sabato 16 giugno 2018

Questioni di lana caprina …





A quanto pare, il problema tra la fisica classica e la meccanica quantistica (MQ) è essenzialmente legata all’idea che vi possa o non vi possa essere una realtà oggettiva “indipendente” e conoscibile nelle sue componenti singole, dalle quali poi “riassemblare” l’insieme per ottenere un quadro generale coerente, come sostiene appunto la fisica classica. La MQ non accetta questa prospettiva e la respinge in toto in quanto contrasta con le sue verifiche sperimentali del mondo subatomico e con tutto quel corpo matematico che si dimostra in grado di descrivere tali esperimenti, a patto di basarli sulla “non-separabilità” delle suddette componenti (classicamente intese): esiste solo una funzione d’onda universale dalla quale è possibile estrarre singole osservazioni in “contesti” ben definiti sperimentalmente (soggetto + setup). Ne consegue che l’universo non è conoscibile in quanto tale, e nemmeno esiste come insieme di costituenti singoli, semmai può essere visto come condizione a priori, trascendente. La specificità della MQ consente solo “osservazioni soggettive su contesti predisposti in modo univoco” e ogni volta sarà necessario ripetere l’intera procedura, prima di poter osservare qualcos’altro.



Non esiste la possibilità per noi, facenti parte di questo universo, di osservarlo “dall’esterno”, come vorrebbe poter fare la fisica classica, in modo surrettizio, grazie appunto al postulato (opposto e plausibilmente arbitratrio) della “separabilità”. Se noi decidiamo che l’universo si può legittimamente studiare scomponendolo in singole parti, per poi rimetterle insieme e “presumere” che esse “funzioneranno” correttamente, allora abbiamo il punto di vista della “fisica classica”.
Se, invece, riteniamo che ciò sia un presupposto arbitrario e invece consideriamo l’universo qualcosa di diverso e molto più ricco delle sua parti, allora, come alcune scuole MQ suggeriscono, non è lecito comportarsi come il dottor Frankenstein e illudersi che (metaforicamente parlando), mettendo insieme parti di cadaveri potremo mai ricomporre un essere vivente. D’altra parte, sempre dalla prospettiva MQ, è illusorio pensare di poter studiare l’universo standoci dentro … S'incontrerebbero le stesse difficoltà di principio che affronterebbero gli astronomi, che cercassero di studiare la nostra galassia: essi dovrebbero osservare come sono fatte tutte le altre, per farsi comunque solo una vaga idea della nostra. Tuttavia nel caso dell’universo non esiste una “seconda copia esterna” da studiare … Quindi, si è surrettiziamente deciso di postulare la possibilità di studiarne a fondo le varie parti, per poi ricomporle in un tutto plausibile, per quanto necessariamente incompleto.
La MQ, come scienza puramente naturalistica, esclude inoltre dal proprio quadro di riferimento tutto ciò che non sia verificabile scientificamente e quindi lo scontro con le teorie classiche che sono, forse, meno rigide sotto questo aspetto risulta ancora più netto.
Citando alcune considerazioni dai sotenitori della MQ: “According to QM, the world exists only as a cloud of simultaneous, overlapping possibilities - technically called a “superposition” - until an observation brings one of these possibilities into focus in the form of definite objects and events. This transition is technically called a “measurement.” One of the keys to our argument for a mental world is the contention that only conscious observers can perform measurements.”
Uno degli aspetti considerati fragili nalla posizione della MQ è proprio alle sue fondamenta: il concetto di misurazione e la necessità di un soggetto che la esegua.
In questa impostazione si rilevano due possibili paradossi:
1) La realtà non esiste, per sé, a meno che un qualche “soggetto” non effettui una qualche misurazione ... Siamo dunque tutti pazzi?
2) Come emerge, in origine, un soggetto in un costesto simile?

Se il mondo non è altro che “… una nebbia di  possibilità simultanee che si sovrappongono …” risulta evidente che abbiamo solo rovesciato il problema della visone “classica” dell’universo: in quel caso abbiamo certezza che esistano i soggetti e quindi la possibilità di osservare i fenomeni, ma ci manca la possibilità di “esternarci” da esso per farlo … Mentre nal caso dellla MQ, abbiamo individuato la natura della totalità dell’universo, ma ci viena a mancare il modo di giustificare l’esistenza dei soggetti, che siano poi in grado di prelevarne dei campioni validi da studiare … o no? …

L’accusa che viene mossa alla MQ è che si tratti di una posizione solipsistica, che si rinunci a conoscere il mondo là fuori per inventarsene però uno del tutto basato sulla soggettività ... Ci si risponde che si tratta di una soggettività allargata alla totalità dei possibili “sperimentatori”, i quali grazie alle regole matematiche condivise possono appunto fornire la controprova che le osservazioni siano ripetibili e quindi valide almeno a livello intersoggetivo e quindi scientifico … E’ tutto qui? … Siamo sicuri che questo ci consoli dal rinunciare alla possibilità che là fuori ci sia, alla fine, qualcosa che non dipenda da noi? …

Einstein dice, con un buon grado di lassismo, che la fisica è un po’ anche metafisica e che, se vogliamo arrivare a conoscere il mondo, un po’ di flessibilità in partenza ci serve … Che ne sarebbe oggi dell’America se Colombo fosse stato eccessivamente puntiglioso? … Si chiama spirito d’avventura e dove saremmo senza di esso?



=====
Quotes from: Realism and Objectivism in Quantum Mechanics (Vassilios Karakostas, 2012)
=====



===
Image credit: publicly available
===
===

Nessun commento: