domenica 29 novembre 2009

Reality Hunter

Una impresa di pulizia ce la doveva mettere tutta per sistemare quel caos. Il gruppo in questione non sapeva decidere da cosa cominciare, quando un finto maggiordomo petulante arrivò dando ordini di qua e di là. Coraggio rimettete in piedi i mobili recuperate tutto ciò che si trova per terra ed accertatevi che non faccia parte dell’arredamento o suppellettili varie il resto nei bidoni, nel dubbio chiedete a me … forza, forza, non abbiamo tutto il giorno! C’è da preparare la festa di stasera …
Come, si chiedevano alcuni degli operai, questi hanno appena finito la festa di ieri e già sono in cantiere per la prossima? Bella la vita, per qualcuno, da queste parti …
Chi sono esattamente? Industriali? E quando si industriano, se sono sempre dietro a festeggiare? Ma mica lavorano loro, questi fanno lavorare gli altri e tanti, ma tanti. Fanno quelle cose in miniatura, ma molto, molto piccole, quasi invisibili. Le chiamano nano cose … siiii, nano cose … Ma cheddici? Nano cosa? Beh, nano qualcosa insomma, ma sono segrete, perché ci sono spie, si dice, che cercano di scoprire quello che loro hanno inventato.
- Aah! Ehi, senta signor coso, maggiordomo, qui c’è un cadavere.
- Oh, santo cielo, ma che mi dice? Dove lo vede un cadavere, lei?
- Qui, sotto questo divano rovesciato, c’è uno disteso per terra.
- Oh, santo cielo! Ma che dice, quello è il padrone di casa, presto mi aiuti a sollevarlo. Su forza , andiamo, portiamolo al piano di sopra, su, su, su, mi aiuti, coraggio giovanotto, si dia da fare …
Il “cadavere” fu svestito e messo a letto dal maggiordomo, che tirò le tende ed uscì, richiudendosi la porta alle spalle.
Dopo qualche ora di intenso lavoro, il salone cominciava a dare segni di una possibile guarigione e verso metà pomeriggio si poteva dire in convalescenza. La festa in programma era, ora, sulla via di riuscire.
Il padrone di casa, nel scendere le scale quella sera, aveva un’aria meno cadaverica di quando era stato portato su quel mattino, ma dentro di se nutriva ancora qualche dubbio sull’argomento, forse a causa dei postumi terrificanti che lo avvolgevano. Ciononostante riuscì a farcela fino in fondo alle scale e a mescolarsi ai primi ospiti arrivati, sperando di passare inosservato.
Presto ne arrivarono molti altri, venne aperto un buffet freddo ed il bar e tutti erano impegnati nell’uno o nell’altro. Nessuno sentì la mancanza dell’ospite della serata, che sperava di farla franca il più a lungo possibile, mentre le aspirine prese facevano effetto.
Ogni tanto, qualche voce stridula echeggiava: “dov’è il padrone di casa, dov’è?”
Ma presto si distraeva con qualcos’altro e nessuno ci ripensava su.
Il tanto sfuggente padrone di casa era un, vergognosamente ricco, industriale, magnate della microelettronica e dei più sofisticati centri di ricerca per le nanotecnologie applicate. Se stava fermo, guadagnava miliardi, se appena si muoveva faceva cifre fuori scala! Ma quando prendeva l’iniziativa sul serio, allora i soldi non erano più la cosa principale, ci voleva una sfida, ogni volta una sfida più estrema, alla ricerca di un limite impossibile.
Quella sera, la festa non lo interessava e, dopo aver schivato ogni possibile incontro, finì per rifugiarsi nella dependance in fondo al suo immenso parco. Da quel silenzio, appena velato dal suono dell’orchestra in lontananza, sperava di ricavare un riposo che fino a quel momento non aveva trovato.
Fu svegliato da una voce conosciuta, ma che lì per lì non poteva inquadrare.
- Vecchio amico, Andry ti ricordi di me? Perché stai qui da solo? Non piace la festa?
- Evgheni? Tu sei Evgheni, ho ragione?
- Si, naturalmente Evgheni, tuo amico, mi fa piacere tu ricordi …
- Cosa ti porta, da queste parti, Evgheni?
- Io venuto trovare te, amico! Io qui per turismo, io venuto trovare amico Andry, io saputo di tuo successo, di tua fortuna, io venuto a chiedere prestito!
- Tutti i soldi che vuoi, amico Evgheni, ciò che è mio …. è tuo, accomodati!
- Io sicuro te dire così, io sicuro, mio amico generoso e si ricorda suo passato e suoi amici veri. Ma io non voglio tuoi soldi, io poco, poco meno ricco di te, ma molto ricco anch’io, no bisogno, tanto petrolio, che mi esce da orecchi e da culo …
- Vecchio Evgheni, sempre il solito burlone, quanto mi manca quel tempo trascorso insieme con le pezze al culo, ora guardati grande e grosso con i “pozzi” al culo …
- Anche tu spiritoso, buontempone e maledettissimo donnaiolo, tu fatto tanti centri, tuo golf trova buca ad ogni tiro?
- Si, certamente, vorrai mica che qualcuna si lamenti, se appena si guarda intorno …
- Tu conosci la vita! Sono sicuro, ma tu godi la vita? Dimmi verità.
- Sempre meno amico, sempre meno; a te non posso certo mentire, tu mi leggi negli occhi e nel cuore, tu sai chi sono e non ti posso nascondere niente.
- Tu dimmi, Andry, tua famiglia, perché tu hai famiglia, vero?
- No, niente famiglia, amico mio, non era la mia strada ed ora non ci credo nemmeno più …
- E tu, Evgheni, la tua famiglia?
- Io oggi non più, mia moglie non più viva, io solo con tutte pollastre che voglio, ma nessuna come il mio amore andato, nessuna mai … noi niente figli, niente fortuna!
- Siamo due ricchissimi poveracci amico mio, due disperati di lusso, che ne dici?
- Tu ragione, come sempre, amico Andry … io pensato tante volte a te, oggi mia gioia di trovare te!
- Evgheni , ti ricordi quando andavamo a caccia? Ti piaceva, quando andavamo dietro ai cinghiali e all’improvviso quelli si voltavano e ti prendeva il terrore di essere aggredito da loro e quante volte si sbagliava la mira e si doveva correre come disperati, ti ricordi amico?
- Certo io ricordo, mi piaceva di più quando mira giusta e cinghiale morto! E poi salsicce e salami.
- Già, l’unica cosa per sentirsi vivi è uccidere, che strana la vita …
- Cosa triste che dici ora, ma vera, forse pensando bene hai ragione, io sento che questa cosa vera e non so se mi piace questo pensiero.
- Io ho, in cassaforte, una tecnologia nuova, molto riservata, amico mio e da, molto tempo, rifletto su questa cosa, senza mai decidere, ma prima poi la decisione prenderà me.
- Tu serio, molto serio, adesso, tu preoccupa me. Ma se vuoi parlare io ascolto e poi tengo per me. Tu libera tuo cuore di questo peso e forse tua decisione verrà e tu sta meglio che adesso.
- Sono sicuro che tu sei l’unica persona per questo compito, ma non voglio scaricati addosso un peso che spetta a me portare.
- Io ascolto, se tu vuoi parla, se non vuoi non parla e noi sta qui in silenzio e fumare sigaro …
- Evgheni, noi possiamo inserire nel corpo umano un po’ di tutto sotto forma di minuscoli, ma infinitamente sofisticati apparecchi, con essi possiamo veicolare farmaci oppure macchine. Questo è quello che comunemente si conosce della nanotecnologia, ma noi siamo avanti con le ricerche di anni e anni rispetto a quanto viene reso pubblico.
- Questo è bene o questo è male?
- Entrambe le cose, amico mio, entrambe le cose, come sempre.
- Io ho molti prototipi segreti che possono essere impiegati nei modi più diversi. In mezzo a tutte queste tecnologie però, ne ho sviluppata una in particolare in grado di raggiungere il cervello col flusso sanguigno e stazionare dove noi vogliamo. Da quel momento la personalità dell’individuo, può essere influenzata in telemetria …
- Che significa questa parola?
- Telemetria? Come telecomandare, come le automobiline, capisci?
- Tu puoi telecomandare persona? Dici vero?
- Si è possibile, con qualche limitazione ma è possibile ….
- Questa cosa terribile! Ma stesso tempo …
- Che vuoi dire?
- Tu sa che voglio dire …
- Non voglio saperlo!
- Ma tu sa!
- Si, maledizione, si che lo so. Qualcuno lo farà prima o poi e se non sarò io, sarà qualcun altro, ma ormai la strada è aperta.
- Tu pensa di produrre e vendere questo?
- Farei un’altra fortuna di cui non ho alcun bisogno! Ho già tutte le richieste che voglio: ho fatto trapelare la notizia e ciò è bastato per ricevere offerte impensabili, solo per cedere l’esclusiva e mantenere la cosa circoscritta. C’è chi ha le idee chiare su come impiegare questa cosa.
- Tu puoi dire me o sono troppo indiscreto?
- Non sei indiscreto, ma mi domando cosa penserai di me dopo?
- Io non giudica te, perché io non vuole essere giudicato, non farei buone riuscita!
- Grande amico mio, quello che questa gente vorrebbe organizzare, grazie al mio “nanochip” è un torneo, un macabro “reality” di caccia all’uomo, teleguidato dai vari detentori dei chip, che si sfiderebbero nel mondo reale, dopo aver selezionato ed “impiantato” ignare vittime, con qualche inganno.
- Tuo peso adesso capisco, non facile da portare, ma forse tu ha scelta?
- No, non c’è più scelta possibile. Io ho chiuso il puzzle prima degli altri, ma tutti pezzi sono ormai a disposizione e chi vuole questa cosa, troverà la strada, in un modo o nell’altro.
- Tu sa chi vuole questa cosa, amico mio?
- Si, è gente come noi, Evgheni, proprio come noi, con tanti soldi e poche prospettive. Forse siamo noi, io e te in un modo o nell’altro.
- Io capisco cosa dici, noi non meglio di loro, per giudicare …
- Già, Evgheni! Come dici tu: noi non meglio di loro.
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Spazio, ultima frontiera …

