Tutto mi sarei aspettato, tranne che sentire
battere il martello sull’ultimo chiodo, che sigilli la bara della cosiddetta
teoria del multiverso, proprio da uno dei più acuti fisici teorici dei nostri
giorni …
In una ricca conferenza sulla natura
quantistica dell’universo, non dico chi (così se ho capito male è e rimane solo
colpa mia), sostiene che fra le tante debolezze dell’ipotesi in questione, a
lato della sua totale incapacità predittiva, c’è anche la più devastante fra
tutte e che si configura come di seguito cercherò di rendere con – le semplici
- parole che sorgono dalla mia personale comprensione di quanto ho udito:
Come rapida premessa, ad uso dei meno
avvezzi, ricordo che la cosiddetta teoria del multiverso (da quanto ho potuto
capire dal mio modesto osservatorio) vorrebbe considerare l’esistenza non del
solo nostro universo, per capirci quello che noi comuni osserviamo ad occhio
nudo ma anche lo stesso che l’astronomo classico, fin dai tempi di Galileo,
potesse osservare coi telescopi, bensì la “necessità” che vi siano infiniti
universi alternativi e coesistenti in dimensioni aggiuntive. La ragione fondamentale
– se non la sola - per tale deduzione (dato che di osservazoni non se ne parla
proprio!), è da ricondurre alla natura quantistica dell’universo stesso: si
dice che ogni qual volta che venga presa una decisione operativa è inevitabile
(in termini quantistici) che l’universo prenda entrambe le strade, sdoppiandosi
e producendo, al fianco dell’universo di partenza, uno nuovo in cui gli eventi
seguono gli sviluppi dettati dalle conseguenze della scelta che nel primo non è
stata prescelta. Seguendo questo metodo è ovvio che gli universi
si moltiplichino all’infinito, in breve tempo!!!
Per quanto, questa soluzione sembri
inevitabile in un’ottica rigidamente matematica, non tutti, fra gli stessi
scienziati, ne condividevano i risultati,
per le ragioni più disparate ed io, nel mio piccolo, in mancaza di altri mezzi,
perché la consideravo idiota … a naso.
Capisco che questa mia irriverenza possa a
molti apparire pretenziosa, nei confronti di quei fior fiore di fisici che l’hanno
formulata, ma non è così: tutto quello che di buono so viene da loro (da tutti
loro!) e di mio c'è solo la curiosità e l’avventatezza del principiante …
In realtà, l’attacco più feroce e più
devastante a questo concetto di multiverso è frutto di alcuni dei loro stessi
colleghi e lo è in quanto mina alle fondamenta il ragionamento che sta alla
base dell’idea stessa.
Esitono due modi di considerare l’universo:
la visone classica (Newton, Einstein, ecc.) e la visione quantistica (Susskind
e molti altri). Secondo la visone classica, l’universo risponde prevalentemente
alla Relatività ed alle osservazioni astronomiche che - per la maggior parte - la
confermano; mentre secondo l’impostazione quantistica, in ultima analisi,
finirà per emergere come l’intero universo – così come il mondo subatomico – risponda
alle più fondamentali leggi della meccanica qualtistica (in qualcuna delle sue
varianti o in più di una …).
E’ quindi evidente come sia basilare la
distinzione fra queste due impostazioni di fondo per capire di cosa stiamo
parlando. Ed ecco che il nostro conferenziere scaglia il suo dardo avvelenato …
Nella formulazione della meccanica
quantistica l’universo NON ESISTE IN ALCUNA FORMA DEFINITA fino a quando non
venga effettuata una specifica osservazione da parte di un osservatore fisico (per
esempio uno scienziato che effettua un esperimento materiale sulla radiazione,
o sulle particelle di materia) … Dunque, l’universo nel resto del tempo è solo
un’indefinito ammasso caotico di
fluttuazioni quantistiche, inquadrabili unicamente nella cosiddetta “funzione
d’onda”.
