venerdì 27 luglio 2018

Siamo davvero sicuri che la realtà sia reale? …




Abstract: Una riflessione del tutto nuova su alcune cose dette a suo tempo da John Wheeler (*)…



Se nella vita di tutti i giorni, per fare un’ipotesi, spariamo una palla da tennis (o da baseball, per quel che vale) verso una paratia con una fenditura, la palla può fare una di queste due cose: o passa attraverso la fenditura e procede oltre, oppure va a sbattere contro uno dei due lati e rimbalza indietro. Supponiamo ora di modificare la paratia aggiungendo una seconda fenditura, per poi procedere a sparare la nostra palla come nel primo caso. In questa nuova situazione, la palla ha le stesse opzioni di prima, più la possibilità di sbattere contro il divisorio che separa le due fenditure. In ogni caso la nostra palla continua ad essere una palla e continua a rispettare coerentemente le regole della fisica a noi note e le regole del buon senso alle quali siamo abituati: gli oggetti solidi rimangono tali, a prescindere da quanti buchi nel muro noi possiamo fare o non fare ... Ma esiste una situazione simile in cui le cose ovvie che abbiamo appena detto non si verificano affatto; una situazione che sconvolge totalmente le nostre rassicuranti regole di buon senso e persino le altrettanto rassicuranti leggi della fisica tradizionale … Nel corso del tempo è stato fatto di tutto per cercare di spiegare in modo “ragionevole” i fatti di cui stiamo per parlare, ma fino ad oggi ciò si è rivelato impossibile e sembra che lo si possa considerare impossibile anche per il futuro: non siamo di fronte ad una lacuna della  nostra conoscenza scientifica ma ad una pura e semplice, ineludibile aporia.


Esistono ormai infinite verifiche e relative varianti dell’arcinoto esperimento quantistico delle due fenditure; ogni possibile aspetto e variante ha subito prove e controprove, alla ricerca di ogni possibile scappatoia, o di ogni supposto dubbio … Ormai non vi sono più dubbi (praticamente) sul fatto che siamo di fronte ad un “mistero” vero e proprio, a qualcosa che ci mette per la prima volta di fronte ai limiti delle nostre capacità scientifiche.

Non intendo addentrami nei dettagli tecnici dei vari tipi di esperimenti, sia perché non è il mio mestiere, sia perché è facile per chiunqe trovare su internet ogni possibile chiarimento a riguardo. Mi limiterò a dare per scontato quanto ormai di dominio pubblico e a citare l’esempio classico (di cui riporto un’illustrazione di seguito) come paradigma di tutte le successive variati.

Quando si dice che l’esperimento in oggetto ci presenta un “mistero” insoluto, si vuole sintetizzare e semplificare qualcosa che però richiede anche qualche necessaria precisazione.




Che cosa mai può fare una semplice paratia con due fenditure ad una particella materiale per riuscire a trasformarla nella "mistica"  frazione di un fenomeno tipicamente ondulatorio?


Ripartiamo dal nostro esempio “classico” in cui le palle rimangono palle per tutto il tempo e possono essere sempre riconosciute come tali; inoltre esse percorrono una “traiettoria” ben precisa che può essere identificata in ogni momento, dal momento della partenza, lungo tutto il percorso attraverso la fenditura (o meno) e fino al suo punto di arrivo: questo è tipico della fisica classica, quella che si applica alla nostra vita quotidiana e che non cambia mai.
Se invece di palle da tennis, scegliamo di utilizzare particelle subatomiche (come gli elettroni, per esempio) per fare lo stesso tipo di esperimento andremo incontro a qualche sorpresa …
Come vediamo nello schema, ci procuriamo un cannone a elettroni, che consenta di sparare gli stessi uno per uno, o in rapida successione, proprio come una macchina spara palle da tennis per esercitazioni.
Dato che gli elettroni non sono visibili a occhi nudo, ci occorre uno schermo per rilevare il loro arrivo (pensate ai vecchi televisori a tubo catodico che funzionavano esattamente così), nel nostro caso piazzeremo una paratia lungo la loro strada come nel caso precedente. Cosa accade? … Niente! … Se usiamo una paratia con singola fenditura, gli elettroni si comporteranno proprio come le palle da tennis …
Diversa è la situazione non appena introduciamo la paratia con due fenditure … E che sarà mai! … Due buchi invece di uno … possono davvero fare tutta questa differenza ?! …

