sabato 28 novembre 2009

Chi ha paura dei Pigmei …

(Dilogia di Ester Linquist: Episodio 1)





- ... Un popolo che vive di caccia e raccolta, i Pigmei, un popolo semplice, che si tiene lontano dalla cosiddetta civiltà, che coltiva le proprie tradizioni, ma non in modo ossessivo. Recentemente infatti, si è notato che questo popolo nobile ad antico, ha maturato un rituale di caccia che si discosta dal precedente in modo significativo. ...

La lezione di Etnologia, era la più rilassante e piacevole per Ester, che non disdegnava qualche fantasia parallela circa il solido e distinto Assistente che se ne stava occupando il quel momento. Ma questa cosa sui rituali modificati dei Pigmei l’aveva scossa da tali variazioni e riportata d’improvviso ad altre considerazioni simili udite in tutt’altro contesto. Ester, a tempo perso, si dedicava a qualche reportage giornalistico per riviste specializzate in materia Geografica ed Antropologica. Su due piedi non riusciva a focalizzare le circostanze di quel déjà vu. Volle perciò cogliere l’occasione al volo e fare una domanda al docente e così agganciare la lezione al suo flusso di pensieri.

- Mi permette una domanda, Dottor Veranio? - Disse Ester, con un sorriso ipocrita ben recitato.
- Dica pure, se è in argomento …
- Spero di sì. Si tratta del fatto, che mi pare di aver recentemente sentito questa affermazione in un contesto diverso, e mi chiedevo se si tratti di fatti rari o se si possano verificare con una certa frequenza?
- Grazie per la domanda. Purtroppo lei è vittima, come molti, della pessima informazione, o meglio pseudo-informazione, che si trova spesso nel mondo Internet. Mi riferisco al fatto che alcuni mitomani nei loro siti accennano a presunte visite di UFO presso le popolazioni africane e con ciò mettono insieme di tutto un po’: dalla stella Sirio B dei Dogon, alle Piramidi costruite diecimila anni fa e chissà che altre fantasie. Fra queste si è accennato tempo fa alla possibilità di “strani” avvistamenti nel bacino del fiume Congo, nella foresta occidentale e ad est del suo affluente Ubanghi. Questo è quello che posso dirle in proposito, allo stato delle mie conoscenze. Ma torniamo ora alle caratteristiche culturali della società dei Pigmei …
- Grazie Dottore … - Disse Ester a bassa voce, quasi non volesse essere udita, i suoi pensieri turbinavano, non era quella la cosa che aveva intravisto lei, ma le parole del docente le avevano dato uno spunto e la lezione non era più così importante.

Ester uscì di fretta dall’aula, diretta in biblioteca universitaria, alla ricerca di un terminale internet. Per fortuna, essendo orario di lezione, c’era poca gente e trovò facilmente una postazione libera. Cercava tutt’altro rispetto a quanto suggerito dall’assistente, si era ricordata che un prete missionario era scomparso proprio in quell’area geografica e non se ne era saputo più niente. La notizia era apparsa solo su alcuni giornali in lingua francese, alcuni mesi prima. Il sacerdote era scomparso mentre era diretto ad un villaggio di Pigmei, per sostituire l’anziano missionario ivi residente da un quarto di secolo. Ester aveva letto altri brani di quella notizia su siti diversi ed ora stava tentando di ricostruire un quadro completo dei fatti.
Mentre era assorta nelle ricerche, una voce suadente e sudata le sussurrò fastidiosa all’orecchio:

- Lo vieni a prendere un caffè, dolcezza?...