Se le cose stanno così (e stanno così!),
allora la visione del cosiddetto multiverso, pieno di bolle cosmiche ben sistemate nelle apposite caselle dimensionali, assomiglia fin troppo ad una visione
TRAGICAMENTE "classica" delle cose …
Chi mai potrebbe osservare quantisticamente l’intero
universo (e men che meno un’infinità dei medesimi!!) senza violare i
presupposti che la meccanica quantistica impone? …
Secondo il nostro conferenziere, nell’impostazione
quantistica vi può essere solo UNA “storia classica” che ci pertiene e che
emerge dal caos quantistico ed è quella che scegliamo di osservare con i nostri
esperimenti e in ultima analisi col nostro vivere come esseri senzienti … Tutte
le altre “storie” sono ectoplasmi illusori che emergono TRANSITORIAMENTE nei
calcoli, ma come spesso accade appunto nei calcoli (pensate ai “riporti” nelle
moltiplicazioni) sono solo effimeri prodotti utili solo a pervenire al
risultato utile che effettivamente ci interessa e dal quale dipenderanno le
nostre VERE decisioni.
Ora, sarà pur vero che definire idiota l’idea di multiverso sia un po’ avventato, ma che dire allora di chi l’accusi d’essere un
… CLASSICO …?
===
PS. Un esempio di come sia possibile
affrontare un argomento cosmologico servendosi dei due opposti metodi succitati
è il diverso approccio che essi hanno rispetto all’origine dell’universo.
Come quasi tutti ormai sanno, la teoria del
BigBang (BB) suggerisce che tutto abbia avuto inizio (fatte salve tutte le
varianti e le cautele del caso) da una specie di esplosione dell’energia
primigenia … Tuttavia esistono problemi irrisolti che impediscono una
spiegazione plausibile delle origini di tale concentrazione di energia.
Essendo la Relatività Generale (RG) alla base
della teoria del BB, anche quest’ultima si presenta come una teoria di tipo “classico”;
e siccome le equazioni della RG collassano al momento del BB e non sono in
grado di giustificare ciò che lo abbia causato anche la BB risulta incompleta.
Per poter superare queste limitazioni,
occorrerebbe disporre di una teoria unitaria - l’ipotizzata Gravità Quantistica
(GQ) – che purtroppo non esiste ancora – in grado di unificare RG e meccanica
quantistica (MQ): il motivo di ciò è che solo la MQ, si ritiene, potrebbe
rispondere alle specifiche problematiche, che si presentano in condizioni di
energia estremamente concentrata in dimensioni spaziali infinitesimali, quali
quelle tipiche del BB.
In mancanza di una definitiva teoria GQ, l’unica
possibilità di studiare gli istanti immediatamente prima e dopo il BB è quella
di procedere per tentativi ed approssimazioni. Questo compito è in corso di
svolgimento da parte di una gran quantità di fisici teorici e delle loro
comunità di studenti, ognuno dei quali procede seguendo un’infinità di possibili
ipotesi di lavoro, molte delle quali finiranno necessariamente per rivelarsi
dei vicoli ciechi, senza che questo debba sminuirli o essere considerato a
priori inutile.
Nessuno può in effetti sapere quale (o quali)
delle molte strade percorse potrà portare al successo, non resta che fare una
scelta soggettiva … ed ecco la mia:
La questione di fondo è come sia potuto
iniziare tutto: è vero che c’è stato il BB, ma la presunta concentrazione di
energia che ne è all’origine in che modo la si può spiegare? … La RG non è in
grado di fornire una risposta congrua ed per ciò che – come per i Buchi Neri (BN)
– si fa ricorso al noto escamotage di
postulare la presenza della cosiddetta “SINGOLARITA”. Una singolarità esprime
sinteticamente la fine del campo di applicabilità di una teoria, nella
fattispecie parliamo della RG, che fallisce ogni qual volta si verifichi una
concentrazione di energia/materia tali da deformare lo spaziotempo all’infinito,
ed è appunto questo il caso dei buchi neri in genere e del bigbang. Ovviamente,
la singolarità cosmologica non è una spiegazione e richiede quindi l’introduzione
di metodi matematici alternativi per tentare di fornire una spiegazione lineare
del passaggio dal NON UNIVERSO a quello che chiamiamo il NOSTRO UNIVERSO e che
procede dal BB in poi … come dire: che cosa c’era prima? … E che cosa può aver scatenato
il putiferio da cui tutto è emerso? …
Perché la MQ – che si occupa precipuamente
del mondo subatomico – dovrebbe poterci fornire un contributo?