Improvvisamente il mondo è sottosopra: da una parte entrano elettroni (palle materiali) e dall’altra escono … onde … (ONDE !?! …) … 

ma no dai ! … chi vuoi prendere in giro? …

Ok! … Facciamo un po’ mente locale: dove cazzo sono andate a finire le palle? … da dove spuntano le onde? … che ci avete messo nel vino? …

La paratia con le due fenditure è proprio come quella di prima che ne aveva una sola, non ci sono stranezze di alcun tipo, anche nelle varianti dell’esperimento in cui si usano solo dei laser e degli specchi semi riflettenti, l’unica cosa che caratterizza il caso con le due fenditure è SEMPLICEMENTE il fatto che gli elettroni hanno la possibilità di “scegliere” e quando ciò accada essi … vanno “fuori di testa”.

Ora ci serve introdurre giusto un pizzico di meccanica quantistica: le particelle subatomiche in genere, e gli elettroni in particolare, non possiedono (a differenza degli oggetti “classici”) una traiettoria definita – né definibile – essi percorrono ogni possibile “via disponibile” in tutto l’universo, ma con la condizione che questi percorsi siano probabilisticamente distribuiti in base alla economicità delle distanze da percorrere e quindi ne consegue che per andare dal punto A al punto B un singolo elettrone non ha una singola traiettoria – come la palla da tennis – ma “deve” utilizzarle tutte nelle debite proporzioni e quindi ancora, l’elettrone esiste al momento di partire e al momento in cui arriva, ma dal punto A al punto B … NON SI SA! … Ovvero, in quel mentre, l’universo è pieno di copie del nostro elettrone originario “frazionato” che tentano di soddisfare la cosiddetta “somma sui percorsi” (i.e.: la sommatoria di tutti gli “infiniti” percorsi ammessi fra i due punti). John Wheeler propone di non indagare troppo e considerare lo stato dell’elettrone in quella fase come una “nebbia” … e lo fa per proteggerci! … Perché l’alternativa è ancora più raggelante … ma andiamo per gradi.

Detto questo, come ci aiuta a capire quel che succede nell'esperimento? ... Le due fenditure possono creare problemi che una fenditura non creava? ... Come mai l'elettrone non impazzisce nel primo caso e invece nel secondo sì? ...
C'è ancora una lezione che ci deriva dalla meccanica quantistica: tutte le particelle subatomiche (e forse non solo) presentano una doppia natura (ontologicamente parlando): sono sì particelle ma allo stesso tempo esse sono a tutti gli effetti anche entità ondulatorie … contemporaneamente! … E’ un concetto non facile da assimilare e anche se lo si accetta, non significa che lo si capisca, anzi …
Un esempio per aiutarci: se gettiamo un sasso nell’acqua, provochiamo delle onde concentriche, che poi si diffondono ovunque ad libitum. La pietra è la causa, le onde sono l’effetto, l’acqua è il mezzo, ma ci serve un’altra cosa fondamentale: il tempo. Il tempo determina una separazione tra la causa e l’effetto dal nostro punto di vista, ma resta il fatto che pietra e onde sono una realtà inscindibile, l’una e l’altra non esisterebbero da sole: l’elettrone e il campo elettronico sottostante formano questo tipo di simbiosi, l’uno senza l’altro non esisterebbero. La particella che chiamiamo elettrone è un “fremito” del campo elettronico, che è sempre necessariamente presente in loco anche lui: dove c’è l’elettrone c’è il suo campo e viceversa: INSEPARABILI.

