[Una
dedica speciale alla mia vecchia docente di filosofia del
liceo]
Abstract:
Il mio primo insegnante di filosofia sosteneva, come la mia pretesa di poter trarre
conclusioni dalle mie personali letture sull’argomento, senza aver approfondito
prima anche tutta la storia del pensiero filosofico, non fosse altro che un'aspettativa assurda, destinata a procurarmi solo delle cocenti delusioni, ma non
prima di avermi spinto a commettere irrimediabili e pericolosi errori di valutazione
... Allora non capivo il senso delle sue affermazioni e tuttavia accettai il
suo consiglio e stetti a vedere tutti gli altri, mentre cadevano in quella
trappola e finivano per disperarsi “dopo”, per aver combinato tanti guai per sé
e per gli altri, in nome di qualche grave malinteso
...
Nel
frattempo io seguivo un'altra strada; una strada secondaria e poco gratificante
... In mezzo ai boschi, alle colline, alle radure soleggiate, agli specchi d’acqua
ariosi, ai profumi delicati e confusi, difficili da individuare perché
mescolati fra loro ... Una strada ingannevole, a volte, perché facile da
sottovalutare, nella sua discreta spontaneità: io l’ho percorsa sempre cercando
altro, distratto da qualche passeggera aspettativa, eppure “misteriosamente
consapevole” del privilegio accordatomi ... E tutto questo grazie all’avvertimento
di un consigliere spassionato, casuale e malaccorto, non richiesto né auspicato
... Un tale, che probabilmente pensava a tutt’altro, che non si sarebbe mai immaginato
di fare qualcosa di speciale e nemmeno un po’ fuori dall’ordinario ... Non lui
... Non io ... Non il caso ... Eppure, messe insieme, tutte queste cose ...
“Philosophy is
nothing but a myth lavishly elaborate ...
like a light beam
shot straight into your eyes ...” [by: quoting myself]
“No human thing is of
serious importance.” [by: Plato]
“When I want to read
a good book, I write one.” [by: B.D]
Non
credo nei casi della vita, ma temo molto i “cazzi”
della vita ... Ciò nonostante ho avuto, nel mio piccolo, il coraggio di non
nascondermi troppo ... La forza di
affrontare le sorprese, nascoste ad ogni angolo, non sempre gradevoli, non
sempre facili da accettare, non sempre eque dal mio punto di vista, non sempre
desiderate abbastanza, non sempre chiare e comprensibili; non sempre ...
E’ un
vecchio che vi parla ... Non statemi a sentire ... Non ha alcuna importanza ciò
che ho da dirvi ... Ogni vita è un nuovo inizio e dovrà far fronte a rogne del
tutto diverse ... Non resta, che scoprirle ... Non resta, che contravvenire ...
Io
scrivo solo per passare il tempo ... Al posto di giocare una partita a carte
...
====≈≈≈≈====
Era la
mattina di sabato, non c’era nessun impegno in vista ed ero andato a letto, la
sera prima, con la serena consapevolezza di chi sappia, che il risveglio del
giorno successivo potrà essere rilassato, pigro e indefinitamente
procrastinato. Di quella convinzione mi stavo già facendo forte da un bel
pezzo, rigirandomi tra le lenzuola alla ricerca insistita di una ricaduta
nell’oblio profondo, dal quale, tuttavia, continuavo a riemergere
involontariamente. E’ probabile che a darmi fastidio fosse la vaga traccia di
un sogno, che ricompariva nella mia mente ad ogni giro e rigiro nel letto. Non
cercavo di riprendere quel sogno, esso mi era del tutto indifferente e come al
solito lo avevo quasi del tutto dimenticato, ancor prima di svegliarmi ... Invece
era qualcosa che quel sogno aveva sollevato nelle parte razionale del mio io,
riemergente dall’incoscienza. Non ero ancora in uno stato del tutto consapevole
e in me si accapigliavano due spinte opposte: ricordare quella idea indistinta
e dall’altro lato ripiombare nel buio del nulla totale.
Nessuna
idea è abbastanza importante se ti passa di mente quasi subito ... A che scopo
svegliarsi prima del tempo, solo per annotarsela? E’ una cosa che mi capita
continuamente ... Non vale la pena perdere la paciosità di un prolungato
risveglio per queste cose ...
