe ancora allo stesso inafferrabile vuoto …
- Un altro esempio? …
- Hai mai visto fotografie astronomiche? …
- Quelle di Hubble, le galassie? Sì, le trovo affascinanti …
- Bene, se consideri che quelle immagini, di galassie diciamo, rappresentano per lo più dei dischi luminosi e se poi guardi il cielo e pensi che noi siamo proprio nel mezzo di una di quelle galassie … Viene da chiedersi perché non vediamo la nostra galassia … E la risposta è che vista da vicino una galassia è prevalentemente vuota! … La stelle sono ad enormi distanze fra di loro e nessun essere umano potrebbe idealmente afferrare un “pezzo di galassia” … Solo un’altra galassia può farlo, grazie alla caratteristica comune che le fa interagire e che si chiama “gravità” … Tuttavia non c’è modo di sapere se qualcosa esiste realmente là fuori, o se tutto viene semplicemente così presentato al nostro cervello inscatolato … Questo per quanto riguarda una parte del mondo scientifico, ma paradossalmente un'altra parte ritiene, al contrario, che in un futuro non troppo lontano la nostra mente è destinata a fondersi con i futuri supercomputer …
- Fondersi? …
- Si chiama “singolarità” e c’è chi già si prepara per quel giorno e lo considera un nuovo modo per conseguire l’immortalità …
- Credevo che quella parola avesse a che fare coi buchi neri o qualcosa del genere …
- In origine sì, ma ormai il termine è entrato nell’uso comune è sta, come spesso accade alle parole, assumendo nuovi significati. In questo caso per singolarità si intende il momento in cui il progresso della tecnologia hardware sarà tale da consentire l’emergere di una nuova consapevolezza tecnologica e perciò di una “mente tecnologica”, in grado di accogliere il prossimo passo evolutivo del genere umano, che secondo alcuni è appunto la cosiddetta “trasmigrazione” dalla biologia umana ad una forma di transgenicità ibrida, in cui il meglio delle due “piattaforme” verrà ad essere il supporto vitale per la “mente a venire” …
- A questo punto, ho già il mal di mare …
- Forse corro troppo …
- Aspetta, aspetta … Tu stai dicendo che c’è gente che parla sul serio di queste cose? …
- Assolutamente, so che è stata fondata una università ad hoc, per sviluppare questi studi, in vista di una scadenza che si prevede intorno alla metà del secolo …
- Quale secolo? …
- Questo secolo! …
- Scherzi? …
- Puoi trovare tutto su “Youtube” …
- Lì ci trovi anche i pazzi scatenati …
- Naturalmente …
- Ma se ho seguito il tuo ragionamento, tu volevi dire che c’è qualcosa di sbagliato in tutto questo …
- Non so se è sbagliato, ma so che non mi piace …
- Seguendo il metodo avito? …
- In un certo senso … Nonno prima, e mio padre in seguito, consigliavano di non perdere mai di vista la modalità nella quale ogni cosa o essere funziona … E da ciò coglierne il limite e l’esaltazione …
- Non credo di capire …
- Non credo di farcela con un esempio, questa volta … Temo che dovrò tentare di spiegarmi in modo diretto …
- Speriamo bene! …
- Prendiamo i tuoi frequenti stati depressivi, che poi non sono diversi dai miei o da quelli di chiunque altro … Chi più, chi meno, chi prima e chi poi …
- Prendiamoli, ma tu ne fai un problema generalizzato, non credo che ce ne siano così tanti …
- Ti sbagli! E’ il disagio mentale statisticamente più diffuso nelle società cosiddette “evolute” …
- Non lo sapevo …
- Nessuno sa spiegare perché! …
- Perché cosa? …
- Perché sia quantitativamente al di sopra di tutte le medie statistiche, rispetto alle altre affezioni, in modo esorbitante …
- Disagio, affezione … Perché non chiamarla malattia … Si dice che lo sia, i farmaci li passa l’assicurazione …
- E’ solo un sintomo e come tutti i sintomi è la reazione salutare ad un problema sottostante …
- Questa poi …
- L’uomo è un animale, per quanto “evoluto” ed in quanto tale porta ancora con sé tutte le caratteristiche di questa sua appartenenza …
- Fin qui ci arrivo …
- Per un momento pensa all’animale puro, quello che vive di istinti …
- Va bene …
- Supponi il caso di una lieve ferita durante la fuga da un nemico naturale … Tutte le capacità della bestiola sono concentrate sulla fuga per salvarsi e della ferita neanche se ne accorge, non sente dolore e probabilmente una volta in salvo, il graffio sarà già in via di guarigione … Ma se invece la ferita fosse più grave, diciamo un osso incrinato sull’orlo della rottura …
- Diciamo …
- In questo caso l’animale che continuasse a correre, sempre spinto dall’adrenalina alla veloce fuga, rischierebbe la rottura, magari esposta, dell’osso e quindi un danno irreparabile e magari la morte per dissanguamento …
- Dove vuoi arrivare? …