La missione su Marte è prevista in due fasi, due spedizioni in sequenza. La prima porterà sul pianeta il laboratorio chimico e la seconda, dopo vari mesi, la seguirà col modulo residenziale e l’equipaggio, che si fermerà per un anno sul pianeta. Il primo modulo automatico, arrivato su Marte, inizierà autonomamente a produrre l’energia per la sopravvivenza ed il combustibile per il ritorno: l’ossigeno e l’idrogeno saranno estratti dal ghiaccio presente sul pianeta stesso.
La prima partenza è prevista per domani e sarà sul pianeta rosso tra sei mesi circa; otto mesi più tardi partirà l’equipaggio con la seconda missione che arriverà su Marte quando il modulo automatico avrà già prodotto il combustibile sufficiente per un eventuale ritorno anticipato, ovvero l’ossigeno per gran parte della sosta prevista.
Qui Daniel Sebastian, per la KNN, da Huston, vi da appuntamento a domani sera per assistere al lift-off.
Daniel segnala al tecnico di tagliare il collegamento e, consegnato il microfono, richiama a sé il P.R. della NASA. Senta, detto fra noi, quanto è il rischio di questa missione per l’equipaggio?
L’uomo storce il volto in una smorfia eloquente e solo dopo essere stato rassicurato che la cosa rimarrà tra loro, risponde a Daniel con una espressione sconsolata, affermando che le chances sono meno di quelle che, più di mezzo secolo prima, avevano avuto quelli dell’Apollo 11, che erano già assai scarse. Tuttavia tutto quanto era umanamente possibile fare, per rendere sicuro il viaggio, era stato fatto e la quota di rischio era quella ineliminabile da un’impresa mai tentata prima e immensamente complessa.

Ellen, dalla regia, a stento tratteneva un ghigno cinico, strizzando l'occhio al suo assistente, che, scuotendo la testa, spingeva un paio di cursori e si sdraiava sulla poltrona, allungando le sue interminabili gambe e sovrapponendo gli enormi piedi, formato valigia ...

- “Daniel, mi senti?” Era Ellen, che lo chiamava sull’auricolare. “Daniel, fallo parlare ancora, ma adesso sposta la discussione, su quella tale Jane, la o il Comandante della missione che dir si voglia. Mi serve un po’ di pepe su questa storia, dobbiamo usarla come trama di riserva per l’approfondimento in seconda serata: il materiale scarseggia …”
- “Si, si … Caro Ezechiele, Le piacerebbe partecipare al nostro talk show del venerdì, in prima serata? Sa, ci piacerebbe approfondire i rapporti, un po’ burrascosi a quanto pare, tra le due agenzie spaziali … E se fosse nostro ospite, cosa potrebbe dirci in via ufficiale e cosa le piacerebbe svelarci, in via ufficiosa? Le prometto di farle trovare in trasmissione alcuni volti molto noti dello spettacolo, anzi se vuole farmi qualche nome, fra quelli che più la stimolano … vedrò cosa posso fare. In cambio le chiedo qualche anticipazione super riservata, da cucinare in salsa piccante … eh? Che mi dice, Ezechiele, possiamo continuare il discorso al bar della base, se vuoi …”
- “Ehm, io veramente, non saprei … “ Ezechiele si sentiva come Titti nei pensieri del gatto Silvestro, tuttavia non voleva perdersi i vantaggi di giocare a … chi gestisce meglio chi … un gioco al quale un P.R. di professione non poteva sottrarsi, alla lunga, senza perdere terreno. “Ok, però ti avverto, se giochi sporco con me, ti faccio perdere il passi e ti scateno contro i mastini della sicurezza ogni volta che mostri il naso da queste parti …”
- “Si, certo come no! Guarda tremo di paura al solo pensiero. Ma ora dimmi, la conosci questa Jane? Come sarebbe … voglio dire, cosa sarebbe … ehm, sai cosa voglio dire! Dai dimmi cosa ne pensi tu di tutta la faccenda, si insomma questa fesseria degli “intergender”, questi Europei così pomposi su questioni che il mondo non potrà accettare chissà ancora per quanti decenni a venire. Dimmi la tua, Ezechiele! Dimmi tutto quello che non diresti mai davanti ad un microfono, caro Ezy …
Ezechiele voleva giocarsi le sue carte, correndo qualche rischio, se necessario, che comunque non sarebbe stato evitabile, dovendo trattare con quelle sanguisughe mediatiche. Del resto il malumore dell’Agenzia Americana doveva filtrare in qualche modo, anche se non era previsto alcun dissenso ufficiale. Così fece il suo discorso a Daniel, fingendosi sedotto delle sue profferte ed accettando il gioco dei malintesi e delle mezze frasi, a intercalare con il di cui protocollare. La storia è in questi termini, caro Danny …
Jane, il comandante della missione su Marte è il primo “intergender” a raggiungere un grado così elevato nell’EUAF (ndr. European Union AirForce, i.e.: Aviazione Unione Europea ). La polemica nasce perché la legge europea che istituisce, formalmente in tutta l’Unione, l’”intergender” è recentissima ed è passata in mezzo a mille polemiche e contrasti, ma, cosa più problematica, non è ancora in vigore nulla del genere negli USA, che tuttavia, hanno dovuto accettare l’assegnazione del comando della missione ad un individuo di un “genere” non inquadrabile nei ranghi militari attuali USA, che forniscono gli equipaggi alla NASA.
Gli “intergender” Europei godono di alcuni privilegi speciali (terzo genere/non definito/autodefinito), associati a maggiori doveri per quanto riguarda la disciplina di pubblica sicurezza, ma per il resto le loro carriere devono essere valutate con la massima trasparenza, onde evitare discriminazioni, già viste in passato, in relazione alle identità sessuali. Ma per gli americani è stata una pillola indigesta e fu denunciata come una forzatura della “vecchia” Europa, per imporre oltreoceano i propri modelli culturali. Alla fine è prevalso il “sentimento” e, visto che gli europei finanziavano il 50% dell’impresa ed avevano un solo membro nell’equipaggio, faceva gioco, dissero le malelingue, che ve ne fosse uno per ogni sesso ….
- “Danny, nulla di quello che hai sentito è stato pronunciato dalle mie labbra, siamo d’accordo?” così terminava la lunga “confidenza” di Ezy a Danny.
- “Ellen? Hai registrato tutto? … Ricevo una convinta conferma nel mio auricolare, vuoi che te lo passi per sentire da te?
- “Iena! Guai a te se mi metti in mezzo! Lo sai che noi possiamo raggiungere chiunque ed in qualunque luogo, non troverai rifugio alcuno, ti staremo col fiato sul collo, fino a che non sarai finito.” Ezechiele sembrava crederci nel dirlo, in fondo era … vox populi!
- “Ezy, ti prometto che non passerai guai per causa nostra, ma adesso andiamoci a bere qualcosa, vuoi?”
- “Ti hanno mai detto, Danny, che hai occhi turchesi, da Circasso?”
- “Ezy, ti hanno mai detto, va a dar via il ….lo ?”
- “Si, ma mi sono sempre rifiutato, Danny bello ….”
Ellen si era divertita per tutta la durata di quella farsa, alla fine poi si era alzata e, con una finta mossa di lotta, aveva stretto il collo del gigante Cyrus, assistente alla regia e suo fratello acquisito. "Finisci tu! Vado a sdraiarmi un poco nel caravan, se non chiudo subito gli occhi finisce che vado a sbattere. Amore, se telefona mio marito, digli che ci si ferma in post-produzione fino a lavoro ultimato. Anzi, se tu non ne hai voglia me la posso vedere da sola, prenditi pure la serata. Ciao, ciao, fratellino, piccino, carino, sonnellino, sonnellino … "
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La tempesta di sabbia cominciava a perdere forza e il pericolo che la sua "copertura" finisse presto era concreto, Anip decise di rientrare subito al riparo della base sotterranea ...
Il “millepiedi” correva veloce sul terreno accidentato adattandosi attivamente al profilo imprevedibile del deserto marziano, in lontananza rapide si avvicinavano le guglie imponenti di uno dei tanti crateri antichi, così caratteristici di quel paesaggio arido e monocromatico. Anip sapeva che ad attenderla all’approdo c’era il comandante supremo in persona, l’anziano Esor, già da tempo in viaggio attraverso la rete sotterranea di trasporto e proveniente dal centro di controllo e comando di Alba Patera (come la chiamano i “terrestri”), molto più a sud di Arcadia Planitia, dove Anip aveva scorrazzato per tutti quei giorni in perlustrazione.
La veloce vettura si avvicinava rapidamente alla ripida parete di roccia e quasi si aveva l’impressione che a quella velocità avrebbe finito per schiantarsi contro di essa, ma proprio nell’istante di un possibile impatto, con una impercettibile vibrazione il mezzo attraversava il falso ostacolo olografico e penetrava all’interno del vano sotterraneo. Immediatamente dopo una vera porta di pietra si richiudeva, ripristinando all’esterno l’impenetrabile parete.
Al rientro era necessario seguire un'attenta procedura per eliminare la rossa polvere che ricopriva ogni cosa e si infiltrava ovunque. Una volta eseguita questa procedura era possibile entrare in un ambiente più interno con una atmosfera condizionata dove Anip e gli altri potevano togliersi i supporti vitali usati all’esterno.
Esor si avvicinava in lontananza, proprio mentre Anip si stava rifocillando e forniva il suo rapporto alla responsabile capoposto, per ottenere la necessaria manutenzione delle sue attrezzature e la turnazione del personale.
- “Esor! Sono onorata che tu sia venuto personalmente a raccogliere il mio rapporto.”
- “Amica Anip, questi sono gli unici spostamenti che mi sono concessi, all’interno e mai all’esterno dove le mie forze non sono più all’altezza. Come hai trovato il sito?”
- “Tutto secondo le previsioni. Il mezzo terrestre è qui ed è già in funzione secondo i loro piani. Ciò significa, che all’arrivo della prossima missione, avranno le risorse necessarie per iniziare le esplorazioni. Questo, come sai, non è per noi una minaccia immediata, data la distanza del loro sito dalle nostre principali aree di attività. Tuttavia insisto a sostenere che dovremmo scoraggiare da subito questa impresa, prima che si trasformi in una testa di ponte per la possibile invasione di quella civiltà aggressiva e violenta. Esor so che tu sei di parere opposto, insieme alla maggioranza del consiglio dei saggi, perciò scusa il mio sfogo …
- “No, no, no! Tu sei il nostro braccio e agisci per nostro conto, nonostante le tue idee e questo ti fa grande nel nostro pensiero: hai diritto a ribadirle e noi il dovere di ricordarle. Seguiremo il nostro progetto in attesa delle reazioni dei “terricoli”, poi si vedrà: le tue idee, sono condivise da altri e tutto si può discutere. Torna alle tue attività, io riferirò al consiglio del nostro colloquio.”
Esor era già ripartito verso il quartiere di Alba Patera e Anip si preparava di nuovo all’uscita, non appena fosse calata l’oscurità: nessuna attività veniva effettuata all’esterno senza camuffamenti ovvero con la protezione della notte marziana, nessuno doveva conoscere le vita segreta del loro pianeta.