Nella stessa conferenza di cui ci siamo
occupati più sopra, è stata presenta una ipotesi di lavoro molto stimolante.
Anche nella teoria del BB è prevista una fase
iniziale dell’universo in cui i fenomeni quantistici hanno un ruolo fondamentale,
tuttavia essi vengono presi in considerazione per spiegare ciò che accade in
universo che è già il nostro.
Esiste una possibilità che alcuni aspetti
della MQ, che oggi vengono impiegati per spiegare la natura dell’elettromagnetismo
(EM), possano ispirare anche soluzioni applicabili all’origine del cosmo.
La teoria quantistica che spiega come
interagiscono gli elettroni (QED = elettrodinamica quantistica) ci dice che
essi, come tutta la materia sono il prodotto di campi sottostanti, dai quali le
particelle possono emergere spontaneamente – o a causa di interazioni tra
particelle esistenti. Il campo elettronico è la fonte da cui spontaneamente
possono emergere coppie particella/anti-particella, ovvero elettrone/anti-elettrone
(e- / e+). La ragione di ciò è riconducibile alle fondamenta stesse della MQ e
alle “per niente classiche” proprietà del modo subatomico: il principio di “indeterminazione”
di Heisenberg stabilisce la natura appunto indeterministica della realtà fisica
ultima: i campi non stanno mai fermi, “fluttuano” permanentemente tra minimi e
massimi, seguendo leggi statistiche, invece delle a noi più familiari leggi
termodinamiche, che sono deterministiche, cioè massimamente “prevedibili”.
Per nostra fortuna, quando mettiamo in moto l’auto,
il più delle volte, possiamo seguire una procedura prefissata che ci
permetterà di guidare fino alla nostra destinazione prescelta … ma se il nostro
mondo quotidiano fosse quantistico/indeterministico, potremmo mettere in moto e
veder sparire l’auto, sostituita da una lavatrice o da un ferro da stiro al
calor bianco … e ogni stranezza del genere …
E’ proprio quello che accade continuamente a
livello subatomico, le particelle vanno e vengono e non secondo
traiettorie simili a bocce da biliardo,
ma come schegge impazzite, fiondate a caso in ogni direzione e spesso possono
sparire nel “nulla” e altrettanto facilmente dal “nulla” rispuntare quando meno
te lo aspetti … Questo apparente caos è comunque basato su leggi solide e ormai
ben codificate, solo molto diverse da quelle a noi familiari nel mondo del
nostro quotidiano: tali leggi escludono la certezza (classica) e la
sostituiscono con la probabilità (quantistica).
Dunque, nessun stupore se improvvisamente una
coppia elettrone/anti-elettrone dovessero comparire, come dal “nulla” davanti a
noi, durante un esperimento scientifico: è possibilissimo, ma non per un
qualche strano miracolo, bensì perché in MQ non esiste il “nulla” come lo
intendiamo “classicamente” … Ogni luogo, ogni minimo spazio è sempre pregno di
tutti quei “campi” di cui dicevamo e che rappresentano appunto ciò che
comunemente definiamo spazio vuoto e nulla. Ovunque, l’intero universo è pervaso da
una miriade di campi, ognuno dei quali è in grado di supportare delle proprietà
specifiche e una scala di intensità o densità proprie, nonché di manifestare
vibrazioni particolari, in grado di apparire a noi come particelle materiali o
come radiazioni nella varie possibili frequenze dello spettro EM.
Una delle caratteristiche più sorprendenti di
questo stato di cose è che, nel caso specifico del campo elettronico, una
coppia e-/e+ può “sparire” all’improvviso, così come all’improvviso può “apparire”:
ma non nel “nulla” o dal “nulla”, bensì, dal o nel proprio campo sottostante,
che essendo invisibile può essere confuso col vuoto o col nulla, a occhio nudo
...