- L’istinto di quella bestiola la spinge a fuggire perché il suo cervello è invaso dal terrore del predatore che la insegue e quindi nulla la potrebbe fermare dal farsi un danno che la porterebbe comunque alla morte, solo un cambio di strategia sarebbe risolutivo, ma quell’essere non ha una tale capacità, quindi cosa potrebbe salvarlo? …
- Cosa? …
- Il dolore, innanzitutto, che le impedirebbe di insistere sull’arto ferito, diventando insopportabile ad ogni nuovo passo … L’animale sarà dunque costretto a fermarsi, ma ciò non di meno nel suo cervello il terrore per l’inseguitore lo farebbe impazzire, se non sopravvenisse il secondo elemento istintivo salvifico …
- Cosa? …
- La depressione! …
- Cheeee? …
- Il dolore insopportabile provoca sempre una specie di resa, un lasciarsi andare a qualunque destino purché il dolore cessi e poi ad una rassegnazione totale che riporta la quiete nella mente … Una specie di depressione che consente alla bestiola di starsene rintanata e calma fino alla guarigione, senza sentire la voglia o la necessità di muoversi … E’ un’immagine un po’ semplificata forse, ma l’intento è quello di spiegare come possa esserci un lato positivo all’origine del dolore fisico e della depressione, anche se in altre circostanze questi due fenomeni risultano dannosi …
- Ma noi non siamo bestiole inseguite dal predatore …
- Né abbiamo bisogno alcuno della depressione come surrogato della strategia, visto che abbiamo la capacità di valutare consapevolmente quale sia il modo migliore di affrontare un problema …
- Quindi? …
- La nostra consapevolezza è uno strumento recente e noi siamo il prodotto di milioni di anni di evoluzione che ci portiamo come retaggio a tutt’oggi … Quello che ci aggredisce quando siamo depressi è il sintomo di un disagio che ha origini diverse …
- Di quali origini parliamo …
- La società in cui viviamo ci garantisce una ragionevole sicurezza contro i predatori naturali, ammesso che ve ne siano ancora … Tuttavia la mancanza di oggettive minacce e quindi di paure reali ci lascia senza l’oggetto, ma la paura è ancora lì e si trasforma in ansia: sentiamo di essere minacciati senza riuscire ad individuare da cosa … Proprio il fatto di non sapere come difenderci, da una minaccia oscura, può scatenare la depressione e ciò in risposta alla crescente sofferenza psicologica causata dall’ansia e così si innesca un circolo vizioso …
- Ma io, come penso gli altri, non siamo sempre stati depressi …
- Ora ci stiamo allontanando dal punto, però …
- Sì, scusa, ma questo discorso vorrei riprenderlo …
- Quello che mi premeva dire è che la funzione della consapevolezza, ovvero il suo limite e la sua esaltazione stanno proprio nel consentirci di produrre scenari, da cui ricavare strategie per la nostra sopravvivenza individuale e di specie … Ogni tentativo di alterarne tale natura, forzandone i limiti, porta ai paradossi che dicevamo prima, dai quali non si esce …
- Quale scenario batte la depressione? …
- Non si batte … E’ un sintomo, come il raffreddore, una volta che l’hai preso, te lo tieni …
- Prendo gli anti piretici …
- Tanto per fare qualcosa …
- Che vuoi dire? …
- Io invece mi metto a letto dopo un latte e miele e aspetto …
- E con la depressione, che fai? …
- Lo stesso! …
- Mi prendi in giro …
- Un po’ sì, ma solo un po’! …
- Come? …
- Nella vita, come in montagna, non si può andare sempre in discesa e nemmeno sempre in salita …
- Beh? …
- Chiunque può essere soggetto a brevi periodi di depressione, a seguito dei più disparati eventi della vita, ma quando questo tipo di situazione diventa perdurante e quindi assume una forma patologica vuol dire che per l’individuo esiste una situazione di sofferenza nascosta superiore a quella provocata dalla depressione, un problema insomma che non riesce a superare … Ma peggio ancora che non riesce ad affrontare! … Ma peggio ancora, ad un certo punto, che non vuole affrontare …
- Fammi capire …
- Certe volte ogni possibile soluzione ci appare inaccettabile e quindi la depressione finisce per essere il male minore, pur essendo certamente un male! …
- In quel caso? …
- Bisogna crescere …
- Che significa? …
- Fare una scelta, non sempre “popolare” … Accettare come via di uscita una qualche strategia a medio o lungo termine, anche se ci piacerebbe di più averne una a breve o a brevissimo …
- Non vuoi proprio darmi un consiglio …
- Non è il mio mestiere … Ma per la mia esperienza personale è stato così … Potrei sbagliare e non sarebbe giusto coinvolgere altri …
- La tua scelta di vivere qui e così nasce da questo genere di riflessioni? …
- Era una delle possibilità ad un certo punto della mia vita, non l’unica ed inizialmente non fra e le più allettanti …
- Oggi la vedi in modo diverso? …
- La strada in sé non è male, ma essendo un percorso del tutto nuovo, non so se e quando mi porterà da qualche parte …
- Che ne dici se adesso ci mangiamo questa cenetta, parlando di cose più lievi? …
- Gnamm …