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L’arrivo della seconda spedizione su Marte era avvenuto senza difficoltà e tutte le operazioni di messa in sicurezza erano state effettuate. Il comandante Jane autorizzò l’uscita sul suolo marziano.
- “E’ in nome dell’intera umanità ed in spirito di pace che questo primo passo viene compiuto.” Così dicendo Jane saltò giù dalla scaletta, toccando per prima il nuovo mondo.
Tutto il team era sbarcato ed il primo atto fu l’alzabandiera, proprio come cinquant’anni prima, solo che questa volta le bandiere erano due …
Mentre il gruppo si dirigeva verso il modulo laboratorio, atterrato otto mesi prima poco lontano e già caratterizzato da una inconfondibile colorazione rosso mattone, nell’interfono una voce colse tutti di sorpresa:
- “Santo cielo! cosa è mai quello? Guardate, guardate laggiù, quell’oggetto che si avvicina è … è …”
- “Huston, stiamo osservando qualcosa di inaspettato, cosa mai può essere? Huston, Huston …”
- “Qui, Huston. Cambiate frequenza, usate Tango, passate a Tango! Tango! Tango!”
- “Ok, Huston. Jane a tutti, immediato, esecutivo, passare a frequenza Tango. Ripeto: esecutivo, immediato, su Tango, adesso! Date conferma, immediato! Tango! @#££R,%%!! XRW$$!! …”

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Anip osservava il gruppo, bardato dalle ingombranti tute pressurizzate, di cui i “terricoli” non potevano fare a meno, mentre si avvicinava rapidamente a loro col suo “millepiedi”. Notò l’agitazione che li aveva colti nell’individuare la sua presenza e subito dopo il blocco stupito che li aveva ghiacciati sul posto. Ma la missione di Anip era precisa in ogni dettaglio ed ella si apprestava a portarla a termine velocemente. Si avvicinò alla navetta appena atterrata e con il suo laser incise i simboli concordati sulla bianca superficie, poi fulmineamente come era arrivata ripartì per sparire nella nube di sabbia che l’aveva nascosta fino a poco prima.
Mentre ancora l’immagine misteriosa permaneva sulla retina dei suoi occhi, Jane riuscì finalmente a muoversi e tornò sui suoi passi fino al modulo di comando che li aveva portati fin lì e cercò di capire il senso di quei segni, di quel messaggio inciso dal misterioso essere appena sparito nella polvere …
Fece fatica a capire, per un tempo lunghissimo, tanto che si ritrovò affiancata da tutti gli altri che nel frattempo si erano scrollati di dosso lo stupore paralizzante di poco prima. E così tutti si erano impegnati a decifrare quei segni senza dire nulla e senza capire quello che era così ovvio per i loro occhi e non solo …
Nessuno si era reso conto di avere la microtelecamera sul casco e quello che loro vedevano e non stavano capendo, dopo qualche decina di minuti sarebbe stato letto e capito, da Huston, da Ellen, da Cyrus e da tutto il mondo, in diretta:

YANKE G O HOM

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NdA. C'è una evidente incongruenza temporale. Me ne scuso facendo appello alla libertà narrativa, per dare efficacia al particolare momento nella storia e alle sue volute allusioni, altrimenti impossibili.
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sabato 28 novembre 2009

Chi ha paura dei Pigmei …

(Dilogia di Ester Linquist: Episodio 1)





- ... Un popolo che vive di caccia e raccolta, i Pigmei, un popolo semplice, che si tiene lontano dalla cosiddetta civiltà, che coltiva le proprie tradizioni, ma non in modo ossessivo. Recentemente infatti, si è notato che questo popolo nobile ad antico, ha maturato un rituale di caccia che si discosta dal precedente in modo significativo. ...

La lezione di Etnologia, era la più rilassante e piacevole per Ester, che non disdegnava qualche fantasia parallela circa il solido e distinto Assistente che se ne stava occupando il quel momento. Ma questa cosa sui rituali modificati dei Pigmei l’aveva scossa da tali variazioni e riportata d’improvviso ad altre considerazioni simili udite in tutt’altro contesto. Ester, a tempo perso, si dedicava a qualche reportage giornalistico per riviste specializzate in materia Geografica ed Antropologica. Su due piedi non riusciva a focalizzare le circostanze di quel déjà vu. Volle perciò cogliere l’occasione al volo e fare una domanda al docente e così agganciare la lezione al suo flusso di pensieri.