Lei aveva afferrato la borsa e stava per mollare una legnata in faccia al cretino, quando girandosi riconobbe appena in tempo la sagoma dell’assistente Veranio …

- Accidenti, a momenti la stendo! Le sembrano scherzi da fare? - Ester nel dirlo, sorride severa.
- Scusi Signorina, ma la sua nuca mi fa sempre infervorare. E poi, lei pensi a non boicottare le mie lezioni, non so se mi spiego …
- Basta fesserie! Se vuoi star qui, dammi una mano. Non ho tempo per caffè, ne per stronzate da intervallo … - Ester non voleva perdere il filo della sua ricerca, c’era poco tempo prima della prossima lezione.
- Quando le cose vengono chieste con gentilezza.. Cosa ti serve? - Veranio c’era abituato ai pochi convenevoli di Ester.
- Senti! Io ho lezione fra poco e perciò devo scappare, resta a questo terminale e vedi di raccogliere tutto ciò che trovi su questo prete e sulla sua scomparsa. Quando ritorno, facciamo il punto. E cerca di non perdere tempo coi tuoi … caffè! - Ester sembrava non lasciare scappatoie.
- Ah! Grazie, sarebbe tutta qui la tua risposta alle mie infamanti accuse di cui sopra?
- Prometto, che al mio ritorno ascolterò un riassunto della tua lezione, ma ora datti da fare, questa è una cosa seria! - Le ultime parole di Ester giunsero quando lei era già lontana e la risposta non l’avrebbe raggiunta …

Veranio si era messo controvoglia a leggiucchiare qua e là gli appunti sparsi di Ester, dando ogni tanto occhiate veloci alle varie finestre aperte sul terminale. Il suo sguardo vagava di quando in quando sui volti delle studentesse che transitavano nell’ampio salone, all’occasione rilasciando sorrisi di circostanza anche agli studenti. Nella sua mente frullava di tutto, ma una frase ricorrente sembrava ripresentarsi di continuo: “Quella stronza! Non c’è verso, la deve sempre spuntare lei! Perché mai le vado appresso?”
Ma col passare dei minuti, tutte quelle variazioni perdevano di intensità, perché su tutto si andava imponendo l’insieme delle tessere di un puzzle: gli indizi raccolti da Ester, lentamente trovavano collocazione ed anche Lui cominciava a capire ...

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Seconda parte.

La Impfondo Gazette era un quotidiano, in lingua inglese, per la comunità anglosassone della Rèpublique du Congo. Nel maggio scorso riferiva di una spedizione privata di trasporto rifornimenti che aveva accettato un passeggero pagante, tale Père Ambebe Dufebre, sacerdote di nazionalità congolese. Il sacerdote era sbarcato in un luogo non precisato del ramo orientale del fiume Ubanghi ed aveva proseguito a piedi, inoltrandosi nella foresta. Al ritorno della spedizione, il capitano dell’imbarcazione aveva riferito di strane luci nella notte, di rumori raramente uditi in quelle lande sperdute e primitive. Si vociferava che il prete non fosse mai giunto a destinazione, infatti il vecchio missionario Don Anselmo, aveva fatto pervenire un messaggio in cui chiedeva conto del ritardo del suo sostituto.
La polizia locale aveva poche possibilità di indagare in loco, ma le notizie raccolte parlavano di un possibile incidente che avesse impedito al padre Ambebe di portare a termine la sua escursione; forse perdendo la vita fra le insidie della foresta, a causa della sua imprudente avventura solitaria.
Le varie iniziative per tentare di conoscere la sorte del prete erano andate a scontrarsi coi forti costi economici per organizzare spedizioni ad hoc e sarebbe passato chissà quanto tempo prima che altre attività commerciali spingessero qualcuno da quelle parti. Non restavano che le voci, i si dice, i forse …
Poche settimane dopo era giunto un messaggero con la triste notizia della morte naturale del missionario Don Anselmo, triste evento che lasciava quelle terre prive di qualsiasi presenza “civilizzata”.
A tutto questo andava ad aggiungersi la marea di dicerie insensate circa avvistamenti UFO nella zona. Tutto questo metteva in agitazione le autorità che temevano di dover gestire situazioni con esaltati di ogni genere. Si cercò di tenere calme le acque, di non aumentare l’agitazione, lasciando le cose come stavano, gettando acqua sul fuoco, glissando su ogni domanda scabrosa, accettando le fatalità dei casi della vita.

