sabato 3 ottobre 2015

Riders of the Wisdom Teeth

[Evasioni  tra  “Recherche”  e  Denti del Giudizio]



Abstract: Qualcosa è andato perduto, in questi nostri improbabili tempi: forse la misteriosa saggezza di antiche civiltà perdute; forse il senso profondo di umanità, che credevamo di avere, ormai scemato nell'incerta residualità empatica, che tristemente ci caratterizza; oppure ci siamo sempre illusi e oggi non vediamo altro, in piena luce, che quella triste realtà; fin qui malamente celata, dalla vuota prosopopea dei professionisti del nulla...

E noi, tal quale foglie ... 
«Come generazioni di foglie, lo sono quelle degli uomini.
Le foglie, in parte, il vento ne sparge al suolo,
altre la selva rigogliosa ne genera, nei giorni della primavera:
così le stirpi degli uomini, una ne nasce, un'altra scompare.»
(Omero, IIiade, 6, 146. Lib.trad.)

Blasé Club
Due sono le cose, che rendono la vita accettabile:
”Buona Salute e Cattiva Memoria”
(Notorious beauty)




- Mi ricordo ancora, quelle prime volte sulla spiaggia, in riva al mare, quando accendevamo un fuoco, per grigliare il pesce, appena pescato, insieme ai pescatori locali e condividere con loro quei momenti magici, alle prime luci del giorno, ascoltando i loro discorsi e contribuendo con qualche bottiglia di vino bianco, che ci eravamo portati da casa ... Spesso ci guardavano perplessi, per quella nostra curiosità ed entusiasmo, per quella loro vita dura, per quel loro lavoro e per il modo arzigogolato, con cui tra di noi commentavamo, quelle che per loro erano solo indesiderabili fatiche ...
- E come ti viene in mente questa cosa, proprio adesso? ...
- No, niente ... Pensavo ... Non so come spiegare ... Certe volte mi chiedo, cosa mai pensassero realmente, quelle brave persone, delle nostre fisime intellettuali ...
- Ci consideravano, probabilmente, ragazzotti viziati e con le idee un po’ confuse ...
- Esatto! ... E noi? ... Non ci illudevamo forse, allora, d’essere dei chissà chi, pieni della nostra cultura scolastica e sicuri di saperla lunga sulla vita, di fronte a dei poveri pescatori ignoranti? ... Oggi mi chiedo, chi fosse veramente ignorante in quella situazione e in molte altre, in cui mi sono venuto a trovare, in seguito ...
- E tutto questo, a che cosa ci porta? ...
- Tu hai ancora tutte le certezze di quei tempi, forse? ...
- Non credo proprio ... Ma a che serve recriminare? ... Forse all’epoca ci sbagliavamo e facevamo torto all’intelligenza di quelle brave persona, ma eravamo ragazzi ... E’ così che vanno le cose ... Non è forse vero? ...
- Certo, fa comodo vederla  in questo modo ...
- Calma amico mio! ... Non mi dai dell’ipocrita così, senza una spiegazione ...
- Non inalberarti tanto ... In fondo, ci sono dentro quanto te ... Ed è proprio una spiegazione, ciò che vorrei anch’io ...
- Cosa ti rode? ...
- Noi non siamo colpevoli verso quelle persone, perché come dici tu, eravamo giovani e inesperti, ma oggi cosa siamo? ... Ci troviamo qui a chiederci chi, o che cosa, siamo veramente, proprio come quando eravamo giovani ... E allora? ... Dove sono finite le nostre certezze? ... In cosa ci siamo emancipati? ... Perché io sento, che quella brava gente era meglio di noi allora e lo è tuttora? ... Perché non siamo cresciuti all’altezza delle nostre aspettative ? ...
- Non so quali fossero le tue aspettative, ma io mi son dato da fare e, se pure non abbia fatto miracoli, un po’ delle cose che avevo in mente le ho realizzate ...
- Dici sul serio? ...
- No, non direi ... Ma perché non ti fai un po’ i cazzi tuoi? ...
- Se proprio devo ...
- Il fuoco langue ... Ci serve altra legna ...
- Vado io ...
- Ok ... Intanto, metto su il caffè ...

