martedì 19 giugno 2018

La sai l’ultima sul multiverso? … (che sia la … FINZIONE d’onda?)





Tutto mi sarei aspettato, tranne che sentire battere il martello sull’ultimo chiodo, che sigilli la bara della cosiddetta teoria del multiverso, proprio da uno dei più acuti fisici teorici dei nostri giorni …
In una ricca conferenza sulla natura quantistica dell’universo, non dico chi (così se ho capito male è e rimane solo colpa mia), sostiene che fra le tante debolezze dell’ipotesi in questione, a lato della sua totale incapacità predittiva, c’è anche la più devastante fra tutte e che si configura come di seguito cercherò di rendere con – le semplici - parole che sorgono dalla mia personale comprensione di quanto ho udito:

Come rapida premessa, ad uso dei meno avvezzi, ricordo che la cosiddetta teoria del multiverso (da quanto ho potuto capire dal mio modesto osservatorio) vorrebbe considerare l’esistenza non del solo nostro universo, per capirci quello che noi comuni osserviamo ad occhio nudo ma anche lo stesso che l’astronomo classico, fin dai tempi di Galileo, potesse osservare coi telescopi, bensì la “necessità” che vi siano infiniti universi alternativi e coesistenti in dimensioni aggiuntive. La ragione fondamentale – se non la sola - per tale deduzione (dato che di osservazoni non se ne parla proprio!), è da ricondurre alla natura quantistica dell’universo stesso: si dice che ogni qual volta che venga presa una decisione operativa è inevitabile (in termini quantistici) che l’universo prenda entrambe le strade, sdoppiandosi e producendo, al fianco dell’universo di partenza, uno nuovo in cui gli eventi seguono gli sviluppi dettati dalle conseguenze della scelta che nel primo non è stata prescelta. Seguendo questo metodo è ovvio che gli universi si moltiplichino all’infinito, in breve tempo!!!
Per quanto, questa soluzione sembri inevitabile in un’ottica rigidamente matematica, non tutti, fra gli stessi scienziati,  ne condividevano i risultati, per le ragioni più disparate ed io, nel mio piccolo, in mancaza di altri mezzi, perché la consideravo idiota … a naso.

Capisco che questa mia irriverenza possa a molti apparire pretenziosa, nei confronti di quei fior fiore di fisici che l’hanno formulata, ma non è così: tutto quello che di buono so viene da loro (da tutti loro!) e di mio c'è solo la curiosità e l’avventatezza del principiante …

In realtà, l’attacco più feroce e più devastante a questo concetto di multiverso è frutto di alcuni dei loro stessi colleghi e lo è in quanto mina alle fondamenta il ragionamento che sta alla base dell’idea stessa.

Esitono due modi di considerare l’universo: la visone classica (Newton, Einstein, ecc.) e la visione quantistica (Susskind e molti altri). Secondo la visone classica, l’universo risponde prevalentemente alla Relatività ed alle osservazioni astronomiche che - per la maggior parte - la confermano; mentre secondo l’impostazione quantistica, in ultima analisi, finirà per emergere come l’intero universo – così come il mondo subatomico – risponda alle più fondamentali leggi della meccanica qualtistica (in qualcuna delle sue varianti o in più di una …).

E’ quindi evidente come sia basilare la distinzione fra queste due impostazioni di fondo per capire di cosa stiamo parlando. Ed ecco che il nostro conferenziere scaglia il suo dardo avvelenato …

Nella formulazione della meccanica quantistica l’universo NON ESISTE IN ALCUNA FORMA DEFINITA fino a quando non venga effettuata una specifica osservazione da parte di un osservatore fisico (per esempio uno scienziato che effettua un esperimento materiale sulla radiazione, o sulle particelle di materia) … Dunque, l’universo nel resto del tempo è solo un’indefinito ammasso caotico di fluttuazioni quantistiche, inquadrabili unicamente nella cosiddetta “funzione d’onda”.