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Nel frattempo sulle melmose rive dell’affluente Ubanghi …

Terza parte

Le “bestiole” scappavano da tutte le parti, ma il cacciatore dall’alto della sua prospettiva poteva prevederne le mosse e le sue frecce implacabili le trafiggevano senza scampo.
Ogni tanto, uno dei cacciatori si imbatteva in qualche strano guscio, più duro di quello del cocco, anche più duro della pelle di un coccodrillo ed essi li raccoglievano, perché era segno di buona caccia e ne adornavano l’interno delle loro capanne, perché si credeva nel loro potere di fertilità.
Nella notte, i cacciatori vedevano luci mai viste e quelle luci annunciavano buona caccia per giorno seguente. Il loro popolo non era mai stato così benedetto dagli dei da molte generazioni e questo era un bene che non si sarebbero lasciati sfuggire per nulla e per nessuno, nemmeno per l’uomo bianco. Nemmeno per l’uomo santo che era venuto da lontano e che voleva impedire la caccia, minacciando di portare i soldati della città per obbligarli a smettere il loro nuovo rituale di caccia.
Non sono “bestiole” diceva lui, dovete rispettarle come creature divine, come voi stessi! Non vanno cacciati, ma amati, diceva lui! Per questo il popolo aveva deciso che non poteva vivere e tutti d’accordo l’avevano guidato verso l’interno della giungla dove non avrebbe avuto scampo e si sarebbe perso senza speranza. Per proteggere la caccia, loro lo avevano fatto, per potersi nutrire e sentirsi forti cacciatori e liberi nella loro terra.
Ma le luci nella notte erano sempre più rare ed i cacciatori temevano il cattivo presagio, forse la morte dell’uomo amico del vecchio padre aveva portato una maledizione sulla caccia. Poco tempo dopo era morto anche il vecchio ed anche questo presagio era stato seguito da una caccia sempre più povera di prede.

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Non abbiamo più contatti con la nave madre, è ormai evidente che c’è stato un disastro e che è andata perduta. Ora tutti noi siamo prigionieri in questa terra di giganti mostruosi e famelici. Non abbiamo speranze, ma dobbiamo far si che nessuno osi mai più venire dal nostro mondo in questo terribile luogo di morte. Tenteremo pertanto di convogliare tutta l’energia residua delle nostre navette in una sola di esse e sperare che in questo modo riesca a raggiungere la velocità di fuga di questo pianeta e tornare alla nostra base per avvertirli.
In tutte queste notti abbiamo tentato di segnalare la situazione alla nave madre, ma ora non dobbiamo più disperdere l’energia. La navetta con tutta la nostra energia residua è pronta per partire con un ridotto equipaggio già selezionato. Gli altri sopravvissuti fra noi dovranno sacrificarsi per tenere lontani i giganti, durante la fase di lancio. Fuggite quanto più lontano potete e cercate di sopravvivere finché vi sarà possibile, purtroppo non posso darvi molte speranze, se non quella che forse salveremo la nostra razza da questo micidiale pianeta.
Ecco, arrivano, è il momento di disperdersi il più lontano possibile, addio fratelli. E così dicendo, tutti si diedero alla fuga e in tutte le direzioni, mentre le frecce sibilavano tutto intorno a loro e le tremende grida risuonavano ovunque …. grida … ululati … frecce …. morte … ed un lampo accecante ed un guscio che sale nel cielo … ed altre grida ed altre frecce ed altra morte …

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Ester era sulla soglia del monastero in attesa che venissero ad aprire e i suoi pensieri correvano al giorno in cui, dopo tante ricerche, Veranio le aveva suggerito di fare quel tentativo. Père Ambebe si era recato in quel monastero, prima di partire per il Congo, in omaggio a Don Anselmo per recare messaggi dei confratelli e di una sorella coetanea che non l’aveva più rivisto da che era partito. Forse i frati potevano aver ricevuto notizie di prima mano, magari attraverso altre comunità ecclesiali africane.
Mentre tutti questi pensieri affollavano la sua testa, una voce filtrò da lontano:

- Signorina … Signorina … Si sente bene? Oh, santo cielo! Signorina! La sta ben?
- Eh? Cosa? Sì, sì sto bene Padre, mi scusi ero sopra pensiero, sono qui per incontrare il vostro Priore, ho un appuntamento.