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La luna alta e piena aiutava nella ricerca, in quella brulla terra desolata, ai confini del deserto. La fioca luce del loro anemico falò lanciava tenui riflessi sulle poche rocce sparse intorno. Qua e là, ciocchi di vecchi rami secchi offrivano ombre rivelatrici all’occhio attento. La ricerca del combustibile sarebbe durata ancora a lungo, se un profumo intenso quanto insolito non avesse risvegliato l’attenzione verso il caldo infuso, che gli borbottava il suo richiamo.
Tornato al bivacco, mentre l’amico gli versava una generosa dose di caffè, si sedette accanto al fuoco, soffiando nella tazza e fissando ipnoticamente la fiamma ...

- Ottimo caffè ...
- Non ti è ancora passata, vero? ...
- Neanche per idea ... Mentre passeggiavo laggiù, fra le rocce e raccoglievo legna e guardavo le stelle, così densamente impacchettate da sembrare infinite, come i granelli di sabbia del deserto, che s’intravvede all’orizzonte ...
- Cosa? ... Ti sentivi piccolo e insignificante? ...
- Anche ... Ma soprattutto tu ... Mi sembravi piccolo e insignificante ...
- Buona questa! ... Se non trovi la risposta, lo sai ... Meglio passare alla prossima domanda ...
- Non sempre esiste, la prossima domanda ... Si arriva ad un punto in cui tutte le domande sono l’ultima ...
- Hai perso interesse nel nostro viaggio? ...
- No, per niente ... Sono cose diverse, ma più ci avviciniamo al nostro obiettivo e più insistente diventa la necessità di comprendere ... Ha tutta l’aria di fottuto circolo vizioso ...
- Non lo è sempre? ...
- Buono questo caffè! ... Anche se me lo dico da solo ... Io non sono così sicuro, che alla fine ci sia qualcosa da comprendere ... Non è per questo che siamo qui? ...
- In un certo senso è vero, se avessimo ancora qualche certezza, dovremmo essere altrove, a mettere in atto qualche progetto, o qualche distrazione ... E tuttavia io non sono disposto ad arrendermi, finché avrò respiro ...
- Non è meglio goderseli, questi ultimi momenti ...
- Lo vorrei anch’io, ma non è così facile opporsi alla propria natura ...
- A chi lo dici ...
- Ti mancano le tue conquiste ...
- Da tempo immemore ...