- Mi permette una domanda, Dottor Veranio? - Disse Ester, con un sorriso ipocrita ben recitato.
- Dica pure, se è in argomento …
- Spero di sì. Si tratta del fatto, che mi pare di aver recentemente sentito questa affermazione in un contesto diverso, e mi chiedevo se si tratti di fatti rari o se si possano verificare con una certa frequenza?
- Grazie per la domanda. Purtroppo lei è vittima, come molti, della pessima informazione, o meglio pseudo-informazione, che si trova spesso nel mondo Internet. Mi riferisco al fatto che alcuni mitomani nei loro siti accennano a presunte visite di UFO presso le popolazioni africane e con ciò mettono insieme di tutto un po’: dalla stella Sirio B dei Dogon, alle Piramidi costruite diecimila anni fa e chissà che altre fantasie. Fra queste si è accennato tempo fa alla possibilità di “strani” avvistamenti nel bacino del fiume Congo, nella foresta occidentale e ad est del suo affluente Ubanghi. Questo è quello che posso dirle in proposito, allo stato delle mie conoscenze. Ma torniamo ora alle caratteristiche culturali della società dei Pigmei …
- Grazie Dottore … - Disse Ester a bassa voce, quasi non volesse essere udita, i suoi pensieri turbinavano, non era quella la cosa che aveva intravisto lei, ma le parole del docente le avevano dato uno spunto e la lezione non era più così importante.

Ester uscì di fretta dall’aula, diretta in biblioteca universitaria, alla ricerca di un terminale internet. Per fortuna, essendo orario di lezione, c’era poca gente e trovò facilmente una postazione libera. Cercava tutt’altro rispetto a quanto suggerito dall’assistente, si era ricordata che un prete missionario era scomparso proprio in quell’area geografica e non se ne era saputo più niente. La notizia era apparsa solo su alcuni giornali in lingua francese, alcuni mesi prima. Il sacerdote era scomparso mentre era diretto ad un villaggio di Pigmei, per sostituire l’anziano missionario ivi residente da un quarto di secolo. Ester aveva letto altri brani di quella notizia su siti diversi ed ora stava tentando di ricostruire un quadro completo dei fatti.
Mentre era assorta nelle ricerche, una voce suadente e sudata le sussurrò fastidiosa all’orecchio:

- Lo vieni a prendere un caffè, dolcezza?...

Lei aveva afferrato la borsa e stava per mollare una legnata in faccia al cretino, quando girandosi riconobbe appena in tempo la sagoma dell’assistente Veranio …

- Accidenti, a momenti la stendo! Le sembrano scherzi da fare? - Ester nel dirlo, sorride severa.
- Scusi Signorina, ma la sua nuca mi fa sempre infervorare. E poi, lei pensi a non boicottare le mie lezioni, non so se mi spiego …
- Basta fesserie! Se vuoi star qui, dammi una mano. Non ho tempo per caffè, ne per stronzate da intervallo … - Ester non voleva perdere il filo della sua ricerca, c’era poco tempo prima della prossima lezione.
- Quando le cose vengono chieste con gentilezza.. Cosa ti serve? - Veranio c’era abituato ai pochi convenevoli di Ester.
- Senti! Io ho lezione fra poco e perciò devo scappare, resta a questo terminale e vedi di raccogliere tutto ciò che trovi su questo prete e sulla sua scomparsa. Quando ritorno, facciamo il punto. E cerca di non perdere tempo coi tuoi … caffè! - Ester sembrava non lasciare scappatoie.
- Ah! Grazie, sarebbe tutta qui la tua risposta alle mie infamanti accuse di cui sopra?
- Prometto, che al mio ritorno ascolterò un riassunto della tua lezione, ma ora datti da fare, questa è una cosa seria! - Le ultime parole di Ester giunsero quando lei era già lontana e la risposta non l’avrebbe raggiunta …

Veranio si era messo controvoglia a leggiucchiare qua e là gli appunti sparsi di Ester, dando ogni tanto occhiate veloci alle varie finestre aperte sul terminale. Il suo sguardo vagava di quando in quando sui volti delle studentesse che transitavano nell’ampio salone, all’occasione rilasciando sorrisi di circostanza anche agli studenti. Nella sua mente frullava di tutto, ma una frase ricorrente sembrava ripresentarsi di continuo: “Quella stronza! Non c’è verso, la deve sempre spuntare lei! Perché mai le vado appresso?”
Ma col passare dei minuti, tutte quelle variazioni perdevano di intensità, perché su tutto si andava imponendo l’insieme delle tessere di un puzzle: gli indizi raccolti da Ester, lentamente trovavano collocazione ed anche Lui cominciava a capire ...

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Seconda parte.

La Impfondo Gazette era un quotidiano, in lingua inglese, per la comunità anglosassone della Rèpublique du Congo. Nel maggio scorso riferiva di una spedizione privata di trasporto rifornimenti che aveva accettato un passeggero pagante, tale Père Ambebe Dufebre, sacerdote di nazionalità congolese. Il sacerdote era sbarcato in un luogo non precisato del ramo orientale del fiume Ubanghi ed aveva proseguito a piedi, inoltrandosi nella foresta. Al ritorno della spedizione, il capitano dell’imbarcazione aveva riferito di strane luci nella notte, di rumori raramente uditi in quelle lande sperdute e primitive. Si vociferava che il prete non fosse mai giunto a destinazione, infatti il vecchio missionario Don Anselmo, aveva fatto pervenire un messaggio in cui chiedeva conto del ritardo del suo sostituto.
La polizia locale aveva poche possibilità di indagare in loco, ma le notizie raccolte parlavano di un possibile incidente che avesse impedito al padre Ambebe di portare a termine la sua escursione; forse perdendo la vita fra le insidie della foresta, a causa della sua imprudente avventura solitaria.
Le varie iniziative per tentare di conoscere la sorte del prete erano andate a scontrarsi coi forti costi economici per organizzare spedizioni ad hoc e sarebbe passato chissà quanto tempo prima che altre attività commerciali spingessero qualcuno da quelle parti. Non restavano che le voci, i si dice, i forse …
Poche settimane dopo era giunto un messaggero con la triste notizia della morte naturale del missionario Don Anselmo, triste evento che lasciava quelle terre prive di qualsiasi presenza “civilizzata”.
A tutto questo andava ad aggiungersi la marea di dicerie insensate circa avvistamenti UFO nella zona. Tutto questo metteva in agitazione le autorità che temevano di dover gestire situazioni con esaltati di ogni genere. Si cercò di tenere calme le acque, di non aumentare l’agitazione, lasciando le cose come stavano, gettando acqua sul fuoco, glissando su ogni domanda scabrosa, accettando le fatalità dei casi della vita.

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Nel frattempo sulle melmose rive dell’affluente Ubanghi …

Terza parte

Le “bestiole” scappavano da tutte le parti, ma il cacciatore dall’alto della sua prospettiva poteva prevederne le mosse e le sue frecce implacabili le trafiggevano senza scampo.
Ogni tanto, uno dei cacciatori si imbatteva in qualche strano guscio, più duro di quello del cocco, anche più duro della pelle di un coccodrillo ed essi li raccoglievano, perché era segno di buona caccia e ne adornavano l’interno delle loro capanne, perché si credeva nel loro potere di fertilità.
Nella notte, i cacciatori vedevano luci mai viste e quelle luci annunciavano buona caccia per giorno seguente. Il loro popolo non era mai stato così benedetto dagli dei da molte generazioni e questo era un bene che non si sarebbero lasciati sfuggire per nulla e per nessuno, nemmeno per l’uomo bianco. Nemmeno per l’uomo santo che era venuto da lontano e che voleva impedire la caccia, minacciando di portare i soldati della città per obbligarli a smettere il loro nuovo rituale di caccia.
Non sono “bestiole” diceva lui, dovete rispettarle come creature divine, come voi stessi! Non vanno cacciati, ma amati, diceva lui! Per questo il popolo aveva deciso che non poteva vivere e tutti d’accordo l’avevano guidato verso l’interno della giungla dove non avrebbe avuto scampo e si sarebbe perso senza speranza. Per proteggere la caccia, loro lo avevano fatto, per potersi nutrire e sentirsi forti cacciatori e liberi nella loro terra.
Ma le luci nella notte erano sempre più rare ed i cacciatori temevano il cattivo presagio, forse la morte dell’uomo amico del vecchio padre aveva portato una maledizione sulla caccia. Poco tempo dopo era morto anche il vecchio ed anche questo presagio era stato seguito da una caccia sempre più povera di prede.