Se le cose stanno così (e stanno così!), allora la visione del cosiddetto multiverso, pieno di bolle cosmiche ben sistemate nelle apposite caselle dimensionali, assomiglia fin troppo ad una visione TRAGICAMENTE  "classica" delle cose …

Chi mai potrebbe osservare quantisticamente l’intero universo (e men che meno un’infinità dei medesimi!!) senza violare i presupposti che la meccanica quantistica impone? …

Secondo il nostro conferenziere, nell’impostazione quantistica vi può essere solo UNA “storia classica” che ci pertiene e che emerge dal caos quantistico ed è quella che scegliamo di osservare con i nostri esperimenti e in ultima analisi col nostro vivere come esseri senzienti … Tutte le altre “storie” sono ectoplasmi illusori che emergono TRANSITORIAMENTE nei calcoli, ma come spesso accade appunto nei calcoli (pensate ai “riporti” nelle moltiplicazioni) sono solo effimeri prodotti utili solo a pervenire al risultato utile che effettivamente ci interessa e dal quale dipenderanno le nostre VERE decisioni.

Ora, sarà pur vero che definire idiota l’idea di multiverso sia un po’ avventato, ma che dire allora di chi l’accusi d’essere un … CLASSICO …?


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PS. Un esempio di come sia possibile affrontare un argomento cosmologico servendosi dei due opposti metodi succitati è il diverso approccio che essi hanno rispetto all’origine dell’universo.
Come quasi tutti ormai sanno, la teoria del BigBang (BB) suggerisce che tutto abbia avuto inizio (fatte salve tutte le varianti e le cautele del caso) da una specie di esplosione dell’energia primigenia … Tuttavia esistono problemi irrisolti che impediscono una spiegazione plausibile delle origini di tale concentrazione di energia.
Essendo la Relatività Generale (RG) alla base della teoria del BB, anche quest’ultima si presenta come una teoria di tipo “classico”; e siccome le equazioni della RG collassano al momento del BB e non sono in grado di giustificare ciò che lo abbia causato anche la BB risulta incompleta.
Per poter superare queste limitazioni, occorrerebbe disporre di una teoria unitaria - l’ipotizzata Gravità Quantistica (GQ) – che purtroppo non esiste ancora – in grado di unificare RG e meccanica quantistica (MQ): il motivo di ciò è che solo la MQ, si ritiene, potrebbe rispondere alle specifiche problematiche, che si presentano in condizioni di energia estremamente concentrata in dimensioni spaziali infinitesimali, quali quelle tipiche del BB.
In mancanza di una definitiva teoria GQ, l’unica possibilità di studiare gli istanti immediatamente prima e dopo il BB è quella di procedere per tentativi ed approssimazioni. Questo compito è in corso di svolgimento da parte di una gran quantità di fisici teorici e delle loro comunità di studenti, ognuno dei quali procede seguendo un’infinità di possibili ipotesi di lavoro, molte delle quali finiranno necessariamente per rivelarsi dei vicoli ciechi, senza che questo debba sminuirli o essere considerato a priori inutile.
Nessuno può in effetti sapere quale (o quali) delle molte strade percorse potrà portare al successo, non resta che fare una scelta soggettiva … ed ecco la mia:
La questione di fondo è come sia potuto iniziare tutto: è vero che c’è stato il BB, ma la presunta concentrazione di energia che ne è all’origine in che modo la si può spiegare? … La RG non è in grado di fornire una risposta congrua ed per ciò che – come per i Buchi Neri (BN) – si fa ricorso al noto escamotage di postulare la presenza della cosiddetta “SINGOLARITA”. Una singolarità esprime sinteticamente la fine del campo di applicabilità di una teoria, nella fattispecie parliamo della RG, che fallisce ogni qual volta si verifichi una concentrazione di energia/materia tali da deformare lo spaziotempo all’infinito, ed è appunto questo il caso dei buchi neri in genere e del bigbang. Ovviamente, la singolarità cosmologica non è una spiegazione e richiede quindi l’introduzione di metodi matematici alternativi per tentare di fornire una spiegazione lineare del passaggio dal NON UNIVERSO a quello che chiamiamo il NOSTRO UNIVERSO e che procede dal BB in poi … come dire: che cosa c’era prima? … E che cosa può aver scatenato il putiferio da cui tutto è emerso? …
Perché la MQ – che si occupa precipuamente del mondo subatomico – dovrebbe poterci fornire un contributo?
Nella stessa conferenza di cui ci siamo occupati più sopra, è stata presenta una ipotesi di lavoro molto stimolante.