Si tratta semplicemente dell’incostante e
perenne oscillazione del campo elettronico che può aggiunge o sottrarre energia
alle particelle, provocandone la scomparsa o l’apparizione in modo solo
apparentemente inopinato. In tutti questi eventi valgono comunque i principi
basilari della fisica e l’energia non può mai essere distrutta, né creata, ma
solo trasformata.
Se guardiamo la parte destra della nostra figura, abbiamo proprio un
esempio di questo processo: una coppia e-/e+ si manifesta in conseguenza di un
eccesso di energia in un determinato luogo e con ciò l’equivalente quantità di
energia è stata sottratta dal campo elettronico sottostante in quel punto, ma
noi vediamo solo le particelle materiali, mentre ciò che accade a livello di
campi può sfuggirci. Si noti, come ogni evento di creazione di materia debba
avvenire in coppie di carica elettrica opposta, questo è un altro esempio delle
speciali leggi della MQ: la trasformazione dell’energia in materia (secondo la famosa equazione E = m c2) e viceversa deve rispettare la legge di
conservazione della carica elettrica, per la quale nessuna valore di carica può
andare distrutto, né creato, ma solo trasformato.
Abbiamo quindi nello schema l’esempio di come
gli elettroni possano manifestarsi materialmente a partire dall’energia pura a
seguito di un processo puramente statistico che però deriva da una proprietà
intrinseca preesistente.
E’ possibile che in modo simile l’universo,
nelle sue fasi iniziali sia in uno stato di densità di energia particolare per
cui, in uno spazio molto minuscolo, le fluttuazioni di un qualche campo
fondamentale possano portare alla comparsa di particelle di materia /
anti-materia e che a seguito di processi vari (che qui bypassiamo) da questi si
sia poi sviluppato il BB e tutto quanto ne segue? …
Con questo, non pretendo di aver esaurito la
spiegazione; ho solo voluto buttare qualche idea sul tavolo per stimolare l’appetito
di chi mi legge … Ma spero di aver tracciato le linee di come l’infinitamente
piccolo sia sempre più inestricabilmente legato all’intero cosmo, nella ricerca
della soluzione dei misteri che rendono la fisica dei nostri giorni così
interessante e ricca di sorprese.
===
PS2 E’ sufficiente? … Possiamo ancora procedere
oltre? … Ci siamo prospettati un modo per spiegare il BB, ma possiamo fare un
passo oltre? … Le domande non cesseranno mai, per ognuna che riceva la risposta
altre ne sorgeranno, è inevitabile … Esiste sempre qualcosa che va al di là
della scienza e che pertiene alle cause ultime.
E’ possibile chiedere alla scienza un
appiglio in questa direzione? … Come altre volte, Einstein ci suggerisce una
via, quando accenna alla dialettica tra scienza e metafisica come trampolino
per superare le impasse … E’ importante cogliere la sfida di trovare la causa
ultima, la causa non causata di antica memoria, per non rimanere nel limbo di
un universo troppo infantilmente meccanicistico, troppo ipnotizzato degli
epifenomeni per cogliere sia l’insieme, sia ogni sfumatura della realtà in tutta la sua “magica”
complessità …
Che cosa si intende per meccanicismo
infantile? … Diciamo che ci serve un passo verso l’età adulta, nell’osservazione
del cosmo: torniamo ad un esempio già sfruttato in passato da me, ma di grande
effetto. Ripensiamo al mito di Frankenstein e al suo significato: le parti per
quanto accuratamente selezionate e ricomposte non possono affatto – a differenza
di quanto accade nel romanzo – produrre la vita. Nessun anatomopatologo si
farebbe venire fantasie del genere, ma in quei tempi, in una società impregnata
dal mito meccanicistico si potevano avere certe tentazioni, almeno nella
fantasia romanzesca. Oggi, più semplicemente sappiamo come sia possibilissimo e
perfino facile creare mostri e mostriciattoli, basta ricorrere all’ingegneria
genetica … Ma questa è tutta una’altra storia.