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Non abbiamo più contatti con la nave madre, è ormai evidente che c’è stato un disastro e che è andata perduta. Ora tutti noi siamo prigionieri in questa terra di giganti mostruosi e famelici. Non abbiamo speranze, ma dobbiamo far si che nessuno osi mai più venire dal nostro mondo in questo terribile luogo di morte. Tenteremo pertanto di convogliare tutta l’energia residua delle nostre navette in una sola di esse e sperare che in questo modo riesca a raggiungere la velocità di fuga di questo pianeta e tornare alla nostra base per avvertirli.
In tutte queste notti abbiamo tentato di segnalare la situazione alla nave madre, ma ora non dobbiamo più disperdere l’energia. La navetta con tutta la nostra energia residua è pronta per partire con un ridotto equipaggio già selezionato. Gli altri sopravvissuti fra noi dovranno sacrificarsi per tenere lontani i giganti, durante la fase di lancio. Fuggite quanto più lontano potete e cercate di sopravvivere finché vi sarà possibile, purtroppo non posso darvi molte speranze, se non quella che forse salveremo la nostra razza da questo micidiale pianeta.
Ecco, arrivano, è il momento di disperdersi il più lontano possibile, addio fratelli. E così dicendo, tutti si diedero alla fuga e in tutte le direzioni, mentre le frecce sibilavano tutto intorno a loro e le tremende grida risuonavano ovunque …. grida … ululati … frecce …. morte … ed un lampo accecante ed un guscio che sale nel cielo … ed altre grida ed altre frecce ed altra morte …

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Ester era sulla soglia del monastero in attesa che venissero ad aprire e i suoi pensieri correvano al giorno in cui, dopo tante ricerche, Veranio le aveva suggerito di fare quel tentativo. Père Ambebe si era recato in quel monastero, prima di partire per il Congo, in omaggio a Don Anselmo per recare messaggi dei confratelli e di una sorella coetanea che non l’aveva più rivisto da che era partito. Forse i frati potevano aver ricevuto notizie di prima mano, magari attraverso altre comunità ecclesiali africane.
Mentre tutti questi pensieri affollavano la sua testa, una voce filtrò da lontano:

- Signorina … Signorina … Si sente bene? Oh, santo cielo! Signorina! La sta ben?
- Eh? Cosa? Sì, sì sto bene Padre, mi scusi ero sopra pensiero, sono qui per incontrare il vostro Priore, ho un appuntamento.

Fu accompagnata nel chiostro, dove era attesa dal Priore. Egli volle sapere le ragioni del suo attivo interessamento e quando seppe di tutto il lavoro di ricerca che aveva fatto per scoprire le cause della misteriosa scomparsa del loro confratello e quanto si fosse appassionata a quel tragico fatto, le confidò che anche tutti loro erano rimasti colpiti dalla tragedia ed avevano compiuto tutti i passi in loro potere per scoprire come era potuta succedere. Le informazioni erano anche per loro state ardue da ottenere ed infine avevano dovuto rassegnarsi alla verità ufficiale. Tempo dopo tuttavia, sapendo della loro tristezza per un fatto così inesplicabile, alcuni loro confratelli congolesi li avevano ricontattati perché un individuo misterioso aveva loro recapitato un involucro chiuso con sopra, in una scrittura incerta, il nome Père Ambebe Dufebre. Un confratello di passaggio lo aveva portato in Europa e, tramite altri passaggi occasionali, il plico era infine giunto al Suo monastero.
Ester non stava più nella pelle, ma si tratteneva per non urtare la sensibilità dell’anziano, evidentemente in preda alla commozione. Mentre stava per sollecitare un chiarimento, fu l’anziano monaco a proseguire.
Il plico venne aperto in presenza della sorella di Don Anselmo, nella speranza che vi fosse qualche parola su di lui, ma non era così, il diario era stato tenuto in relazione a quel particolare viaggio e non trattava d’altro. Il sacerdote non era mai arrivato a destinazione, ne aveva mai incontrato Don Anselmo. Dal momento dell’arrivo in prossimità del punto di sbarco il linguaggio di Ambebe aveva subito una trasformazione e si parlava di cose strane, cose incomprensibili per noi. Proprio così diceva l’anziano monaco, cose incomprensibili per noi. Forse Lei signorina riuscirà a trarne ... qualcosa. Le permetterò di leggerlo, purché non si allontani da qui.
Ester passò i minuti d’attesa nel chiostro, cercando di trattenere l’entusiasmo che le scoppiava dentro e, quando le fu recapitato il diario, si sedette sulla balaustra del chiostro e lì restò, in avida lettura, quasi fino a sera, quando le venne detto che era ora d’andare, che non era più possibile restare lì ed allora ella restituì il diario, ringraziò i suoi ospiti ed uscì, ma poi si appoggiò al muro del convento e stette lì, per un tempo infinito, con gli occhi al cielo stellato, con la mente in un’estasi di immagini e pensieri. E ogni tanto rideva, fragorosamente, per poi tapparsi le labbra in riguardo al luogo sacro. Ed ancora altri pensieri ed altre immagini. Poi si mise a camminare senza la più pallida idea di dove si stesse dirigendo, ma con grandi respiri profondi e lunghi sguardi rivolti alle stelle e scuotendo la testa e ridendo e così per tutto il tragitto.

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Veranio era stato invitato a cena, ma non sapeva se andarci. Al solito Ester sembrava sentirsi in diritto di chiamarlo quando le faceva comodo e mai una volta gli era stata concessa qualche soddisfazione di suo.
Era deciso a parlarne, quella sera, se fosse andato. Ma forse, in fondo, non sarebbe andato! E questa idea era ancora presente nella sua mente, mentre suonava il campanello dell’appartamento di Ester e forse anche mentre la salutava …
Ester era vestita come non l’aveva mai vista, e il suo sorriso emanava luce, come non l’aveva mai visto.
Balbettando, Veranio, chiese cosa stesse succedendo e per tutta risposta, Ester disse che gli avrebbe rivelato un segreto, un segreto che sarebbe rimasto fra loro due soltanto, per sempre e poi, prima di chiudergli le labbra con un bacio, sussurrò al suo orecchio:

- Lo sai? I tuoi Pigmei sono dei giganti … hanno salvato il nostro pianeta da una razza predatrice, proveniente da altri mondi, che avrebbe voluto conquistare la Terra.



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giovedì 26 novembre 2009

La Minaccia

La scolaresca vociante attraversava l’ampio patio soleggiato al pianterreno dell’edificio principale, guidato dal P.R. Jon, incaricato di illustrare le attività dell’O.S.T.O. (Outer Space Threat Observatory) al suo giovane pubblico.

- Siamo in uno dei tre principali Osservatori distribuiti sul nostro pianeta. Gli altri due si trovano negli Stati Uniti e in Cina. Molte altre sedi secondarie sono sparse in punti geografici strategici ed a ciò vanno aggiunti i nostri satelliti di osservazione. Tutto ciò è stato sviluppato nel corso degli ultimi decenni per monitorare, come appunto suggerisce la nostra sigla O.S.T.O, tutte le minacce provenienti dallo spazio esterno. Attualmente monitoriamo alcune migliaia di “oggetti” astronomici che viaggiano nel cosmo “vicino”, coprendo quella che approssimativamente può essere la distanza percorsa da tali corpi in cento anni. Questo fa si che il numero degli oggetti possa variare in funzione di percorsi che possano avvicinarli ovvero allontanarli dal nostro sistema solare.
- Chi è a capo di questa organizzazione? - La voce proviene dal fondo del gruppetto, che subito di divide, lasciando intravvedere il lentigginoso titolare del quesito.
Jon, disteso in uno smagliante sorriso, ringrazia per la interessante domanda e precisa che del management sono responsabili quelli del gruppo di intervento; formato dagli astrofisici con maggior esperienza operativa ed anzianità gestionale, ma che tutti vengono ascoltati quando si tratta di attività decisionali sui livelli di rischio ed eventuali iniziative operative.
Proprio in quel momento Jon attira l’attenzione del gruppo su di una donna tutta arruffata sotto una chioma ritta e brizzolata che sgambettava veloce nell’atrio.

- Ecco ragazzi, siete fortunati quella persona è Nelly, il responsabile di questo settore Europeo dell’ O.S.T.O.. Lei impone a tutti di chiamarla così, ma si tratta della Professoressa Ornella Vasari, Astrofisica di grande fama.
- Quella? Io l’avevo presa per una delle pulizie … - E’ sempre il lentigginoso a lanciare la provocazione, ma Jon glissa, con un finto sguardo accigliato ed il solito sorriso sgargiante.