Alla
fine, il tormento di quel continuo rimuginare mi aveva spinto a scendere dal
letto, andare in cucina e mettere su il caffè, mentre l’impellenza di scappare
in bagno mi riportava alla mente l’antica nozione, per cui i pensieri notturni
sono una rappresentazione sublimata di una necessità corporale ... Sarà vero
anche da svegli? E’ possibile che tutti i pensieri, notturni o diurni che siano,
rappresentino solo una visione immaginifica di qualche stimolo fisiologico? ...
E
perché non il contrario? Perché non potrebbe darsi che la nostra convinzione di
avere delle necessità fisiologiche, e financo una realtà fisica, non siano
altro che una manifestazione mentale, per cui il semplice sogno si trasformi in
incubo, ovvero in un sognare tanto “emotivamente intenso” da “apparire” reale?
...
Cosa
sappiamo noi della nostra fisicità? Nulla che non derivi da considerazioni
“elettromagnetiche” e quindi plausibili non più e non meno di quanto lo sia
qualunque altra manifestazione fenomenologica. In altri termini siamo anche
noi, in quanto soggetti il potenziale prodotto del cosiddetto “cervello di Boltzmann” [*], né più né meno di ogni altro aspetto fenomenico ... Ma
questa è un’altra storia ...
La
questione che mi tormentava quella mattina, mentre correvo dal bagno alla
cucina, per non far fuoriuscire il caffè, e dalla cucina al bagno per non far
sgocciolare in giro tutta la schiuma da barba, era una faccenda diversa: cosa
mi avrebbe consentito una volta sveglio di sapere che vi fosse continuità tra
il me che si stava radendo ed il me che si era addormentato la sera prima? ...
Ovviamente, il contesto esterno, gli orologi, i calendari, le altre persone, le
varie connessioni mediatiche ... Ma in assenza di quelle, cosa? ... Senza
precisi riferimenti “esterni” non ci sarebbe modo di verificare la “continuità”
fra il prima e il dopo di una perdita di coscienza ... O no? ...
Proviamo
a riconsiderare la questione da un altro punto di vista: come potrei
ricostruire l’ipotetica continuità tra la mia vita attuale ed una eventuale
vita precedente; quali collegamenti potrei considerare scientificamente
probanti per attribuire validità ad una tale evenienza? ... Sembrerebbe non ve
ne siano affatto, specie se riflettendo razionalmente, eppure, proprio dal più
profondo della mia prospettiva agnostica, mi domando cosa possa, in questo
universo, essere indiscutibilmente presente in un dato istante e totalmente
svanito nell’istante successivo? ... La mente individuale è una tal cosa! ...
E’
sensato definire la conservazione dell’energia come legge fondamentale
dell’universo fenomenologico e poi ritenere ammissibile che l’aspetto più
importante che si manifesti in tale universo, ovvero la mente che oltretutto è
in grado di coglierne il significato, possa “non conservarsi”, sparire nel
nulla e dal nulla rispuntare, in continuazione? ...
Chiariamo
subito che non ho un nome per questo ipotetico “ente”, né lo voglio avere, per
il momento; che non mi interessa fare della metafisica spicciola, né riscoprire
dubbie ispirazioni religiose. Qui ci stiamo ponendo domande pragmatiche; ci
stiamo ponendo di fronte ai paradossi che emergono dalla rinuncia ad indagare
da parte delle metodologie scientifiche principali e persino dalle cosiddette
scienze umanistiche.
La
fisica classica non ammette la possibilità che l’energia venga creata o
distrutta; la fisica quantistica non ammette che l’informazione venga
distrutta; eppure la mente è indiscutibilmente una manifestazione energetica e
nel contempo essa è la quint’essenza del concetto stesso di informazione: come
si può accettare che la mente si dissolva del tutto oggi e che domani appaia
inopinatamente dal nulla? E così miliardi e miliardi di volte nella nostra
vicenda storica ...
Ritornando
alla storia del mio sogno: senza riferimenti non saprei se al risveglio sono lo
stesso io che è andato a letto la sera prima; dunque quali riferimenti potrei
avere, se oggi la mia vita fosse il prosieguo di una vita, o più vite,
precedenti? Ovvero, il fatto che non lo si possa dimostrare scientificamente,
esclude la possibilità che un tale legame, potenzialmente, esista? ...