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Dall’alto, la costellazione di satelliti vegliava costantemente sulle vite di questi due personaggi, così come su quelle di ogni altro essere vivente del pianeta. Il tanto sospirato computer quantistico, entrato in funzione come server globale, da poco più di ventinove anni, era sempre in operosa veglia: ogni destino, e quello di tutti, era nelle sue mani. La programmazione dell’intera società, nonché di ogni singola vita, era, da alcuni anni, la sua funzione primaria e persino nel più sperduto angolo di deserto, nessuno era mai veramente da solo ...  Con rare, apparenti e residuali, eccezioni, praticamente in via di estinzione e ormai relegate in enclave circoscritte e ben guardate ...
Una società siffatta non può permettersi eccezioni (degne di tale nome), esse sono infatti l’anticamera dell’anarchia: il mondo, nato con l’avvento di una tale sistema informatico, si era presto adeguato alle rigide regole imposte dalla logica formale, cui esso era associato: tutti hanno una chance di vita, ma entro precise regole e confini. Così anche i nostri due “eroi” avevano dovuto adeguarsi al dettato costituzionale in tema di “fine vita”: tutti coloro che raggiungono i quarant’anni, avranno cinque anni di tempo per pianificare in proprio, o tramite l’ente previdenziale, le modalità della loro dipartita. Nessuno può superare la durata massima di quarantacinque anni di vita, onde poter preservare le risorse del pianeta per le generazioni a venire e garantire un minimo di “decenza” alla vita di tutti quelli che ne abbiano titolo.
La gran parte della popolazione optava per i servizi di fine vita offerti dall’ente previdenziale, in quanto ciò consentiva di trascorrere gli ultimi cinque anni senza impegni di lavoro e con alcune gratifiche assai appetibili ... Ma c’era una parte non esigua di soggetti desiderosi di un certo grado di avventura e di rischio, nella fase finale della loro vita ed a questi individui il sistema concedeva una chance – ma solo una – di andare alla ricerca di una morte gloriosa, o comunque più “onorevole” ... Proprio a questa schiera, appartenevano le nostre conoscenze: essi avevano deciso di avventurarsi nel deserto, verso le cime di una catena montuosa, quasi insuperabile, nella speranza di andare incontro alla morte a viso aperto, sfidando la grande mietitrice e le paure, che essa incute nei più ...
Essi erano consci di aver goduto, negli ultimi anni, del credito che tale scelta prevedeva e che se avessero fallito e fossero tornati indietro, essi sarebbero stati immediatamente “instradati” nel percorso istituzionale, cui fino a quel momento si erano sottratti: la loro era una “gita” senza ritorno; erano “morituri” senza armi, se non per il loro auspicabile coraggio ...
Ogni cittadino di questo mondo evoluto, ecologico, pacificato, standardizzato, pianificato, era, fin dalla nascita, munito di apposito “nano-marcatore”, impiantato permanentemente nel midollo osseo,  e perciò stesso sempre rintracciabile via satellite; in modo da non potersi sottrarre in alcun modo alla localizzazione da parte del sistema centrale.
Nei primi anni, dopo l’approvazione del controllo globale, si erano verificate proteste, anche violente, in varie parti del mondo, circa la natura liberticida di un tale sistema e in special modo sulla liceità della forzata imposizione di un principio assolutistico, come il “fine vita di stato”. Tuttavia, l’alternativa che si era presentata negli anni precedenti era chiara: guerre permanenti e senza quartiere fra gli epigoni dei vecchi stati nazionali, per l’approvvigionamento delle misere risorse di un pianeta morente ... Una “pax et bonum” limitata, ma anche garantita nel tempo, era pur sempre meglio di una morte, per fame, o per violenza, costantemente in agguato: la popolazione ne aveva fatto le spese per molti anni ed era ormai giunta allo stremo, quando si era optato per quella drastica ristrutturazione sociale. Non era stato un cambiamento repentino, né privo di contrasti, di mezzi ripensamenti e passi indietro, di distinguo e di secessioni ... Eppure nel corso degli anni, i risultati ottenuti, nel bene e nel male, secondo i punti di vista, si erano rivelati l’unica via per garantire un po’ di equilibrio sociale e qualche briciola di speranza, per le future generazioni. Alcune aree geopolitiche si erano mosse con decisione su quella strada, mentre altre si erano accodate con riluttanza, quando i rapporti economici di forza lo avevano reso necessario e col tempo le principali neo-formate nazioni avevano imposto una nuova globalizzazione, secondo le linee guida che ispiravano la cosiddetta “società normata”: un eufemismo per descrivere la “nuova” politica di “controllo della durata di vita”, entrata gradualmente in vigore nel corso di diversi anni, per poi giungere, in base alle esperienze fatte, all’attuale “durata standard”, per ogni individuo correttamente generato, entro i parametri eugenetici previsti per legge.
Col tempo, tale stato di cose era apparso, per quanto sgradevole, l’unico sistema “ecologico” di gestire una popolazione mondiale vicina ormai ai quindici miliardi di individui e ancora in crescita. Uccidere la gente in guerra (prassi consolidata nei secoli precedenti) non sembrava una soluzione migliore; né si era mai addivenuti ad un controllo delle nascite minimamente efficace. Per qualche ragione, ignota ai più, l’introduzione dell’eutanasia di stato aveva funzionato e aveva consentito, paradossalmente, una qualità di vita, per gli anni loro concessi, migliore di quanto la popolazione avesse conosciuto per decenni in precedenza ...
All’ombra di questa riedizione del grande fratello, due qualunque, i nostri, fra i molti avventurieri dell’ultima spiaggia, erano giunti quasi ai confini fra il brullo deserto e alle falde delle prime montagne; un confine ideale tra l’estrema possibilità di rinunciare e tornare indietro e l’inizio della parte più impervia del loro tragitto; un tratto da cui sarebbe stato sempre più difficile ritrovare la via di casa e che perciò stesso aumentava in essi l’ansia e la preoccupazione per quello che sarebbe potuto succedere, da quel momento in poi, ad ogni passo ...