Ma siamo ancora fermi … Perché la singola fenditura non crea problemi e la doppia sì? … Pensate un momento all’acqua che fluisce da una fenditura dopo l’urto del sasso … Essa passa oltre e procede da quel punto in poi come onda concentrica; ma se mettiamo due fenditure allora le cose cambiano e i due gruppi di onde concentriche che passano si scontreranno tra di loro e formeranno quelle che si chiamano frange di interferenza, ovvero le pance e le gobbe si sommeranno/sottrarranno in modo da creare un nuovo tipo di onda molto più complesso, appunto una frangia di interferenza, ovvero onde armoniche o composite. E’ proprio quello che accade quando poniamo le due fenditure sul percorso del nostro elettrone, il quale avendo con sé anche il suo alter ego “ondulatorio”, appena supera le due fenditure provocherà lo stesso tipo di interferenza “con se stesso” che si osserva nel caso dell’acqua. Quello che viene proiettato sullo schermo è il risultato dell’autointerferenza della parte ondulatoria dell’elettrone che non è più tale a questo punto ma una miriade di ipotesi di sé alla ricerca del percorso verso cui è destinato ma che lo vede nella fase “nebbiosa” (come direbbe Wheeler) della sua esistenza … La cosa che fa “impazzire” l’elettrone è la necessità di fare una “scelta” univoca, mentre non è … univocamente “se stesso”.

Fin qui non sembra poi la fine del mondo, ma stiamo solo introducendo le basi per il ragionamento successivo: a fronte delle innumerevoli critiche e obiezioni che l’esperimento originale ricevette, vi furono altrettante variazione introdotte per cercare di definire il senso che ne consegue. Una di queste variazioni ha permesso di verificare come anche se si sparano gli elettroni uno per uno (magari introducendo intervalli di tempo notevoli) si ottiene sullo schermo di arrivo una figura di interferenza globale, come se tutti fossero partiti insieme e questo fa sorgere il dubbio di come possano i singoli elettroni avere contezza di quello che abbiano fatto i precursori, per poter poi formare una figura di interferenza comune … ed è qui che rientra in gioco il tempo. Per avere questo tipo di informazione gli elettroni dovrebbero poter viaggiare avanti e indietro nel tempo e solo così l’informazione di interferenza potrebbe formare una frangia coerente.
Ecco ciò che Wheeler voleva scongiurare: piuttosto che rinunciare alla coerenza causale e al tempo unidirezionale cui siamo abituati egli ci suggerisce di rinunciare alla “realtà” per un breve lasso di tempo, quello che intercorre tra il punto A e il punto B, per poi ripristinarla all’arrivo dell’elettrone sullo schermo: in quel lasso di tempo, l’elettrone è “indefinito” e la realtà è momentaneamente … sospesa … 

Ma è ora che viene il bello ... per non dire il brutto! ...


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Se noi possiamo “sospendere” la realtà, poco o molto che sia, allora la realtà non conta più niente: ma questo la meccanica quantistica ce lo dice chiaramente anche in molti altri contesti … L’unica occasione in cui possiamo "conoscere qualcosa", ci dice,  è quando eseguiamo un esperimento e limitatamente ad esso ... per il resto, nulla ci è dato di sapere.

Per come la vedo io, forse lo scienziato può assumere l'atteggiamento suggerito da Wheeler, ma il filosofo no. Il filosofo ha un solo modo per non tradire la sua "missione", la sua scelta di vita oltre che di pensiero: osservare e imparare. Non altro! ... Non adattare le cose ai propri desideri, non cambiare il mondo, non interpretarlo, non mettere ordine ... Non è interferire la sua ragion d'essere, ma appunto capire, per quanto possibile ... e non oltre.

Il sottile velo che noi chiamiamo “realtà”, tende a strapparsi ogni volta che ci troviamo di fronte a paradossi inconciliabili e quello della “natura duale” dell’elettrone è uno dei più irriducibili: questa volta i trucchi non funzionano e il velo si è definitivamente danneggiato … Schiere di rattoppatori si agitano per il mondo a tentare di ricucire strappi minori qua e là, ma il danno è strutturale e progressivo e le toppe alla lunga non reggeranno.
C'era stato detto, già in tempi antichi, che la nostra visione del mondo era simile alle ombre in movimento proiettate sulle pareti da un fuoco e che la realtà si svolgeva altrove e noi ce la siamo bevuta; abbiamo cercato per secoli di pervenire a quella cosiddetta “realtà vera” attraverso lo studio intensivo dei dati “oggettivi” e infine eccoci qui … a scoprire che anche quella presunta  verace “realtà” non era a sua volta che l’ennesimo trucco di ombre … Ma allora? … A cosa dobbiamo credere? … Cosa dobbiamo fare? … In cosa consiste la conoscenza? …