C’è una bella differenza comunque tra
ricomporre pezzi di cadaveri e dargli una bell scossa e progettare nuove entità
biologiche da implementare su basi genetiche, anche se il risultato finale
dovesse essere simile …
Quello che ci interessa qui invece è una
forma mentis: non posso parlare per le nuove generazioni, ma ancora ai miei
tempi la scuola ci inculcava una mentalità tipicamente meccanicistica, per la
quale “smontando e rimettendo insieme i pezzi” si può capire come funzionino le
cose, salvo poi trascinarsi dietro uno strano fantasma che ci tolga dagli
impicci e che gergalmente chiameremmo il “deus ex machina” … Ed ecco servita la
frittata! … Non mi stupisce la fatica che ho fatto per liberarmi di certi
pregiudizi e poter ragionare con mente un po’ più aperta.
Le macchine funzionano perché ci siamo noi “fuori”
(ex machina) a farle funzionare a nostro beneficio, ma nessuna macchina ha MAI,
e ripeto MAI, potuto realizzare il “sogno” del MOTO PERPETUO: ecco il punto!
Il meccanicismo trova il suo limite nella
separazione tra la macchina stessa e il suo creatore/utilizzatore, la sua causa
prima.
Di conseguenza, la nostra impostazione
mentale ci porta a considerare l’universo in termini delle sue parti, sommando
le quali dovremmo giungere a capire l’insieme … ma come per la biologia, il
tutto è più della somma delle parti: il cosmo è più simile ad un organismo che
ad una macchina e quindi si finisce per perdere di vista quel “quid” che
distingue il “mostro” dall’essere vivente.
Detto in altro modo, quando osserviamo l’universo con gli occhiali del nostro pregiudizio
meccanicistico, finiamo per esaltare gli aspetti “luminosi” e per trascurare
quelli “oscuri” …
Se vogliamo fare un passo aventi, occorre
soppesare ciò che osserviamo in base a parametri diversi dal luccichio delle
luci: cosa notiamo osservando di notte il firmamento infinito? … Esso è buio e
questo fa risaltare ancor più le scarse luci che lo punteggiano, non è così? …
E c’è una ragione per questo stato di cose:
ciò che abbonda oltremodo nell’universo è il cosiddetto spazio vuoto (o spazio
interstellare); e come mai allora ci preoccupiamo tanto di osservare le stelle
ed i pianeti?
Se quello che prevale è il vuoto, è
necessario dare una spiegazione del perché la materia e la radiazione, che
tanto ci sta a cuore osservare, stiano lì, appese nel nulla, non si sa a fare che
… Che spiegazione possiamo dare? …
Ancora una volta ci viene in soccorso la scienza
dell’infinitamente piccolo, ma questa volta in una forma più sofisticata, rispetto
alla già citata meccanica quantistica (MQ), e cioè la “Teoria Quantistica dei Campi”
(o QFT, usiamo in questo e in alcuni altri casi e per comodità gli acronimi in
lingua inglese, che sono anche più universali).
La QFT è stato il primo passo verso l’unificazione
della relatività con la meccanica quantistica, ed ha avuto successo solo in
parte, in quanto è stato finora possibile unificare solo la Relatività Speciale
(RS), dovendo lasciar fuori, per il momento e date le difficoltà
insormontabili, la già citata Relatività Generale (RG): questo significa che
non abbiamo ancora una spiegazione quantistica per la “gravità”; ma in compenso
possiamo ragionare quantisticamente sulle nozioni basilari della relatività: l’equivalenza
tra massa e energia (leggi E = m c2) e il concetto di spaziotempo
einsteiniano al posto dei concetti di tempo e di spazio assoluti della meccanica
newtoniana/classica.