Una
domanda conseguente sarebbe, naturalmente, che tipo di “continuità” potrebbe
caratterizzare una entità che si debba “conservare”, per essere attinta da ogni
nuova vita nascente? Chi nasce non “produce una nuova mente”, bensì attinge ad
una “disponibilità” imperitura e indistruttibile, in modo simile a come il
corpo fisico attinga all’energia disponibile nell’ambiente, trasformandola al
fine di mantenersi in vita. Ovviamente, il nuovo corpo non ha alcun retaggio
del passato di quella parte di energia che assorba: l’energia ricomincia da una
“tabula rasa”, per produrre un nuovo individuo, così come la “nuova mente”,
perdendo ogni traccia del suo passato mondo conoscitivo, attinge all’ipotetica
“essenza mentale” per costruire l’individualità nascente: un’individualità che
non ha più nulla da spartire con quelle passate, se non la vaga traccia
ricostruita sui libri di storia ... Eppure non siamo al punto di partenza:
sappiamo che deve esistere, in un modo o nell’altro, un tipo di “campo
speciale”, un campo cui la fisiologia del nostro cervello attinge ad ogni nuova
nascita per recuperare quell’”energia mentale”, quella “base informativa”, che
verrà a costituire la mente individuale adulta. La mente non viene creata del
nulla ogni volta che un singolo nasca; così come, alla morte di un individuo,
la sua mente non scompaia semplicemente da questo universo nel nulla ... Ciò
sarebbe un paradosso, ancora peggiore delle spiegazioni mitologiche,
metafisiche, o teologiche ... Noi non possiamo ricordare le presunte vite
passate, come vorrebbero certe subculture più o meno fantasiose o alcune
radicate tradizioni religiose, secondo la mia idea, ma questo non esclude la
possibilità che la mente sia la manifestazione individuale di un “campo”
ipotetico sottostante, attualmente ignoto. Un cervello è un’entità talmente
complessa da non potersi escludere che possa accedere ad un tale campo,
interagendo col quale ne risulti ciò che noi chiamiamo comunemente “mente”.
Nella teoria elettromagnetica basta un filo metallico avvolto in una singola
spira e fatto ruotare in un “campo” magnetico per produrre una corrente
elettrica! ... Perché stupirsi, quindi, che un fenomeno simile possa
coinvolgere il nostro cervello, ben più ricco di “avvolgimenti”, e un “campo”
ipotetico legato alla specificità della nostra neurobiologia.
Non si
tratta di un tentativo di reintrodurre surrettiziamente l’idea di anima, bensì
di provare a dare una qualche “sostanza” a quella parte di noi, che, in fondo,
consideriamo, in alcuni contesti, immensamente importante ...
====≈≈≈≈====
Ero
ancora immerso in queste riflessioni, sorseggiando un caffè semi carbonizzato e
cercando di decidere se accendere il mio laptop, per prendere qualche appunto,
oppure riaddormentarmi sulla sedia, quando una mano apparve dal nulla
appoggiandosi sulla mia spalla e facendomi sobbalzare ... Era la signora della
casa accanto, che solitamente si occupava delle pulizie ed altre faccende di
casa, due o tre volte la settimana ...
- Lei
si dovrebbe mettere i pantaloni ... Non sta bene che si faccia vedere così in
disordine ...
- Non
pensavo che venisse stamattina ...
- Ieri
non mi è stato possibile, così ho deciso di fare un salto oggi, le dispiace?
...
- No,
no ... Faccia pure ... Vado subito a vestirmi ...
-
Intanto le preparo un vero caffè, quello che ha lì, dall’odore ... Non
dev’essere un gran che ...
- L’ho
bruciato mentre mi radevo ... Grazie, lo prendo volentieri ...
-
Quando si deciderà a prendere moglie? ... Non vede che vita sregolata si
ritrova? ...
- Non
ho mai perso in considerazione il matrimonio, perché ho capito molto presto che
potevo rovinarmi la vita anche da solo e con minor spreco di energie e risorse
...”
- Lei è
un cinico, mio caro signore ...
-
Forse, ma io mi considero solo uno scettico ...
- E che
differenza c’è? ...
- Uno
scettico non ha certezze, mentre per essere cinici ce ne vogliono molte ...
- Non
capisco di queste cose ...Ma una moglie le ci vuole, dia retta a me ...
- Non
può che farmi piacere il suo interessamento, signora ... Ma siamo quello che
siamo ...