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Nei giorni successivi, la salita dapprima dolce, persino gradevole, aveva lasciato il passo ad uno sforzo sempre più duro e quel sudore che qualche giorno prima grondava dalle loro fronti, aveva preso a congelarsi, come buffe stalattiti sulle punte dei peli dei loro volti: sulle barbe, sui baffi e persino sulle loro sopracciglia e ciglia ... Entrambi avevano smesso di scherzare da un pezzo e il silenzio si era lentamente insinuato tra loro. Parlavano solo se lo richiedeva il superamento di qualche ostacolo, oppure la preparazione del necessario per i pasti, o per la notte ... Sembrava che alla voglia di discorrere si fosse sostituita una implicita rassegnazione, una pigrizia mentale ... E ognuno rimuginava i propri pensieri tra sé e sé ... Ma una differenza tra loro appariva sempre più evidente: uno di loro era sempre più debole e faticava a tenere il ritmo dell’altro; tentando, inizialmente, di nasconderlo aveva finito per peggiorare le cose, per ridursi a non avere più nemmeno la lucidità per evitare gli ostacoli e, dopo qualche incidente  di poco conto, le cose erano rapidamente peggiorate e per entrambi era stato evidente di non poter più procedere insieme ...

- Senti, fermiamoci qui, ci accampiamo e cerchiamo di recuperare le forze e non appena ti sentirai di nuovo in gamba, ripartiremo insieme ... Abbiamo iniziato così e così dobbiamo andare fino in fondo ... Nessuno ci corre dietro, dico bene? ...
- Non credo proprio, io sono arrivato al capolinea, amico mio ...
- Ma che dici, quale capolinea, non fare il melodrammatico ...
- Non sto scherzando, io da qui non credo che mi muoverò ...
- Cosa te lo fa dire, questo? ...
- Ho un dolore al petto e faccio fatica a respirare e questo va avanti da parecchio ... Non vedo più tanto bene e riposare non cambierà le cose ... Credo che dovrai lasciarmi qui se vuoi proseguire e, per dirtela tutta, io lo preferirei ... Te ne sarei grato, davvero ... Tu sai per quale motivo siamo qui ... Non puoi pensare che moriremo nello stesso momento, sarebbe assai improbabile e quindi se tu puoi farcela ancora, preferirei che andassi avanti ... Io ho già il mio da fare a tirare il fiato finché ci riesco ... Di camminare non se ne parla proprio ...
- Ma proprio perché non ho alcun appuntamento, posso stare qui tutto il tempo che voglio ...
- A fare che, a compatirmi? ... Abbiamo lanciato una sfida, non so bene a chi, o a cosa ... Tu puoi ancora tentare la tua impresa, perché dovresti rinunciare ... A me non resta che tirare le cuoia ... Ma forse capisco, finalmente, il senso della tua proterva insistenza per lanciarci in questa avventura ...
- E sarebbe? ...
- Io non avrei mai pensato di fare questa patetica fine, ma a pensarci bene è meno peggio di finire i miei giorni in un letto di ospedale con una flebo che mi uccidesse, perché non io trovo il coraggio di farlo ... E’ sì una fine ingloriosa, ma non mi dispiace di aver fatto tutta questa inutile strada, sai? ... Ho vissuto, prigioniero di una città, in cerca di chissà cosa, lamentandomi per delle fesserie, arrabbiandomi, cercando di conquistarmi cose di cui non m’importava nulla, attaccandomi a soddisfazioni surrogate, che non placavano mai le mie ansie ... Oggi, non sto perdendo niente, è la fine di qualcosa per la quale non provo rimpianti. E’ come quando intraprendi un viaggio e, dopo un certo tempo, arrivi dove eri diretto; è lì che dovevi andare e ora ci sei e il viaggio è finito ... Ci saranno altre cose, ma questa non c’è più ... Fine della storia ... Ecco, la mia vita non c’è più, fine della storia ... Se ci sarà dell’altro ... Si vedrà ...
- Sei diventato un dannato filosofo, o cosa? ...
- O cosa! ...