Anche nella teoria del BB è prevista una fase iniziale dell’universo in cui i fenomeni quantistici hanno un ruolo fondamentale, tuttavia essi vengono presi in considerazione per spiegare ciò che accade in universo che è già il nostro.
Esiste una possibilità che alcuni aspetti della MQ, che oggi vengono impiegati per spiegare la natura dell’elettromagnetismo (EM), possano ispirare anche soluzioni applicabili all’origine del cosmo.
La teoria quantistica che spiega come interagiscono gli elettroni (QED = elettrodinamica quantistica) ci dice che essi, come tutta la materia sono il prodotto di campi sottostanti, dai quali le particelle possono emergere spontaneamente – o a causa di interazioni tra particelle esistenti. Il campo elettronico è la fonte da cui spontaneamente possono emergere coppie particella/anti-particella, ovvero elettrone/anti-elettrone (e- / e+). La ragione di ciò è riconducibile alle fondamenta stesse della MQ e alle “per niente classiche” proprietà del modo subatomico: il principio di “indeterminazione” di Heisenberg stabilisce la natura appunto indeterministica della realtà fisica ultima: i campi non stanno mai fermi, “fluttuano” permanentemente tra minimi e massimi, seguendo leggi statistiche, invece delle a noi più familiari leggi termodinamiche, che sono deterministiche, cioè massimamente “prevedibili”.
Per nostra fortuna, quando mettiamo in moto l’auto, il più delle volte, possiamo seguire una procedura prefissata che ci permetterà di guidare fino alla nostra destinazione prescelta … ma se il nostro mondo quotidiano fosse quantistico/indeterministico, potremmo mettere in moto e veder sparire l’auto, sostituita da una lavatrice o da un ferro da stiro al calor bianco … e ogni stranezza del genere …
E’ proprio quello che accade continuamente a livello subatomico, le particelle vanno e vengono e non secondo traiettorie  simili a bocce da biliardo, ma come schegge impazzite, fiondate a caso in ogni direzione e spesso possono sparire nel “nulla” e altrettanto facilmente dal “nulla” rispuntare quando meno te lo aspetti … Questo apparente caos è comunque basato su leggi solide e ormai ben codificate, solo molto diverse da quelle a noi familiari nel mondo del nostro quotidiano: tali leggi escludono la certezza (classica) e la sostituiscono con la probabilità (quantistica).