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Dopo
aver ripreso il lavoro sul mio portatile e consumato un paio delle squisite
tazze di caffè della signora Adele, mi sono imbattuto in un nuovo argomento da
lambiccare il cervello ... Mentre scorrevo un articolo di tutt’altro genere
sono incappato in uno dei tanti abissi, che si aprono quando uno tenti di
considerare i paradossi degli infiniti matematici ...
Pensare
in termini di infinito è sempre complicato, ma una buona analogia può essere
fatta con un po’ di semplice matematica. Immaginate di avere un elenco di
numeri:. 1,2,3 ... e così via fino all'infinito.
Poi si
moltiplicherà ogni numero in questa lista per 2, in modo che ora avete 2,4,6
... e così via fino all'infinito.
La
distanza tra i numeri adiacenti nella lista è "stirata" (ora è 2
invece di 1), ma si potrebbe davvero affermare che l'estensione totale di tutti
i detti numeri si sia in qualche modo "espansa"? Non proprio: si è iniziato con dei numeri che
andavano fino all'infinito, e si è terminato con altri numeri, che comunque ancora
vanno all'infinito e dato che non vi è alcuna possibile distinzione tra un
infinito ed un altro ... Così la dimensione totale è sempre la stessa! ...
Diremo pertanto, applicando lo stesso ragionamento alla cosiddetta “espansione
dell’universo”, che un universo in espansione può essere “stirato”, senza che
si possa affermare che si sia “espanso”, ovvero, qualunque termine preferiate,
purché non vi induca all’idea che vi sia qualcosa “in cui” l’universo possa
trovare un luogo ulteriore da occupare: esso è tutto e dunque “tutto” ciò che
avvenga, avverrà al suo interno, espansione/stiramento compresi. L’infinito, di
cui l’universo è l’ipostasi, non può cambiare in termini di volume, esso è e
rimane infinito, sempre e comunque, ne consegue che qualunque cambiamento, sia,
in realtà, una trasformazione da uno stato ad un altro; le sue variazioni di
volume richiedono che vi sia una corrispondente variazione di un parametro
complementare in maniera tale che l’insieme siffatto sia riconducibile alla
totalità, sempre e comunque.
La
miglior prova di come questo concetto sia coerente è nel momento in cui lo si
applichi ad una ipotetica misura cosmica, per esempio tra due galassie, in un
universo che appunto si stia espandendo: srotolando la nostra ipotetica
fettuccia gigante, noi stabiliamo la distanza tra due galassie e al termine
riportiamo la fettuccia a casa e facendo un confronto con una copia della
fettuccia rimasta a casa, scopriremo che le due non corrispondono più e che per
il fatto stesso di essere stata dislocata su immense distanze la fettuccia
utilizzata ha subito lo stesso effetto di “stiramento” cui è andato incontro lo
spazio fra le galassie ... La distanza tra le galassie non cambia, ma lo spazio
fra di esse aumenta e anche il nostro metro ne risente: quello che è
effettivamente variato prende il nome di “fattore di scala” e sta ad indicare
un tipo di cambiamento che cambia la natura delle distanze, non le distanze
stesse e con le distanze anche la natura della nostra fettuccia. Come se questo
non bastasse ciò che succede allo spazio succede anche al tempo, ma per la
precisione bisogna considerare che le due cose convergono in un'unica entità
detta “spaziotempo”. Ciò significa che l’alterazione di cui abbiamo parlato
coinvolge nella stessa misura gli aspetti di questa nuova entità, lo
spaziotempo. In questo modo risulta ancora più evidente come al di fuori
dell’universo, se considerato infinito come probabilmente è, non vi sia
alcunché di praticabile: l’apparente paradosso cosmologico per cui l’universo sia
in grado di espandersi pur occupando tutto lo spazio disponibile sempre è da
considerare come una conseguenza di una “forma mentis” classica, difficile da
superare, se prima non ci si addentri nei principi fondamentali della
Relatività Generale. Occorre capire come sia possibile che un universo
puntiforme pre-BigBang sia altrettanto infinito quanto l’universo attuale e
quanto quelli ancora più “vasti” che verranno ... Ciò che restituisce senso a
questo apparente paradosso è il fatto che a variare come contraltare al volume
occupato c’è la densità di energia presente nel cosmo: maggiore densità di
energia corrisponde ad un minore volume, mentre al diminuire della densità
aumenta lo spaziotempo occupato, ovvero il volume.
