martedì 12 giugno 2018

La teoria delle cazzate in fila una dietro l’altra …




Sarebbe possibile dimostrare come la visione “classica” di Einstein non sia affatto incompatibile con la visione della Meccanica Quantistica, sia nella sua formulazione base e varianti storiche, sia secondo le più recenti scuole di pensiero “filoso …vietiche” …

Basandosi – a questo scopo - sul principio che la “realtà fisica/fenomelogica” non è definita in “nessun” modo particolare (cioè in nessuno dei modi che noi usiamo per rappresentarla: teorie/filosofie/religioni/ecc. …) bensì sia tale che ogni possibile descrizione vi si adatti …

Paradossale o meno che si consideri tale idea, si tratta dell’unica spiegazione sensata!! … E non solo, è anche la più logica, in quanto ovviamente noi non siamo in grado di “capire” un presunto universo “oggettivo”, ma solo di “rappresentarcelo” in modi del tutto parziali e preconcetti: ogni nostro “esperimento” scientifico, che studi il mondo, non può che essere “inficiato” dai nostri limiti e finire per rappresentare in modo deviato ciò che cerchiamo di studiare … E’ questo un principio basilare della stessa MQ: l’impostazione di un esperimento (setup) ne condiziona inesorabilmente l’esito; ma secondo la mia personale visione, questo limite è in effetti molto più gravido di conseguenza di quanto si immagini.



Esiste un “limite” intrinseco alle nostre capacità di studio della natura e per ulteriore paradosso  – e per aggravare le cose – è già tale limite in sé a sfuggirci inesorabilmente … Già in passato, ho spesso rimarcato come: NON SIAMO NOI A POTER “COMPRENDERE” L’UNIVERSO, MA E’ (semmai) L’UNIVERSO A “COMPRENDERE” NOI !!! … e non si tratta solo di un gioco di parole: noi mitiziamo le nostre presunte capacità mentali e ci illudiamo che siano illimitate, ma non è così! … La prova ne sia che la realtà in cui viviamo è da sempre – e non fatevi illusioni per il futuro! – fuori controllo e ad ogni tentativo di riprenderne il controllo … essa ci scappa da tutte le parti, ridicolizzandoci …  Non facciamo che spostare i problemi avanti nel tempo e consolarci con sempre nuovi e più mirabolanti gadget, ma è una ben misera consolazione e non è nemmeno codivisibile con la maggior parte degli altri esseri umani: è solo il parto egoistico di menti esaltate e ipocrite a spingere su questa presunta “evoluzione” …

La teoria del tutto (che è il “tutto” solo per alcuni scienziati poco attenti) è solo un altro inutile mito, per poter procrastinare la presa di coscienza dei nostri limiti naturali, dei quali non dobbiamo certo vergognarci, ma che, se giustamente intesi, potrebbero salvarci dal mito più pericoloso che da sempre incombe su di noi … quello del “progresso”.

La follia dei nostri tempi è già arrivata a postulare la “singolarità”(*) come (futuribile?) panacea di tutti i mali, come (delirante?) promessa di immortalità surrogata, come (legittima?) aspirazione a un superomismo d’accatto, come affrancamento dai (presunti?) limiti di questo nostro corpo umano (di cui non capiamo peraltro granché …), come esaltazione della nostra (megalomanica?) ambizione …

Quello che ci serve – forse – è un bagno di umiltà … Uhmm … Ma che cazzo sto dicendo? … Avevo cominciato così bene …





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(*) Per “singolarità”, in questa accezione, si intende l’ipotetico upload (caricamento) delle nostre “menti”, in un futuro non troppo lontano, in qualche evoluto sistema cibernetico, in grado di superare i nostri limiti fisici.


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Sani consigli per approfondire:

(1) Owen Barfield, filosofo, nel 1957;  citazione da “Saving the Appearances”:
 “I do not perceive any thing with my sense-organs alone.… Thus, I may say, loosely, that I ‘hear a thrush singing.’ But in strict truth all that I ever merely ‘hear’—all that I ever hear simply by virtue of having ears—is sound. When I ‘hear a thrush singing,’ I am hearing … with all sorts of other things like mental habits, memory, imagination, feeling and … will.”

(2) Thomas Kuhn, filosofo, nel 1962;  citazione da “The Structure of Scientific Revolutions”; ci fornisce un  esempio di come la stessa scienza cada preda di questa soggettività intrinseca della percezione ... definisce  un "paradigma" come un "corpo implicito di convinzioni teoriche e metodologiche intrecciate", e ne scrive nei seguenti termini:
“something like a paradigm is prerequisite to perception itself. What a man sees depends both upon what he looks at and also upon what his previous visual-conceptual experience has taught him to see. In the absence of such training there can only be, in William James’s phrase, ‘a bloomin’ buzzin’ confusion.’”

(3) Più recentemente, commentando esiti sperimentali sulla non-località della Meccanica Quantistica, il fisico  Anton Zeilinger ha affermato che:
"non ha senso supporre che ciò che non misuriamo [cioè, osserviamo] di un sistema ha una realtà [indipendente].”





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