Dunque, nessun stupore se improvvisamente una coppia elettrone/anti-elettrone dovessero comparire, come dal “nulla” davanti a noi, durante un esperimento scientifico: è possibilissimo, ma non per un qualche strano miracolo, bensì perché in MQ non esiste il “nulla” come lo intendiamo “classicamente” … Ogni luogo, ogni minimo spazio è sempre pregno di tutti quei “campi” di cui dicevamo e che rappresentano appunto ciò che comunemente definiamo spazio vuoto e nulla. Ovunque, l’intero universo è pervaso da una miriade di campi, ognuno dei quali è in grado di supportare delle proprietà specifiche e una scala di intensità o densità proprie, nonché di manifestare vibrazioni particolari, in grado di apparire a noi come particelle materiali o come radiazioni nella varie possibili frequenze dello spettro EM.
Una delle caratteristiche più sorprendenti di questo stato di cose è che, nel caso specifico del campo elettronico, una coppia e-/e+ può “sparire” all’improvviso, così come all’improvviso può “apparire”: ma non nel “nulla” o dal “nulla”, bensì, dal o nel proprio campo sottostante, che essendo invisibile può essere confuso col vuoto o col nulla, a occhio nudo ...
Si tratta semplicemente dell’incostante e perenne oscillazione del campo elettronico che può aggiunge o sottrarre energia alle particelle, provocandone la scomparsa o l’apparizione in modo solo apparentemente inopinato. In tutti questi eventi valgono comunque i principi basilari della fisica e l’energia non può mai essere distrutta, né creata, ma solo trasformata.
Se guardiamo la parte destra  della nostra figura, abbiamo proprio un esempio di questo processo: una coppia e-/e+ si manifesta in conseguenza di un eccesso di energia in un determinato luogo e con ciò l’equivalente quantità di energia è stata sottratta dal campo elettronico sottostante in quel punto, ma noi vediamo solo le particelle materiali, mentre ciò che accade a livello di campi può sfuggirci. Si noti, come ogni evento di creazione di materia debba avvenire in coppie di carica elettrica opposta, questo è un altro esempio delle speciali leggi della MQ: la trasformazione dell’energia in materia (secondo la famosa equazione E = m c2) e viceversa deve rispettare la legge di conservazione della carica elettrica, per la quale nessuna valore di carica può andare distrutto, né creato, ma solo trasformato.
Abbiamo quindi nello schema l’esempio di come gli elettroni possano manifestarsi materialmente a partire dall’energia pura a seguito di un processo puramente statistico che però deriva da una proprietà intrinseca preesistente.
E’ possibile che in modo simile l’universo, nelle sue fasi iniziali sia in uno stato di densità di energia particolare per cui, in uno spazio molto minuscolo, le fluttuazioni di un qualche campo fondamentale possano portare alla comparsa di particelle di materia / anti-materia e che a seguito di processi vari (che qui bypassiamo) da questi si sia poi sviluppato il BB e tutto quanto ne segue? …