Quale vantaggio ci offre dunque la QFT per
comprendere la natura e le origini del cosmo? …
Ritorniamo al quesito di poco fa circa lo
spazio vuoto: perché è lì? Che senso ha? … Sembra un cielo fatto dai bambini
per natale, con lo sfondo di cartapesta nera o blu e le stelline di carta dorata
e sberluccicante … ma come si spiega tutto ciò? …
Abbiamo già accennato alla diversa visione
quantistica dei fenomeni e ora aggiungiamo il contributo della QFT: tutto, e
sottolineo tutto, ciò che osserviamo è costituito dagli innumerevoli campi che
sottendono all’universo osservabile e dall’interazione di tali campi, che a
loro volta generano quegli epifenomeni che a noi appaiono come particelle,
atomi, molecole, pianeti, stelle, galassie e quant’altro. E’ proprio tutto
quello sberluccichio ad accecarci e ad impedirci di notare il … “buio”, da cui
tutto emerge.
I campi di per sé sono invisibili, ma gli
effetti che producono ci permettono di dedurre la loro presenza: tutti vediamo
gli effetti del campo elettrico ogni volta che accendiamo la luce, o che utilizziamo un computer, ma non ci preoccupiamo troppo dei campi (EM) che
consentono a tutti quei processi di presentarsi ai nostri occhi ipnotizzati …
Tranne forse quando qualcuno ci faccia notare il danno, che proprio quei campi,
possono ingenerare in chi tenga un cellulare troppo a lungo vicino alla testa …
O quando un incidente a qualche centrale nucleare ci investa con radiazioni
ionizzanti frutto di “campi” (Energia Nucleare Debole) di cui forse mai abbiamo
sentito parlare ma che ci procurano terribili malattie …
Esiste anche un campo “universale”? … Qui siamo
un po’ nei guai, perché questo è l’unico campo che, per così dire, canta fuori
dal coro: si tratta del “campo metrico” (o campo gravitazionale) che ci
riconduce alla Relatività Generale e ai suoi problemi con la QFT. La
caratteristica di questo campo è proprio che non ha ancora una sua fisicità ben
definita (anche se la si ipotizza in alcune teorie), ma al momento è “solo” un
campo spaziotemporale immateriale, esso è tuttavia sensibile – in modi ancora oscuri - agli effetti della gravità.
Possiamo quindi per ora solo limitarci ai
campi che funzionano con la QFT, per procedere nel nostro ragionamento:
Senza soffermarci troppo nei dettagli,
limitiamoci a considerare una certa quantità di campi interagenti tra loro nel
nostro attuale universo e risaliamo da qui verso il suo passato come
risulta dalla teoria del BB: in questo caso dobbiamo prendere in considerazione
il fatto che tali campi sono la conseguenza dell’attuale dimensione dell’universo
e che risalendo indietro nel tempo, col ridursi di tali dimensioni, cambia in
proporzione, anche la densità energetica (diciamo per semplicità la “temperatura”)
e conseguentemente il tipo e il numero dei campi si riconfigura per rispondere
alle nuove condizioni. I campi non sono entità fisse e predefinite, ma il
risultato delle condizioni generali presenti nell’universo in tempi diversi: se
oggi prevale il “buio” costellato di “stelle”, in passato poteva essere ben
diverso e lo sarà facilmente anche in futuro, magari potrebbe essere tutto buio
e senza stelle e pieno di buchi neri … chissà! …
L’universo non è - e non è mai stato – un’entità
fissa e statica, ma è una sorta di organismo in perenne mutamento e
caratterizzato delle sue età: nascita, sviluppo, pienezza, degrado e fine, per
usare una metafora biologica. Anche in questa metafora abbiamo un concetto che
permane e allo stesso tempo muta ad ogni mutata fase dell’esistenza: l’energia
vitale dell’essere vivente è esplosiva e quasi caotica nelle sue fasi iniziali,
per giungere poi alla pienezza della forza durante la maturità e andare
scemando al sopraggiungere della vecchiaia; ed anche rimanendo in metafora
possiamo notare come la nascita e la morte dell’organismo configurino due
eventi dalla natura, o “singolarità”, che travalicano i processi
interni tipici della vita "singola" e che prefigurano qualcosa di specifico e in
qualche modo altro, eppure riconducibile ad un processo continuo ad un livello
superiore ma congruo.