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La cena era stata molto apprezzata da Will, che aveva continuato la chiacchierata con la sua ospite, per tutto il tempo, come se niente fosse stato detto in precedenza e divagando del più e del meno con assoluta disinvoltura … Elisa invece, pur assecondando la conversazione, continuava a rimuginare quanto era stato detto e quanto secondo lei poteva ancora esserci da dire … Finita la cena risistemarono la cucina e dopo una breve passeggiata alla brezza serale, decisero che era meglio riposare in vista del la levata mattutina per andare in paese a trovare un carro attrezzi e tutto il resto …
Elisa passò parte della notte ripensare a molte delle cose che si erano detti ed a molte altre che ancora avrebbe voluto sapere … Will restava un mistero per lei, ma per qualche motivo le sembrava trattarsi di qualcosa di diverso dalla semplice curiosità … Infine si addormentò …

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La mattina dopo sia avviarono verso Stacyville e presto giunsero davanti alla jeep di Elisa, e proseguendo oltre, risero sul fatto che si potesse finire impantanati fuoristrada con un fuoristrada …
All’ingresso del paese, Will fu chiamato da qualcuno e si fermò a parlare, Elisa, dapprima distratta, notò che l’uomo indossava un curioso abbigliamento e, senza dare troppo nell’occhio, sbirciò fino a capire che si trattava di un indiano, probabilmente indigeno del luogo, la cosa fu evidente quando intravide la lunga capigliatura nera ed alcuni simboli tribali al collo dell’uomo … Inizialmente non si rese conto del perché non capisse cosa si dicevano, ma poi realizzò che stavano parlando un dialetto indiano … Elisa in passato aveva studiato le usanze delle tribù originarie del Maine e aveva appreso anche qualche parola dei vari gruppi, le parve di capire che a un certo punto si riferissero a lei, quando le arrivò all’orecchio il termine “si-koskw” che significa vedova e poi qualche altra parola, come “pi'-le wa'-sis”, bambino o bebè e anche “me-kwa'-pak”, che vuol dire liquore o vino … Ma la gran parte della discussione le era sfuggita, tuttavia non poteva non incuriosirla il fatto che Will sembrasse così a suo agio con una lingua simile …
Pochi minuti dopo Will depositò Elisa presso il garage del paese e lei non poté fare a meno di chiedergli cosa si fossero detti in quella improbabile lingua … Se non era troppo curiosa …
Will fece una smorfia come per significare che lo era proprio, ma che ci passava sopra e le disse che quell’indiano era una delle attrazioni stagionali del parco e che prima dell’inizio della stagione si sarebbero raggruppati con gli altri per fare un loro rito presso una radura ai piedi del monte Katahdin, seguendo una vecchia tradizione dei loro padri … Elisa gli chiese se sarebbe andato anche lui e Will rispose di no, che lui non era ammesso come bianco ad una cerimonia sacra … Ma Elisa in questo modo lo aveva colto in fallo … Le aveva mentito, lei aveva colto tra le varie altre cose che ci si aspettava che lui Will portasse qualcosa con sé quando si fossero incontrati … Naturalmente Will non era tenuto a dirle alcunché, ma quella piccola bugia aveva risvegliato in Elisa tutti quei dubbi che la assillavano da tempo e quando si furono salutati e ripromessi di mantenere i contatti, lei mandò il meccanico a recuperare la sua auto e rimase in paese in cerca del general store, per fare alcuni acquisti …
Prima di tutto bisognava contattare Sally e tranquillizzarla per il ritardo, spiegandole solo di aver avuto un intoppo con l’auto e che sarebbe arrivata appena riparato il mezzo e la cosa fu semplice, perché in quella zona il cellulare prendeva regolarmente …
Nel negozio Elisa, dopo aver preso un po’ di scorta alimentare, si fece consigliare dal titolare per l’acquisto di un localizzatore GPS ed un piccolo registratore, ci fu un po’ di tira e molla sul prezzo ed infine la spuntò il negoziante, aggiungendo in omaggio un microfono unidirezionale, che secondo lui poteva servire a catturare il suoni della foresta o qualche conversazione lontana …
Più tardi arrivò la sua Cherokee ed il meccanico sogghignante le comunicò che sarebbe bastato posizionarsi su 4WD AUTO ed ingranare la marcia giusta per uscire dal fosso e che comunque le sarebbe costato lo stesso la cifra pattuita … Elisa acconsentì, ma pretese che l’uomo le insegnasse bene come utilizzare il cambio in situazioni simili …