Io non ho risposte prêt-à-porter, ho solo riflessioni personali che ognuno può condividere o meno, ma che comunque non pretendono - né potrebbero - mettere fine ai dubbi e alle domande.
Quello che mi prefiggo io è di non accettare che altri, coi loro patetici mezzucci, mi dicano che le cose vanno bene e che basti “perseverare” per giungere infine alla meta … Quale sarebbe la meta? … In cosa dobbiamo perseverare? … Chi è che avrebbe il diritto di dirci quali cose sono “reali” e quali no? …

La “realtà” si è frantumata e non può essere rimessa insieme nemmeno con la supercolla … Dobbiamo uscire dalla caverna delle ombre danzanti, ma non solo per scoprire come anche il sole proietti ombre e siamo noi stessi a causarle; dobbiamo uscire per affrontare le nostre paure e i rischi che il mondo ci riserva e che tali paure in parte giustificano. Il messaggio che ci viene dal nostro amico elettrone è che l’intero universo risponde al nostro richiamo e noi non possiamo evitare di rispondere al suo: l’universo ci appare immenso eppure esso vibra come una corda di piano ogni volta che un singolo elettrone si sposti dal punto A al punto B … e poi si riposa, fino alla prossima vibrazione.
Non c’è dunque da stupirsi se lo stesso Wheeler abbia anche suggerito l’idea che esista un unico elettrone nell’intero universo e che quelle che rileviamo sperimentalmente siano le sue manifestazioni occasionali … ma egli si spinge anche oltre quando propone che l’antiparticella dell’elettrone (anche nota come “positrone”) non sia altro, in effetti, che il percorso dell’elettrone stesso “a ritroso nel tempo” … E voi pensate davvero, che ci sia ancora qualche speranza di salvare la “realtà”? …

Il tempo a cui tanto siamo affezionati, che ci culla amorevolmente dalla nascita alla tomba, che ci rassicura con la sua inesorabile e univoca progressione, non è che il parco giochi del capriccioso elettrone cosmico, il quale se ne va su e giù istantaneamente per gli eoni, allegro e spensierato, come le ridicole astronavi della fantascienza dozzinale … Ma siamo proprio sicuri di sapere ancora cosa sia dozzinale e cosa no? …


Un giorno o l’altro, la marea incontenibile del caos primigenio proromperà attraverso il logoro velo di quella impotente realtà a cui abbiamo affidato le nostre sicurezze e spazzerà via tutto, come un terrificante tsunami, non lasciando che macerie e forse qualche spaesato sopravvissuto, attonito e sperduto … Ma questo è già successo, il fatto è, che l’unico testimone dell'accaduto era una delle tante occasionali ipostasi dell’elettrone, che casualmente bighellonava da quelle parti e che non ci ha fatto poi tanto caso.




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P.S. Il tempo, lo spazio, i corpi celesti, le persone, le piante, le auto, le case, le montagne, le spiagge e così via dicendo … non sono che manifestazioni culturali della modalità mnemonica degli esseri senzienti, di noialtri, insomma … ma tutto ciò non costituisce una speciale “realtà” della quale ci dobbiamo servire per “inquadrare” la natura e l’universo, eppure l’abbiamo fatto, fino ad ora, e questo ci ha messo fuori strada, fino ad ora. Se vogliamo comprendere davvero e andare oltre i paradossi terrificanti in cui siamo incappati, occorre fare meno ricorso alla memoria e meno alla volontà di controllo per concentrarsi su ciò che abbiamo di fronte e che si compone egualmente di ciò che appare evidente e di ciò che non appare affatto ma che è lì e conta quanto tutto il resto … La realtà no, non è reale! … Tranne che per chi la metta insieme nella propria mente e ne faccia uso come di una droga. La realtà non serve …  a nessun “altro”.




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(*) John Archibald Wheeler, American physicist (1911 – 2008).
Image credit: https://en.wikipedia.org/wiki/Double-slit_experiment
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