- Vuoi sul serio, che ti abbandoni come un sacco di patate, in mezzo al nulla? ...
- Non come un sacco di patate, ma come uno che è arrivato dove anche tu stai andando, ma prima di te ... E’ meglio che te ne fai una ragione, amico”! ... Presto o tardi toccherà a te ... E se non sarà la stessa cosa, l’esito sarà lo stesso ... Ma non te ne farei una colpa, se questa mia sorte ti spingesse a tornare sui tuoi passi ...
- Neanche a dirlo! ... Anzi, lo vedi il satellitare? ... Guarda che fine gli faccio fare ...
- No, pazzo! ... Che hai fatto? ... Ora, se ne avessi bisogno, non potrai chiedere aiuto ...
- Aiuto per cosa, dopo averti portato a questo punto, pensi che avrei il coraggio di scappare ...
- Tutti abbiamo il diritto di scoprire l’acqua calda ...
- E questo cosa accidenti vorrebbe dire? ...
- Non ci arrivi? ... Hai mai visto cose nuove sotto il sole? ... Tutti quanti non facciamo che scoprire cose già scoperte migliaia di volte prima di noi, da chi ci ha preceduto ... Eppure tutti siamo alla disperata ricerca di rivivere quelle cose, quelle esperienze, quelle situazioni, quegli atti, quelle emozioni ... Tutti, se potessimo, prolungheremmo le nostre vite, per rivivere momenti già vissuti e perfino vorremmo rinascere, per avere ancora vita per ripercorrere momenti, che nella nostra memoria non sono mai durati abbastanza ... E che cosa significa tutto questo per te? ...
- Dimmelo tu ...
- Significa che quei momenti non valgono gran ché, se devi provarli e riprovarli, come se dovessi memorizzare i personaggi di una cattiva commedia, per farli ciononostante tuoi ... Qualcosa di veramente importante, come l’ultimo respiro, non prevede alcuna replica ...
- Amico! ... Amico! ... Amico mio ...

Quelle furono le ultime parole fra i due, ad essere pronunciate.

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Affranto del repentino decesso del suo amico e compagno, egli si rese finalmente conto di quanto diversa la realtà fosse rispetto a tutte le sue elucubrazioni passate ... Ad un tratto, si sentiva svuotato, sconfitto e privo di forze ... Non avrebbe voluto più muoversi ... Non capiva come avesse potuto far questo al suo amico e, nel contempo, realizzava, che erano lì proprio per quello ...
Era da un tempo infinito seduto accanto al suo amico inerte, perso nei pensieri, riflettendo sulle ultime parole sentite e che lo avevano fatto trasecolare ... Non se le sarebbe aspettate proprio dal quel dubbioso, insicuro e conformista del suo socio: parole che avrebbe dovuto pensare da sé e che pure lo avevano colto di sorpresa e che ora gli frullavano insistentemente in testa ...
Quante volte aveva sfidato la morte gettandosi in imprese al limite della follia, per sentire l’adrenalina esplodergli nel petto ... Quanto di quei momenti era un vero desiderio di morte, mascherato a semplice spirito avventuroso ... Quante volte, scendendo in un fragile gommone era venuto giù dalle rapide di qualche furioso fiume montano si era trovato a schivare la morte veramente per un pelo, a causa di affioramenti rocciosi a “pelo” d’acqua ... E poi convincersi che quelle imprese fossero la prova di uno spirito sportivo sano e vitale ... Tutte quelle esperienze avevano in comune la ripetizione, il desiderio di nuove sfide, sempre più estreme ... Erano tutte ugualmente voraci ricerche di vita vera, o velati e inconsapevoli  echi di una pulsione di morte? ....  Eppure ci doveva essere altro ancora, in quelle ultime parole, che ora acquisivano profondità, nella riflessione più distaccata ... Ora che aveva trovato la forza di rialzasi, di coprire il volto del caro amico e di riprendere il cammino, lungo il crinale, verso la prossima cima e, fortuna permettendo, forse anche giù verso la vallata successiva ...