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Una delle parole pronunciate dall’indiano e che Elisa aveva afferrato era “ki'-sa ki'-so”, cioè “Luna Piena” e quella notte sarebbe stata proprio una notte di luna piena, perciò lei si era decisa a scoprire cosa nascondeva Will. Il posto doveva essere ovviamente alle pendici del monte Katahdin e di notte non avrebbe dovuto essere difficile individuare un gruppo di rumorosi indiani intorno ad un fuoco … Questa volta sarebbe stata armata di una mappa dei posti , di un GPS per non perdersi la strada del ritorno e di un registratore per poter ottenere una traduzione accurata quando fosse arrivata a casa di sua figlia, visto che Sally si interessava per lavoro proprio dei costumi e dei dialetti indiani.

Non che la cosa fosse cosi naturale per lei, ma si stava riscoprendo improvvisamente avventuriera e con un misto di paura e di avidità, quando già cominciava a tramontare il sole, Elisa si avviò lungo la pista che portava al monte Katahdin … Col passare del tempo cresceva in lei un senso di eccitazione ed anche un certo timore per l’eventualità di essere scoperta da Will a spiarlo con le ovvie ripercussioni sulla loro bella e recente amicizia … Mentre calava il buio e si intravvedevano i primi raggi di luna Elisa valutava le distanze, aiutandosi col GPS, per non avvicinarsi troppo, rischiando di tradirsi col rumore del motore … Bisognava farsi un tratto a piedi … Per fortuna erano solo due le strade che portavano al punto del probabile raduno, da lati opposti e questo probabilmente escludeva la possibilità di incontrarsi … Elisa si fece coraggio spiluccando un po’ delle sue scorte di cibo mentre ogni genere di rumore intorno a lei congiurava per terrorizzarla … Infine iniziò a vedere la luce tremolante di un fuoco ed i rumori di canti in lontananza e questo le diede un po’ di sollievo e la spinse a proseguire più rilassata fino al bordo della radura …

Quando vide per intero la figura degli indiani intenti nella loro danza ebbe la certezza che si trattasse per lo più di un gruppo di Maliseet originari del Maine, a parte alcuni abbigliati in modo diverso e un po’ nascosto da una donna, anche lei in costume Maliseet, c’era Will … Era proprio lui ed era lì, dunque le aveva nascosto volutamente quella cosa, chissà per quale misterioso motivo, si chiese Elisa … Intanto aveva acceso il suo piccolo registratore e puntato il “magico microfono” e per quanto poteva cercava di afferrare il significato di qualche parola. Will rimaneva fermo al suo posto, mentre gli altri danzavano e cantavano, anche la donna indiana rimaneva al suo posto, ma indaffarata intorno ad uno strano fagotto che Elisa non riusciva a distinguere … Fino a quando “e'-pit”, la donna, non si alzò girandosi verso il fuoco ed Elisa vide chiaramente l’infante che teneva nel suo sacco a spalla … Ecco chi era il bebè di cui avevano parlato quella mattina Will e l’indiano … Da tutto l’insieme Elisa si fece l’idea che la donna ed il piccolo fossero proprio la famiglia del suo misterioso amico …
Elisa era un po’ frastornata da quella scoperta, ma nel frattempo la sua attenzione era stata catturata da alcune parole che riusciva a capire in mezzo alle altre, per esempio: “spûm'-kik”, il mondo futuro, oppure “ûm-kan'-so-skûk”, gli incredibili uomini dei tempi andati … Strano rituale per un gruppo di impiegati di un parco turistico a tema … E Will in quel contesto … Perché se era sposato con una “pil-skwe'-sis”, una giovane indiana, perché nasconderlo? …