Anche per l’universo e per i campi che lo
definiscono, possiamo prendere in considerazione un’evoluzione composta da fasi
caratterizzate – nello specifico – dalla densità di energia di ciascuna di
esse: se nella fase presente possiamo osservare una quantità di campi diversi in presenza una densità bassa,
ne possiamo dedurre che in un universo più compatto il totale dei campi sarà
diverso, plausibilmente molto più ridotto … Ed è così, ce lo dice la QFT, in
quanto al crescere della temperatura le differenti forze collegate ai campi
tendono a convergere e tendono ad unificarsi e ridursi di numero. Sappiamo già
che l’elettricità e il magnetismo sono due facce della stessa medaglia ed è per questo
che siamo avvezzi a chiamarle unitariamente Elettromagnetismo; allo stesso modo
anche quest’ultimo nelle giuste condizioni risulterà unificato con la forza e i
campi che definiscono il decadimento radioattivo (ovvero la Forza Nucleare Debole)
e assumono la definizione di Forza Elettro-Debole e di conseguenza riducono
ulteriormente la lista dei campi in dette condizioni del cosmo. Quando
temperatura e densità di energia crescono ulteriormente, anche la Forza Nucleare
Forte (quella che tiene insieme i quark nel nucleo atomico) si combina con la Forza
Elettro-Debole e riduce ulteriormente la scelta, dando luogo a quella che si
chiama Teoria di Grande Unificazione (o GUT) e che ci rappresenta l’universo
come si presenterebbe nelle sue fasi iniziali. Purtroppo a questo quadro manca,
come già sappiamo l’unificazione, con la gravità, che potrebbe condurci direttamente
alla cosiddetta – e un po’ troppo enfatica - Teoria del Tutto (o ToE).
Tanto però basta, per indicarci la strada
verso un possibile quadro generale di come le cose potrebbero essersi svolte
all’inizio dei tempi: un universo ai suoi albori sarebbe un luogo con un
singolo campo molto speciale e totalmente unificato, ma pur sempre un CAMPO! …
E come si addice a un campo esso fluttua e
fluttua e … fluttua … Niente lo può fermare, niente lo può distruggere e niente
lo può …CREARE! … E sì, non può essere creato né distrutto, QUINDI NON PUO’ CHE
ESSERE ETERNO!
Ecco la risposta che cercavamo: l’universo è
in origine un campo fondamentale in perenne fluttuazione ed eterno - sottratto perciostesso
di diritto al flusso temporale come noi lo definiamo – e in grado di generare e
trasformare universi a ciclo continuo (grandi o piccoli che siano, brevi o
interminabili, semplici o frattalmente complessi che dir si voglia).
Un’altra caratteristica di un tale universo (o
collezione di universi che dir si voglia) è che esso è causa prima, o se si
preferisce è causa di sé, o ancora "causa incausata". E’ un entità caratterizzata
SOLAMENTE dalla propria natura instabile e turbolenta e per lo più massimamente
caotica … tuttavia … tuttavia nell’arco della sua ETERNA variabilità è altresì
altamente plausibile che in una percentuale frazionaria preveda – come eccezione
rarissima – anche il caso di una fluttuazione “ordinata” (o a bassa entropia) e
che possa pertanto dare vita ad un universo come il nostro, che parta dall’ordine
e si espanda nel senso dell’entropia crescente, ovvero dell’aumento del
disordine, proprio come sta accadendo al nostro.
Non sappiamo cosa troveremmo se potessimo
esplorare gli eoni che ci hanno preceduto, o quelli che ci seguiranno, ma
possiamo immaginare tanti universi effimeri, tanti che durino a lungo nel buio pesto e in un
maelstrom di energia pura, tanti che ribollano come una pentola in ebollizione e
tanti tanti altri che non possiamo nemmeno immaginare e che forse nessuno potrà mai immaginare … eppure tutto ciò non ha né fine né principio … perché l’unico
universo conoscibile può essere quello in cui – per puro caso – un essere senziente
si sveglia dall’oblio e si specchia, in un cielo stellato costruito con carta
colorata, da una giovane vita cosciente.
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Image credit: publicly available
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