Tante le volte in cui avevano discusso di argomenti seri, ma in alcune occasioni, il gusto per la battuta pronta e la provocazione, l’avevano spinto a dare risposte sbrigative alle osservazioni dubbiose del suo accompagnatore ... Ora alcune di quelle gli tornavano alla mente e si rivelavano meno banali di quanto, all’epoca gli fossero apparse ... Egli aveva tentato di fargli notare come molti eventi, nella vita di ognuno, non sarebbero mai accaduti, se non si fossero verificate circostanze talmente speciali e così improbabili da sembrare impensabili ... Eppure accadevano e, scavando a fondo, secondo lui, tali episodi potevano essere individuati in una quantità smisurata di casi ... Al punto da chiedersi cosa mai ci fosse di “normale” nelle nostre vite ... Ricordava di aver fatto qualche battuta delle sue, pensando che l’amico stesse solo tentando ci cambiar discorso ... E invece no, forse stava contribuendo con riflessioni profonde, che allora mi sfuggivano, alla nostra discussione ...
Ora ricordo come mi avesse fatto notare che alcuni comportamenti, apparentemente avventati per non dire disperati, sembravano portare a risultati persino migliori di quelli sperati da chi li avesse messi in atto e come questo a lui apparisse incomprensibile, privo di logica e, in qualche misura iniquo ... Diceva più o meno: “ ... e che senso si potrebbe dare alla nostra vita, se tirando una monetina ad ogni passo, le chance di ottenere ciò che si vuole fossero a nostro favore? ...”
Stava forse cercando di dirmi, velatamente, che noi consideriamo la sicurezza come un valore, ma che in realtà così facendo ci illudiamo soltanto, che cadiamo in una trappola inconscia non diversa da quella che subisce chi s’imbarchi in quelle imprese assurdamente pericolose dandogli però un nome eufemistico, per illudersi con ciò di fare cosa almeno apparentemente logica? ... Quella volta dopo il mio commento banale, egli aveva continuato, suggerendo che la vita che vivevamo era “sottosopra” ... Quanto sarebbe stato meglio saper “...cogliere l’indeterminato, che pure si delinea vagamente negli eventi non pianificati, mentre si nasconde subdolamente in quelli pianificati ...” ... Come ho fatto a scherzare s una cosa simile? ... Mi stava dicendo qualcosa di tremendo, a ripensarci bene ... Egli capiva a fondo, ciò che io percepivo istintivamente e che mi faceva agire con apparente sprezzo del pericolo ... Ero io il conformista inconsapevole, in verità, non lui ... Come ho potuto perdermi quei momenti? ... Quando avrei potuto interagire e aiutare lui e me stesso a scavare ancora più a fondo, nei meandri divaganti della nostra fin troppo incognita mente ...
Non c’è destino nelle nostre vite ma solo paura ... E per vincere tale paura imperscrutabile abbiamo un bisogno disperato di paure più abbordabili, ognuno a modo proprio e con limiti propri, ma tutti in egual misura ...
Il luogo delle riflessioni sul nostro tempo non può essere mai a noi noto ... Siamo tutti ugualmente “appesi” ...


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Le tracce del suo passaggio si perdevano ormai lungo il pendio nevoso ma non lontano si intravvedeva il limitare della linea innevata e ancora più in basso il terreno umido di neve sciolta ... Forse un luogo diverso ... Forse un tempo diverso ...



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