Mentre questa scena si sviluppa in un'altra direzione, la nostra Nelly continua la sua corsetta per i corridoi con destinazione la macchinetta del caffè. Mentre lo sorseggia , viene raggiunta da un paio di giovani ricercatori, che si scusano per doverla disturbare proprio nella sua pausa. Ma a quanto pare ci sono dati incongruenti che necessitano una valutazione urgente.
Intanto la scolaresca, continua il suo giro e Jon è sollecitato dai ragazzi a rivelare se vi sono pericoli incombenti sulla Terra da parte di qualche oggetto intergalattico. Jon con uno sguardo perplesso alla scena che si svolge presso la macchina del caffè risponde che, sì ci sono corpi sotto osservazione di cui ancora è difficile definire la pericolosità, ma sono eventualità per lo più molto remote nel tempo e/o che richiedono combinazioni di fattori concomitanti altamente improbabili. Tuttavia, nulla viene trascurato di quanto si muove nel cielo. Per quanto riguarda il breve periodo, l’unico corpo sotto esame è un asteroide di circa 12 km di diametro medio che sta penetrando nel sistema solare con traiettoria che incrocerà quella del pianeta Giove (in sua assenza) dal lato interno. Ciò avverrà ad una distanza tale da non risentire significativamente dell’azione gravitazionale di Giove, per cui l’asteroide è destinato a procedere per la sua strada per perdersi nuovamente nello spazio esterno. In nessun modo questo corpo può essere considerato un pericolo qualsivoglia per la Terra. Il nome scientifico di questo oggetto è impronunciabile, quindi, i colleghi più scaramantici, lo hanno ribattezzato la “Minaccia”, per semplicità e per esorcizzarlo.
Jon, nel frattempo, ha notato lo scatto con cui Nelly ha gettato il bicchierino ancora pieno di caffè nel cestino e la sua agitazione nell’avviarsi con gli altri due verso la sala riunioni del Centro. Quel comportamento non era nelle corde di Nelly, come la conosceva lui e sentiva che era meglio portare a termine il suo giro rapidamente.
In sala riunioni è tutto un via vai di gente alle prese con qualcosa di urgente. Chi deve sistemare i collegamenti internazionali, chi sta sistemando i grafici con le traiettorie orbitali, chi telefona a destra e a manca per recuperare gli interessati. Nelly è ferma al centro della sala, in mano la sua lavagna elettronica con tutti i dati più recenti sui quali la riunione è stata indetta con priorità assoluta; è calma, con la coda dell’occhio sorveglia il megaschermo per la videoconferenza, nell’attesa che salga il segnale, nella sua mente maturano rapidamente i nuovi scenari e cresce la preoccupazione.
Finalmente sullo schermo appare l’immagine della sala da riunione O.S.T.O. a Huston, negli USA. Nelly sorride appena da una lato compare la nuca di Bill. John “Bill” Buffalo, Professore di Astronomia e responsabile del Centro per le Americhe.

- Ciao Bill, ti vedo sempre con piacere, ma le circostanze mi spingono a tralasciare i convenevoli ed a porti un quesito stringente: che diavolo succede?
- Ciao Nelly, Amore, hai come sempre indovinato al volo! Si tratta del Diavolo, probabilmente. Qui ci risulta che la nostra “Minaccia” ha “cambiato” velocità, rallentando la sua corsa, di poco, ma è questo che sta succedendo.
- Bill, lo sai meglio di me che questo è impossibile, a meno di un impatto, ma che accidenti si può impattare nel vuoto cosmico?
- Amore, lo so io, lo sai tu, lo sanno tutti, ma alla faccia di quello che sappiamo, sta proprio succedendo: il maledetto sasso sta andando più piano, una variazione minima, ma sufficiente a farlo arrivare con qualche giorno di ritardo al suo appuntamento con Giove in un punto dell’orbita diverso e questa volta in presenza del pianeta! La collisione non avverrà, secondo gli ultimi calcoli, ma il "nostro" passerà abbastanza vicino a Giove per subire una deviazione parziale con circa mezza orbita ed un notevole effetto fionda finale che lo espellerà in direzione della fascia degli asteroidi e quindi verso l’orbita di Marte... Non troverà nulla sulla sua strada data la posizione orbitale attuale di questi corpi, ma proprio per questo “Minaccia” avrà la strada spianata per l’orbita della Terra. Il sistema Terra-Luna sta dirigendosi proprio verso questo rendezvous. Non possiamo ancora calcolare con esattezza il dettagli dell’incontro, l’asteroide potrebbe colpire la Luna con probabilità del 60%, la Terra con probabilità tra il 5 e l’8 %, mentre il restante 32-35% è la probabilità che passi, senza impatti, fra la Terra e la Luna. Questa è la situazione come la vediamo noi sulla base dei primi calcoli a seguito della scoperta, del tutto inaspettata, della variazione nella velocità di GCX40054309. Scusa se è poco, Nelly.
- Bill, sono ancora sotto shock. Capisco, tuttavia, che la nostra curiosità scientifica circa le cause di questo fenomeno inaspettato, debba ora lasciare il passo alle possibili misure e nell’immediato quindi alla predisposizione di tutti i possibili modelli predittivi in vista di altre “sorprese”. Pertanto ti sottopongo la mia proposta di lanciare tutti insieme, inclusi i nostri amici della sede Cinese che sono nel frattempo uniti alla nostra conferenza e che saluto, dicevo lancerei un piano esteso di modellizzazione su tutti i nostri computer. Voglio una rappresentazione Gaussiana di tutte le probabilità e della loro distribuzione statistica, con un aggiornamento continuo dei calcoli ad ogni ora per individuare la progressione del fenomeno e le variazioni delle probabilità d’impatto. Se siete d’accordo, rimanderei per un po’ la ricerca delle cause e mi concentrerei sulla ricerca e la valutazione realistica del rischio per il nostro pianeta: prima o poi dovremo comunicarlo all’esterno e là fuori si aspettano delle risposte precise da noi, risposte che al momento non abbiamo!
- Ok, Nelly. Noi siamo pronti a procedere in questo senso con tutte le nostre risorse.
- Hai, Nelly. Noi dell’O.S.T.O. Asia concordiamo sulle priorità indicate e stiamo già predisponendo le risorse. Teniamoci in contatto.

La teleconferenza era terminata, i collegamenti erano caduti, la frenesia si era di nuovo impadronita di tutti.
Jon, che, dopo aver licenziato il gruppo, si era affacciato in sala riunioni, risentiva nella mente le parole tranquillizzanti che aveva appena detto a quei ragazzi, ma con lo sguardo fissava Nelly che lo aveva a sua volta individuato. I due si fissavano insistentemente, finché Nelly, scuotendo la testa, gli aveva fatto capire che non era il momento. Anche Jon aveva del lavoro da fare, perché, al momento opportuno, ci avrebbe dovuto mettere la faccia!

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Nei giorni successivi, si andava definendo sempre di più la precisione dei calcoli ed era sempre più alta la probabilità che l’asteroide potesse centrare lo spazio fra la Terra e la Luna, lasciando indenni i due corpi.
Nelly era nel suo studio sommersa da grafici e tavolette elettroniche varie, quando Jon appare sulla porta senza fiatare. Nelly solleva lo sguardo ed un lembo d’insalata pendente dalle labbra fa capire a Jon la situazione.
Jon aveva già la mano sulla porta del suo ufficio, quando Nelly si sporge dal proprio, il tramezzino ancora in mano, lo sguardo implorante, la testa reclinata su un lato, il labbro forzatamente tremulo; Jon segna col dito la lacrima di tristezza versata. Tra i due torna l’intesa perfetta, lei fa un segno col dito per significare “a dopo” ed un segno con la testa a significare “se Dio vuole”.
Questa volta la conferenza è chiamata dai cinesi, ci sono novità urgenti da discutere. Tutti si ritrovano alla meglio, gli schermi già inquadrano i protagonisti nonché, questa volta, alcuni rappresentanti governativi.

- Namura San, konnichiwa.
- Konbanwa a voi, amici.
- Douzo, parlaci delle vostre conclusioni, siamo ansiosi di conoscerle; abbiamo alcuni ospiti politici, che suggeriscono un linguaggio non troppo tecnico per questa conferenza.
- Hai! Nelly, Bill, Gentili ospiti. Ecco qui, secondo l’ultima elaborazione le probabilità sono tutte a favore di una traiettoria libera tra noi e il nostro satellite: niente impatti dunque, ma la vera notizia è che la “Minaccia” ha mantenuto una velocità costante dopo l’evento anomalo e quindi, se le cose non cambiano, possiamo dare la certezza che il passaggio avverrà a due terzi della distanza Terra-Luna, con l’effetto di deviare l’asteroide su rotta di collisione col Sole, risolvendo la Minaccia per sempre! Ripeto, allo stato delle cose, la probabilità è al 100%, che non vi sia alcun impatto!