Con questo, non pretendo di aver esaurito la spiegazione; ho solo voluto buttare qualche idea sul tavolo per stimolare l’appetito di chi mi legge … Ma spero di aver tracciato le linee di come l’infinitamente piccolo sia sempre più inestricabilmente legato all’intero cosmo, nella ricerca della soluzione dei misteri che rendono la fisica dei nostri giorni così interessante e ricca di sorprese.


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PS2   E’ sufficiente? … Possiamo ancora procedere oltre? … Ci siamo prospettati un modo per spiegare il BB, ma possiamo fare un passo oltre? … Le domande non cesseranno mai, per ognuna che riceva la risposta altre ne sorgeranno, è inevitabile … Esiste sempre qualcosa che va al di là della scienza e che pertiene alle cause ultime.
E’ possibile chiedere alla scienza un appiglio in questa direzione? … Come altre volte, Einstein ci suggerisce una via, quando accenna alla dialettica tra scienza e metafisica come trampolino per superare le impasse … E’ importante cogliere la sfida di trovare la causa ultima, la causa non causata di antica memoria, per non rimanere nel limbo di un universo troppo infantilmente meccanicistico, troppo ipnotizzato degli epifenomeni per cogliere sia l’insieme, sia  ogni sfumatura della realtà in tutta la sua “magica” complessità …
Che cosa si intende per meccanicismo infantile? … Diciamo che ci serve un passo verso l’età adulta, nell’osservazione del cosmo: torniamo ad un esempio già sfruttato in passato da me, ma di grande effetto. Ripensiamo al mito di Frankenstein e al suo significato: le parti per quanto accuratamente selezionate e ricomposte non possono affatto – a differenza di quanto accade nel romanzo – produrre la vita. Nessun anatomopatologo si farebbe venire fantasie del genere, ma in quei tempi, in una società impregnata dal mito meccanicistico si potevano avere certe tentazioni, almeno nella fantasia romanzesca. Oggi, più semplicemente sappiamo come sia possibilissimo e perfino facile creare mostri e mostriciattoli, basta ricorrere all’ingegneria genetica … Ma questa è tutta una’altra storia.
C’è una bella differenza comunque tra ricomporre pezzi di cadaveri e dargli una bell scossa e progettare nuove entità biologiche da implementare su basi genetiche, anche se il risultato finale dovesse essere simile …
Quello che ci interessa qui invece è una forma mentis: non posso parlare per le nuove generazioni, ma ancora ai miei tempi la scuola ci inculcava una mentalità tipicamente meccanicistica, per la quale “smontando e rimettendo insieme i pezzi” si può capire come funzionino le cose, salvo poi trascinarsi dietro uno strano fantasma che ci tolga dagli impicci e che gergalmente chiameremmo il “deus ex machina” … Ed ecco servita la frittata! … Non mi stupisce la fatica che ho fatto per liberarmi di certi pregiudizi e poter ragionare con mente un po’ più aperta.
Le macchine funzionano perché ci siamo noi “fuori” (ex machina) a farle funzionare a nostro beneficio, ma nessuna macchina ha MAI, e ripeto MAI, potuto realizzare il “sogno” del MOTO PERPETUO: ecco il punto!
Il meccanicismo trova il suo limite nella separazione tra la macchina stessa e il suo creatore/utilizzatore, la sua causa prima.
Di conseguenza, la nostra impostazione mentale ci porta a considerare l’universo in termini delle sue parti, sommando le quali dovremmo giungere a capire l’insieme … ma come per la biologia, il tutto è più della somma delle parti: il cosmo è più simile ad un organismo che ad una macchina e quindi si finisce per perdere di vista quel “quid” che distingue il “mostro” dall’essere vivente.
Detto in altro modo, quando osserviamo l’universo con gli occhiali del nostro pregiudizio meccanicistico, finiamo per esaltare gli aspetti “luminosi” e per trascurare quelli “oscuri” …
Se vogliamo fare un passo aventi, occorre soppesare ciò che osserviamo in base a parametri diversi dal luccichio delle luci: cosa notiamo osservando di notte il firmamento infinito? … Esso è buio e questo fa risaltare ancor più le scarse luci che lo punteggiano, non è così? …
E c’è una ragione per questo stato di cose: ciò che abbonda oltremodo nell’universo è il cosiddetto spazio vuoto (o spazio interstellare); e come mai allora ci preoccupiamo tanto di osservare le stelle ed i pianeti?
Se quello che prevale è il vuoto, è necessario dare una spiegazione del perché la materia e la radiazione, che tanto ci sta a cuore osservare, stiano lì, appese nel nulla, non si sa a fare che … Che spiegazione possiamo dare? …