Fu accompagnata nel chiostro, dove era attesa dal Priore. Egli volle sapere le ragioni del suo attivo interessamento e quando seppe di tutto il lavoro di ricerca che aveva fatto per scoprire le cause della misteriosa scomparsa del loro confratello e quanto si fosse appassionata a quel tragico fatto, le confidò che anche tutti loro erano rimasti colpiti dalla tragedia ed avevano compiuto tutti i passi in loro potere per scoprire come era potuta succedere. Le informazioni erano anche per loro state ardue da ottenere ed infine avevano dovuto rassegnarsi alla verità ufficiale. Tempo dopo tuttavia, sapendo della loro tristezza per un fatto così inesplicabile, alcuni loro confratelli congolesi li avevano ricontattati perché un individuo misterioso aveva loro recapitato un involucro chiuso con sopra, in una scrittura incerta, il nome Père Ambebe Dufebre. Un confratello di passaggio lo aveva portato in Europa e, tramite altri passaggi occasionali, il plico era infine giunto al Suo monastero.
Ester non stava più nella pelle, ma si tratteneva per non urtare la sensibilità dell’anziano, evidentemente in preda alla commozione. Mentre stava per sollecitare un chiarimento, fu l’anziano monaco a proseguire.
Il plico venne aperto in presenza della sorella di Don Anselmo, nella speranza che vi fosse qualche parola su di lui, ma non era così, il diario era stato tenuto in relazione a quel particolare viaggio e non trattava d’altro. Il sacerdote non era mai arrivato a destinazione, ne aveva mai incontrato Don Anselmo. Dal momento dell’arrivo in prossimità del punto di sbarco il linguaggio di Ambebe aveva subito una trasformazione e si parlava di cose strane, cose incomprensibili per noi. Proprio così diceva l’anziano monaco, cose incomprensibili per noi. Forse Lei signorina riuscirà a trarne ... qualcosa. Le permetterò di leggerlo, purché non si allontani da qui.
Ester passò i minuti d’attesa nel chiostro, cercando di trattenere l’entusiasmo che le scoppiava dentro e, quando le fu recapitato il diario, si sedette sulla balaustra del chiostro e lì restò, in avida lettura, quasi fino a sera, quando le venne detto che era ora d’andare, che non era più possibile restare lì ed allora ella restituì il diario, ringraziò i suoi ospiti ed uscì, ma poi si appoggiò al muro del convento e stette lì, per un tempo infinito, con gli occhi al cielo stellato, con la mente in un’estasi di immagini e pensieri. E ogni tanto rideva, fragorosamente, per poi tapparsi le labbra in riguardo al luogo sacro. Ed ancora altri pensieri ed altre immagini. Poi si mise a camminare senza la più pallida idea di dove si stesse dirigendo, ma con grandi respiri profondi e lunghi sguardi rivolti alle stelle e scuotendo la testa e ridendo e così per tutto il tragitto.

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Veranio era stato invitato a cena, ma non sapeva se andarci. Al solito Ester sembrava sentirsi in diritto di chiamarlo quando le faceva comodo e mai una volta gli era stata concessa qualche soddisfazione di suo.
Era deciso a parlarne, quella sera, se fosse andato. Ma forse, in fondo, non sarebbe andato! E questa idea era ancora presente nella sua mente, mentre suonava il campanello dell’appartamento di Ester e forse anche mentre la salutava …
Ester era vestita come non l’aveva mai vista, e il suo sorriso emanava luce, come non l’aveva mai visto.
Balbettando, Veranio, chiese cosa stesse succedendo e per tutta risposta, Ester disse che gli avrebbe rivelato un segreto, un segreto che sarebbe rimasto fra loro due soltanto, per sempre e poi, prima di chiudergli le labbra con un bacio, sussurrò al suo orecchio:

- Lo sai? I tuoi Pigmei sono dei giganti … hanno salvato il nostro pianeta da una razza predatrice, proveniente da altri mondi, che avrebbe voluto conquistare la Terra.



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