Alla notizia, un urlo di gioia si solleva fra tutti i convitati, sugli schermi appaiono visi sorridenti a mani plaudenti. Al terminale, Jon sta battendo il comunicato ufficiale per tutte le Agenzie, alle sue spalle Nelly si avvicina e lo avvolge fino a piegarlo sulla tastiera, sussurrandogli all’orecchio tutto quello che si era tenuta dentro. Il comunicato alla stampa degenera, sullo schermo, in una interminabile riga di virgole.
La gioia dilaga incontenibile, ad ogni “refresh” dello schermo coi grafici, si va sempre di più definendo la nuova situazione. L’asteroide ha superato l’orbita di Giove, l’effetto fionda è terminato ed ha posto l’asteroide sulla sua traiettoria finale verso il sistema Terra-Luna, niente potrà deviarlo ormai, arriverà e passerà oltre per perdersi nel Sole.
Nelly, ritornata in sé, si porta al centro della sala e richiama tutti ai propri compiti. Salutati gli ospiti, ringrazia i colleghi e tutti i loro collabortori. I collegamenti sono chiusi e finalmente dopo settimane si può tornare a casa a fine turno, qualcuno prenderà le ferie arretrate, altri dovranno continuare la sorveglianza, ininterrotta, del cielo.

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Diversi giorni erano passati, senza novità rilevanti. Nelly e Jon erano ospiti nella casa al mare di alcuni amici e sapevano di dover tornare il giorno dopo al lavoro, ma non che una telefonata avrebbe anticipato di qualche ora le cose.
Il cercapersone di Nelly squillava da parecchio quando Jon, uscendo dalla doccia si accorgeva del segnale. La chiamata era arrivata anche sui cellulari di entrambi, sembrava cosa assai pressante. Nelly arriva con l'asciugamano in testa, proprio mentre Jon aveva appena preso la linea col Centro, gli prende l'apparecchio dalle mani e sbotta perentoria in un ...

- Cosa c’è di tanto urgente, sarò lì domattina, cosa posso fare da qui questa sera …
... ...
- Un elicottero! Figurati Jon, mi vengono a prendere in elicottero, non era mai successo! Preparati, perché vieni anche tu. Durante il viaggio saremo già in teleconferenza. Sembra che, tutto d’un tratto, siamo perseguitati dalle anomalie! ...

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- Bill, Namura, eccomi, di che si tratta?...
- Nelly, l’asteroide è appena passato oltre la nostra Terra. Apparentemente dovremmo gioirne, ma ci preoccupa uno strano fenomeno, come una scia che GCX40054309 si lascia dietro …
- Scia? ... Ma quale scia, non è mica una cometa e nemmeno un fottuto motoscafo! Che mi state raccontando, colleghi?... - Nelly era fuori di sé, Jon gesticolava con le mani per calmarla, ma non sembrava cosa.
- Nelly, please, please! Ascolta Nelly, anche noi siamo perplessi, ma dobbiamo riferirti i fatti, così come li stiamo rilevando, momento per momento e non sempre abbiamo le spiegazioni corrette, dei dati che ci pervengono. Hai ragione, “scia” non è la parola giusta, ma l’asteroide si sta perdendo centinaia di pezzi, tanti da formare quella che appare come una coda, dalle dimensioni rapidamente crescenti! Non vi è causa apparente per un simile fenomeno. Non capiamo di che tipo di oggetti si tratti, stiamo puntando vari strumenti per cercare di metterne a fuoco qualcuno, ma non è una cosa fattibile per il momento. Ti ho già mandato tutte le immagini che abbiamo fino ad ora sul tuo palmare, dicci cosa ne pensi tu...
- Sto guardando e devo convenire con voi, che non c’è modo di capire dalle foto di cosa si tratti. Suggerirei di fare una analisi, il più accurata possibile, delle velocità individuali di questi oggetti. Scusami Bill, per prima, non ero ancora uscita dall’abito vacanziero, nel quale mi avete colta. Chiedo scusa anche a te, Namura San, voi laggiù, come vedete la situazione?
- Nelly San, non servono le scuse fra noi, capisco il tuo stato d’animo. Per quanto riguarda i dati, non c’è granché da dire, a meno che non emergano fatti nuovi. Sono d’accordo di sfruttare l’attesa per analizzare parametri indiretti come le velocità individuali. Ah, Eccoci!... Ho i primi risultati. Senti qui, sembra che le velocità non siano costanti! Ci sono variazioni, ci sono variazioni di traiettoria! Ma questo non è possibile!...
- Bill hai gli stessi riscontri di Namura? Io mi sento impotente dentro questa trappola!... C’è qualcuno in ascolto dalla nostra sede? - Nelly annuisce nervosamente al suo Jon, che continua a farle cenni ripetuti di abbassare i toni.
- Nelly, ci siamo anche noi, chi ti parla è Andrè. I dati che abbiamo noi, fin’ora combaciano perfettamente con quelli di Namura-san. Bill, cosa ci dici dal tuo quartiere?
- Eccomi, solo un momento, stiamo elaborando una statistica ulteriore sulle velocità comparate... Ok, ok! Così va bene, datemi qui! ... Nelly, colleghi, non ci sono più dubbi, questi oggetti non sono frammenti, stanno prendendo direzioni precise. Alcuni di essi hanno una meta apparente su varie nostre orbite geostazionarie. Anzi qui mi dicono che, alcuni di essi sembrano rincorrere i nostri satelliti per le comunicazioni.

Nel frattempo l’elicottero con Nelly e Jon ha preso terra sul tetto del complesso O.S.T.O. ed i due si sono rapidamente infilati nell’ascensore. Nelly non ha perso una parola della discussione e dal suo auricolare, chiede la conferma degli ultimi dati da parte di tutti i Centri, posponendo l’incontro di dieci minuti, mentre si dirige alla sala riunioni del Centro.
La sala è nel solito caos preparatorio, nonostante la riunione sia solo stata sospesa. Gli schermi mostrano lo stesso tipo di frenesia anche negli altri Centri, nessuno sembra più interessarsi alle webcam, tutti hanno cose impellenti da fare.
Nelly, dopo alcuni minuti, esce dal suo ufficio e si dirige, come sempre, al centro della sala riunioni, il suo sguardo concentrato sulla sua tavoletta elettronica, il passo deciso e tutti che si fanno da parte, mentre lei passa.
Ferma al centro della sala, lo sguardo pensieroso mentre cerca le persone che dovrebbero presentarsi sugli schermi. Bill appare e saluta con un cenno.
Namura da lontano fa segno che sta seguendo, si può cominciare.
Nelly fa un cenno ai suoi e tutti trovano immediatamente quello che ... "cercavano".

- Signori, abbiamo, pochi dati, ma ancora meno dubbi. Le nostre comunicazioni potrebbero subire danni devastanti in qualunque momento. Gli oggetti che l’asteroide ha "portato" con sé, si sono palesemente dislocati nelle vicinanze di quasi tutti i nostri satelliti per le comunicazioni e quanto prima anche gli altri verranno raggiunti. Prima che qualcosa ci possa isolare, voglio comunicarvi che stiamo ricevendo un apparente disturbo su tutte le nostre frequenze, le prime analisi indicano che non si tratta di interferenze casuali. Stiamo in realtà ricevendo una comunicazione codificata, che i nostri esperti cercano di interpretare.
- Ci stiamo lavorando anche noi, Nelly. Le stesse interferenze sembrano coinvolgere tutte le nostre comunicazioni, vedo che Namura conferma anche da parte loro. Siamo tutti nella stessa situazione. Il livello di interferenza prevale sempre di più sul nostro segnale, presto potremmo perdere l’intelligibilità.
- Grazie Bill, se dovesse cadere la comunicazione via satellite, cercheremo di stabilire canali di sicurezza tramite le infrastrutture militari. Ho già richiesto la loro collaborazione ed ottenuto il loro consenso.
- Ok, Nelly ci muoviamo in questo senso anche noi, in modo da predisporre un canale di sicurezza preventivo.
- Namura, sei con noi? Non ti stiamo vedendo da un pezzo …
- Nelly, Bill, sono pronto, ho qualcosa per voi. Ero in contatto coi colleghi in India, che mi stavano predisponendo una sofisticata decodifica delle interferenze. Sembra che ci stiano veicolando un messaggio! Qualcosa che queste entità cercano di farci pervenire. Il codice è ripetitivo, contiene un significato circoscritto a poche battute, ribadite in molte delle nostre lingue. Ve lo mando sullo schermo direttamente tradotto dalla versione in Indi...

“La vostra Minaccia è appena andata e sparirà presto per sempre … Ma Noi Siamo Qui Per Restare!”


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sabato 21 novembre 2009

giù, al bar dei falliti...