Ancora una volta ci viene in soccorso la scienza dell’infinitamente piccolo, ma questa volta in una forma più sofisticata, rispetto alla già citata meccanica quantistica (MQ), e cioè la “Teoria Quantistica dei Campi” (o QFT, usiamo in questo e in alcuni altri casi e per comodità gli acronimi in lingua inglese, che sono anche più universali).
La QFT è stato il primo passo verso l’unificazione della relatività con la meccanica quantistica, ed ha avuto successo solo in parte, in quanto è stato finora possibile unificare solo la Relatività Speciale (RS), dovendo lasciar fuori, per il momento e date le difficoltà insormontabili, la già citata Relatività Generale (RG): questo significa che non abbiamo ancora una spiegazione quantistica per la “gravità”; ma in compenso possiamo ragionare quantisticamente sulle nozioni basilari della relatività: l’equivalenza tra massa e energia (leggi E = m c2) e il concetto di spaziotempo einsteiniano al posto dei concetti di tempo e di spazio assoluti della meccanica newtoniana/classica.
Quale vantaggio ci offre dunque la QFT per comprendere la natura e le origini del cosmo? …
Ritorniamo al quesito di poco fa circa lo spazio vuoto: perché è lì? Che senso ha? … Sembra un cielo fatto dai bambini per natale, con lo sfondo di cartapesta nera o blu e le stelline di carta dorata e sberluccicante … ma come si spiega tutto ciò? …
Abbiamo già accennato alla diversa visione quantistica dei fenomeni e ora aggiungiamo il contributo della QFT: tutto, e sottolineo tutto, ciò che osserviamo è costituito dagli innumerevoli campi che sottendono all’universo osservabile e dall’interazione di tali campi, che a loro volta generano quegli epifenomeni che a noi appaiono come particelle, atomi, molecole, pianeti, stelle, galassie e quant’altro. E’ proprio tutto quello sberluccichio ad accecarci e ad impedirci di notare il … “buio”, da cui tutto emerge.
I campi di per sé sono invisibili, ma gli effetti che producono ci permettono di dedurre la loro presenza: tutti vediamo gli effetti del campo elettrico ogni volta che accendiamo la luce, o che utilizziamo un computer, ma non ci preoccupiamo troppo dei campi (EM) che consentono a tutti quei processi di presentarsi ai nostri occhi ipnotizzati … Tranne forse quando qualcuno ci faccia notare il danno, che proprio quei campi, possono ingenerare in chi tenga un cellulare troppo a lungo vicino alla testa … O quando un incidente a qualche centrale nucleare ci investa con radiazioni ionizzanti frutto di “campi” (Energia Nucleare Debole) di cui forse mai abbiamo sentito parlare ma che ci procurano terribili malattie …
Esiste anche un campo “universale”? … Qui siamo un po’ nei guai, perché questo è l’unico campo che, per così dire, canta fuori dal coro: si tratta del “campo metrico” (o campo gravitazionale) che ci riconduce alla Relatività Generale e ai suoi problemi con la QFT. La caratteristica di questo campo è proprio che non ha ancora una sua fisicità ben definita (anche se la si ipotizza in alcune teorie), ma al momento è “solo” un campo spaziotemporale immateriale, esso è tuttavia sensibile – in modi ancora oscuri - agli effetti della gravità.
Possiamo quindi per ora solo limitarci ai campi che funzionano con la QFT, per procedere nel nostro ragionamento:
Senza soffermarci troppo nei dettagli, limitiamoci a considerare una certa quantità di campi interagenti tra loro nel nostro attuale universo e risaliamo da qui verso il suo passato come risulta dalla teoria del BB: in questo caso dobbiamo prendere in considerazione il fatto che tali campi sono la conseguenza dell’attuale dimensione dell’universo e che risalendo indietro nel tempo, col ridursi di tali dimensioni, cambia in proporzione, anche la densità energetica (diciamo per semplicità la “temperatura”) e conseguentemente il tipo e il numero dei campi si riconfigura per rispondere alle nuove condizioni. I campi non sono entità fisse e predefinite, ma il risultato delle condizioni generali presenti nell’universo in tempi diversi: se oggi prevale il “buio” costellato di “stelle”, in passato poteva essere ben diverso e lo sarà facilmente anche in futuro, magari potrebbe essere tutto buio e senza stelle e pieno di buchi neri … chissà! …