Elisa continuò a registrare e ad osservare la scena per qualche tempo, finché non si rese conto che le frasi erano sempre le stesse e così tutto il resto, un continuo ripetersi dello stesso rituale … Allora Elisa lentamente arretrò, per poi riprendere la via della sua auto ed infine, con l’aiuto dei suoi nuovi strumenti, fu presto sulla buona vecchia “95” Turnpike, lanciata verso qualcosa di finalmente famigliare …

La mattina successiva, dopo diverse soste caffè, Elisa era davanti la porta di Sally, che tutta arruffata le aprì e la abbracciò, stringendola e accarezzandola e facendola finalmente sentire nel suo vecchio rassicurante mondo …


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Elisa lasciò passare un paio di giorni, durante i quali si godette il suo nipotino e tutte le lamentele della figlia, prima di recuperare il piccolo registratore e sottoporlo all’esame di Sally … Lei si mise al computer e cominciò, molto professionalmente a sbobinare tutto ciò che sentiva, ritornando spesso indietro per riascoltare qualcosa … Ci volle un po’ per inquadrare la faccenda, ma poi sembrò che avesse imbroccato il passo giusto e, sempre più rapidamente, andò verso la fine dove il rituale era palesemente ripetitivo …
Sally volle sapere come Elisa si fosse procurata quel materiale, ma la volontà della madre si fece strada e impose che ci si occupasse, per prima cosa, di esaminare il testo …

- E’ un tipico rituale sincretico degli indiani, con qualche frase un po’ fuori dell’ordinario, probabilmente presa in prestito da qualche eccentricità new age o simili …
- Sentiamo …
- Si esaltano gli avi di un tempo e le loro virtù eccezionali e si parla degli uomini del futuro che rinunciano alla terra per andare in un mondo che non c’è e cosi il popolo degli uomini, cioè gli stessi Maliseet, erediteranno di nuova la terra degli avi … E poi si ripetono più o meno le stesse cose, con qualche variante e si torna ad esaltare il legame con la terra che solo gli uomini veri sanno capire ed apprezzare, mentre questi non meglio identificati uomini del futuro perderanno se stessi così come hanno perso il loro legame con la terra …
- C’è altro? …
- Non mi pare … La difficoltà è stata un po’ l’approccio, ma poi si è fatto tutto abbastanza chiaro, anche se non è usuale tutto questo parlare degli uomini del futuro, mentre ci si aspetterebbe una contrapposizione con “wa-pe'-yu u-ski'-tap”, l’uomo bianco …
- Forse sono la stessa cosa, se ho capito bene …
- Di che parli … Si può sapere dove hai preso questa roba e perché ti interessa tanto? …
- E’ materiale di una conoscenza recente penso che tornerò per saperne di più alla fine di questa vacanza … Sono affascinata da questo strano gruppo di Maliseet …
- Perché strano? … Sì, insomma … Non è poi così strano … Ciclicamente questi fenomeni si ripetono, sotto qualche nuova variante …
- Chissà, forse questa volta avranno finalmente successo e riconquisteranno la loro terra perduta …
- Ma che diavolo stai dicendo? …
- Credo che tornerò presto a far visita ad un amico, per farmi spiegare meglio questa cosa … Ma credo comunque che abbia a che fare con quel detto … “Chi ha il pane non ha i denti e chi ha i denti non ha il pane …”
- Mamma, non avrai cominciato a bere, spero ….
- No, amore … Tua mamma, non si è data all’alcol, né avrebbe più alcun motivo per farlo … Ha voglia di ricominciare a guardarsi un poco intorno, con occhi nuovi … Si fa per dire …

Sally rimase a lungo perplessa a guardare Elisa, che rigirava fra le mani il suo GPS, sul display l’indicazione ancora visibile del sito ai piedi del monte Katahdin, dove un pugno di “veri uomini” Maliseet, radunati intorno al loro Cerchio Sacro, sapeva che presto avrebbe ereditato di nuovo la custodia della propria terra …






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