C’era una volta, in un futuro non troppo lontano, una città, piena di gente disperata, come tutte le città che conosco. Io vivevo in quella città disperata, o meglio pensavo di viverci; forse sognavo solo di viverci …
Se mai mi sono svegliato, ho sempre seguito la stessa routine quotidiana, mai un cambiamento, mai una sorpresa.
Anche quella mattina ero sceso giù al bar, senza sapere perché, senza sperare granché.
Mentre mi grattavo un po’ del mio sonno dagli occhi, il solito tipo, anche più spiegazzato di me, si avvicina al banco bofonchiando qualcosa al tenutario. Il tale bofonchia di rimando, ma si capisce che è seccato, poi si schiarisce la voce, per farsi uscire un suono che assomiglia ad una richiesta di delucidazioni. Il tipo spiegazzato si avvicina ancora un po’ e con un filo di voce ed un alito assassino, che si diffonde fino a me, chiede qualcosa per farsi, qualsiasi cosa, ma presto, è urgente, si sente mancare. Con ciò il tipo porge un braccio al barista in un ultimo sforzo immane, mentre la sua testa crolla sul bancone e il suo sedere atterra pesantemente su uno degli sgabelli.
Il barista, con aria stanca, ma professionale, il volto velato dal fumo del suo spinello, l’occhio accigliato nello sforzo della messa a fuoco, provvede ad annodare il laccio intorno al braccio del suo cliente, estrae una siringa pre-confezionata, strappa con la bocca l’involucro ed esegue l’endovenosa con la precisione di un professionista consumato. Dall’involucro recupera un cerottino emostatico che applica con cura sulla puntura. Aggirato il bancone, il nostro samaritano preleva il poveraccio e lo porta in uno dei separé, dove lo sistema su un divanetto, poi torna con aria sconsolata, rimette in piedi lo sgabello che era caduto poco prima, mi guarda, si toglie lo spinello dalla bocca, prende una gran boccata d’aria, scuote la testa , si rimette lo spinello in bocca e ne fissa la punta incandescente mentre aspira il fumo e poi mi chiede se prendo lo stesso anch’io. No, rispondo io. Non so ancora cosa prendo, dico, sono già fatto di mio, forse berrò un caffè e intanto ci penso su, questo dico io, per il momento.
Il barista mi scruta per un po’, un bel po’. Ho capito, dice lui. Poi prende una scopa e si mette a girare per il locale, con la scopa. Non capisco cosa stia facendo, però di sicuro non pulisce il pavimento.
Un po’ di gente rumorosa fuori dalla porta è la prima indicazione che la situazione comincia a movimentarsi. Qualcuno entra, altri si allontano dando appuntamento a più tardi. Io, quasi assopito, ho un sussulto e mi sento, mentre rivolto al barista protesto per il mio caffè mai arrivato. Mentre giro la testa per guardare chi sta entrando, la coda del mio occhio intravvede l’espressione sconsolata del proprietario, rivolta prima al cielo e poi alla tazzina vuota bloccata all’interno del mio gomito e poi di nuovo al cielo.
Mentre saluto gli amici, che stanno entrando, con un cenno della mano, il braccio si alza e la tazzina finisce dove è logico che finisca e con gran fragore. Fisica, nient’altro che fisica elementare, … Watson!
L’uomo esce da dietro il bancone e preleva ancora una volta la sua scopa, poi punta minaccioso verso di me, ma io sono sicuro che non mi farà del male. Non farà del male a me e, come al solito, non farà granché neppure al pavimento.
Mentre la scopa stancamente, ma con metodo, lasciava lì dov’erano tutti i cocci e lo sporco di chissà quanti altri casi della vita, il rumore provocato dagli eventi sembrava aver richiamato, da un qualche al di là, il tipo stropicciato di prima, perché dall’interno del separé s’intravvede la sua ombra incerta che si muove ed il rumore di passi strascicati sembra avvicinarsi lentamente.
Che cosa mi hai iniettato, bastardo! Un decimo di una dose? O forse qualcosa di meno? Dammi il resto, bastardo! Dice il tipo. E’ qui sul bancone, vieni a prendertela, se vuoi, ma prima dovrai pagarla. Era la voce del proprietario della scopa, che, senza entusiasmo, agitava la siringa, nella quale si poteva distinguere ancora una buona parte del liquido scuro. Lo sai che la devi pagare, lo sai che io sono tenuto solo ad interventi minimi nei casi di emergenza; tutto questo lo sai, ma mi tocca ogni volta ripetere le stesse cose a te e a tutti voi assatanati, ecco perché poi mi drogo anch’io! Per la disperazione, fottuti tossici.
Il tipo si avvicina al bancone, prende la siringa, se la inietta in vena attraverso il cerotto e la butta per terra; ora mia tazzina rotta non si sente più sola. Il tipo resta inerte per alcuni secondi, fissando il vuoto, poi si guarda intorno e, vedendo che nel locale ci siamo noi, dispiega un sorriso patetico e ci chiede se qualcuno ha voglia di farsi una partita a scacchi. Il barista insiste con lui per farsi pagare, poi lo riporta nel separé e lo risistema sul solito divanetto.
Ormai il nostro gruppo si è sistemato ad un tavolo e già si è accesa la discussione sui soliti argomenti da bar, ma proprio mentre sto per dire la mia, dal separé arriva una voce, anche lei piuttosto stropicciata, che ci lascia interdetti. Io ho trovato un alieno in spiaggia, mentre venivo qui, volete vederlo? Ce l’ho in tasca, venite qui e qualcuno mi aiuti a mettermi seduto. Ora ad essere stropicciati erano i nostri occhi; tutti noi eravamo nel separé a chiederci che cosa si fosse iniettato quel tipo …
Vincendo i dubbi e lo scetticismo, cercavamo di farci spiegare di cosa stesse parlando. Ma per tutta risposta il nostro cercava in tutti i modi di infilare una mano in tasca. Finalmente ci riesce ed estrae una specie di quegli antichi orologi da tasca, ma di una foggia mai vista. Questo è un oggetto extra-sistema, dice il tipo, era nella sabbia, come una qualsiasi conchiglia, ma non può essere di questo pianeta …
Mentre ancora sta finendo di parlare, una gragnola di nostre domande lo investe e lui ritroso si tappa le orecchie con le mani e strizza gli occhi scuotendo la testa ed urlando. Basta, basta! Mi scoppia la testa; non urlate così, non parlate tutti insieme!
Mentre eravamo intenti a guardalo scuotersi di dosso le nostre insistenze, la risposta a noi e la conferma della sua versione si manifestò. L’oggetto si era messo a vibrare, come di solito fanno i cellulari in modalità silenziosa. Il rumore sordo era accompagnato dal leggero tremore a contatto con la superficie del tavolo, per un breve periodo, perché poi, lentamente, l’oggetto non era più appoggiato al tavolo, ma a qualche centimetro di altezza e non emetteva più alcun suono.
Forse, alla fin fine, il tipo stropicciato non aveva tutti i torti! Ma se questo legittimo dubbio ci aveva assaliti, vedendo quello che avevamo visto, quello che dovevamo vedere, ci avrebbe fatto dubitare anche di noi stessi.
Mentre mi stavo ancora chiedendo se il gadget fosse uno scherzo elaborato, magari grazie ad un qualche trucco magnetico, la parte superiore dell’oggetto aveva ruotato di qualche grado e si era sollevata di qualche millimetro rispetto al fondo, lasciando intravvedere un’apertura. Un oggetto del tutto simile a quello principale stava emergendo dall’interno e appena fuori dal corpo principale dalla sua superficie fuoriuscivano delle sottilissime antenne o forse meglio dire dei flagelli, in continuo movimento: tutta la superficie ne era ricoperta, anche se non erano molto fitti.
A questo punto il sorriso del tipo stropicciato era smagliante e le nostre bocche più che aperte, spalancate.
Lo stupore ci aveva ammutoliti; io avevo un tale turbinio di pensieri in testa da non capire più in quanti fossimo.
E’ o non è alieno, secondo voi? Il tipo gongolava nel fare la domanda, ora gli era passata la dormia, era arzillo il bastardo e quelli strafatti eravamo noi.
L’apparecchietto fuoriuscito stava gironzolando da un po’ per il tavolo, quando, dopo essere andato avanti e indietro rispetto al punto iniziale diverse volte, si era diretto deciso verso uno dei presenti, il quale, colto dal panico, aveva preso ad allontanarsi. Non avere paura, dice il tipo, lascialo avvicinare, non è pericoloso!


Quello non è alieno, lo facciamo noi … quelli dei piani alti li hanno spediti in tutto l’universo per esplorarlo, ma molti prototipi sono andati persi in atmosfera.
Nel dire questo, il barista aveva posato la scopa e stava scuotendo la cenere dal suo spinello.
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