L’universo non è - e non è mai stato – un’entità fissa e statica, ma è una sorta di organismo in perenne mutamento e caratterizzato delle sue età: nascita, sviluppo, pienezza, degrado e fine, per usare una metafora biologica. Anche in questa metafora abbiamo un concetto che permane e allo stesso tempo muta ad ogni mutata fase dell’esistenza: l’energia vitale dell’essere vivente è esplosiva e quasi caotica nelle sue fasi iniziali, per giungere poi alla pienezza della forza durante la maturità e andare scemando al sopraggiungere della vecchiaia; ed anche rimanendo in metafora possiamo notare come la nascita e la morte dell’organismo configurino due eventi dalla natura, o “singolarità”, che travalicano i processi interni tipici della vita "singola" e che prefigurano qualcosa di specifico e in qualche modo altro, eppure riconducibile ad un processo continuo ad un livello superiore ma congruo.
Anche per l’universo e per i campi che lo definiscono, possiamo prendere in considerazione un’evoluzione composta da fasi caratterizzate – nello specifico – dalla densità di energia di ciascuna di esse: se nella fase presente possiamo osservare una quantità di  campi diversi in presenza una densità bassa, ne possiamo dedurre che in un universo più compatto il totale dei campi sarà diverso, plausibilmente molto più ridotto … Ed è così, ce lo dice la QFT, in quanto al crescere della temperatura le differenti forze collegate ai campi tendono a convergere e tendono ad unificarsi e ridursi di numero. Sappiamo già che l’elettricità e il magnetismo sono due facce della stessa medaglia ed è per questo che siamo avvezzi a chiamarle unitariamente Elettromagnetismo; allo stesso modo anche quest’ultimo nelle giuste condizioni risulterà unificato con la forza e i campi che definiscono il decadimento radioattivo (ovvero la Forza Nucleare Debole) e assumono la definizione di Forza Elettro-Debole e di conseguenza riducono ulteriormente la lista dei campi in dette condizioni del cosmo. Quando temperatura e densità di energia crescono ulteriormente, anche la Forza Nucleare Forte (quella che tiene insieme i quark nel nucleo atomico) si combina con la Forza Elettro-Debole e riduce ulteriormente la scelta, dando luogo a quella che si chiama Teoria di Grande Unificazione (o GUT) e che ci rappresenta l’universo come si presenterebbe nelle sue fasi iniziali. Purtroppo a questo quadro manca, come già sappiamo l’unificazione, con la gravità, che potrebbe condurci direttamente alla cosiddetta – e un po’ troppo enfatica -  Teoria del Tutto (o ToE).
Tanto però basta, per indicarci la strada verso un possibile quadro generale di come le cose potrebbero essersi svolte all’inizio dei tempi: un universo ai suoi albori sarebbe un luogo con un singolo campo molto speciale e totalmente unificato, ma pur sempre un CAMPO! …
E come si addice a un campo esso fluttua e fluttua e … fluttua … Niente lo può fermare, niente lo può distruggere e niente lo può …CREARE! … E sì, non può essere creato né distrutto, QUINDI NON PUO’ CHE ESSERE ETERNO!
Ecco la risposta che cercavamo: l’universo è in origine un campo fondamentale in perenne fluttuazione ed eterno - sottratto perciostesso di diritto al flusso temporale come noi lo definiamo – e in grado di generare e trasformare universi a ciclo continuo (grandi o piccoli che siano, brevi o interminabili, semplici o frattalmente complessi che dir si voglia).
Un’altra caratteristica di un tale universo (o collezione di universi che dir si voglia) è che esso è causa prima, o se si preferisce è causa di sé, o ancora "causa incausata". E’ un entità caratterizzata SOLAMENTE dalla propria natura instabile e turbolenta e per lo più massimamente caotica … tuttavia … tuttavia nell’arco della sua ETERNA variabilità è altresì altamente plausibile che in una percentuale frazionaria preveda – come eccezione rarissima – anche il caso di una fluttuazione “ordinata” (o a bassa entropia) e che possa pertanto dare vita ad un universo come il nostro, che parta dall’ordine e si espanda nel senso dell’entropia crescente, ovvero dell’aumento del disordine, proprio come sta accadendo al nostro.

Non sappiamo cosa troveremmo se potessimo esplorare gli eoni che ci hanno preceduto, o quelli che ci seguiranno, ma possiamo immaginare tanti universi effimeri, tanti che durino a lungo nel buio pesto e in un maelstrom di energia pura, tanti che ribollano come una pentola in ebollizione e tanti tanti altri che non possiamo nemmeno immaginare e che forse nessuno potrà mai immaginare … eppure tutto ciò non ha né fine né principio … perché l’unico universo conoscibile può essere quello in cui – per puro caso – un essere senziente si sveglia dall’oblio e si specchia, in un cielo stellato costruito con carta colorata, da una giovane vita cosciente.




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