Quanto
mi da fastidio cominciare una lettura e finire per perdermi in un filone di
ragionamento del tutto diverso ...
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Adele
sta cucinando … Ora si che ho finito di lavorare … Questo profumino non
consente la minima concentrazione sul lavoro … Meglio che vada a fare due passi
e prendere un po’ d’aria fresca, che stimolerà l’appetito ... Aiutato magari da
un bianco di collina ...
Ogni
volta che ritorno sui paradossi legati all’idea di infinito, finisco per
passare quasi in automatico alla riflessione sulle sue conseguenze anche pratiche nonché alla
relazione che intercorre con l’idea che tutta la conoscenza umana “non sia, in
ultima analisi, che il sottoprodotto dell’unica funzione conosciuta col nome di
“immaginazione”: LA REALTA’ STESSA NON E’ CHE IMMAGINAZIONE COLLETTIVA ... Ne consegue che, essendo la scienza tutta
nient’altro che lo studio della “realtà fisica”, essa non è altro che uno dei
tanti metodi per “immaginare” uno degli aspetti che la realtà possa assumere
... In ultima analisi “pensare” non è altro che “immaginare”, per quanto in una
modalità estremamente sofisticata e super ordinata.
Attribuire
ai fenomeni una natura oggettiva “speciale”, solo perché il metodo scientifico
consenta l’utilizzo di tecnologie superbamente avanzate è fallace, presuntuoso
e un po’ patetico: la scienza non ha alcun particolare privilegio in termini di
presunta “oggettività”, più di quanto ne abbia una qualsiasi forma di
conoscenza, o ricerca del sapere ... La scienza può vantare solo una
encomiabile inter-soggettività del proprio metodo, che la rende, allo stesso
tempo,democratica e selettiva: ne risulta una metodologia altamente aperta alla
critica, pur mantenendosi eccezionalmente severa in termini di qualità.
Ciononostante, non esiste ragione per tradurre tale eccelsa qualità di pensiero
razionale in una sorta di inesorabile e assolutistica fondazione cosmogonica:
il metodo scientifico può legittimamente descrivere l’universo nei minimi
dettagli e con tutta l’eleganza matematica possibile, ma non può in nessun modo
dimostrare che esso esista ... Non più di un
qualsiasi altro racconto mitologico ...
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Il
pranzo di Adele è stato superbo ... Mi sto ancora leccando i baffi ... E’ una
cuoca sopraffina ... Meglio del marito, che pure gestisce il loro ristorante e
cucina benissimo ... In quella coppia c’è da chiedersi, chi prenda per la gola
chi ...
Fantastico,
ha persino lasciato un sorbetto digestivo nel frigo ... Che donna! ... Uuummm
... Che delizia ...
Vediamo
dove sono arrivato ... Ah! ... ecco, c’era poi la faccenda dei sacerdoti egizi
... Com’era la cosa? ...
Un
paragone adatto è quello con i sacerdoti egizi e la loro straordinaria
“tecnologia” per la “immortalizzazione” dei faraoni: essi conoscevano le più
sofisticate metodologie, che la storia avesse visto, per rendere immortali e
per millenni (più tempo di quanto la ns. scienza si possa sognare al momento ...),
eppure si sbagliavano della grossa !! ... Erano completamente nel pallone,
senza neppure averne la minima idea e ceffavano
di brutto anche nel consigliare ai faraoni i matrimoni consanguinei (che pure
anche la loro tradizione considerava tabù al di fuori dei reali !!!!),
decretando così per intere dinastie regali l’estinzione, invece che la vita
eterna !!!! ... E magari ... La gente comune, ignorante e credulona, pensava
che i loro sacerdoti fossero delle vere star e dei sapientoni infallibili (e
tutti quelli che se lo potevano permettere imitavano la “moda”
dell’imbalsamazione come viatico per la vita eterna ...) ... meno male per coloro che non si sono fidati!!
....
Oggi
dovremmo fare lo stesso: NON FIDATEVI! ... NON FIDATEVI! ... NON FIDATEVI! ...
Questo
sorbetto! ... Che donna, questa Adele ...
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[*] Il”cervello di
Boltzmann” è un'ipotetica entità consapevole di sé, nata a causa di
fluttuazioni quantistiche da uno stato di caos. L'idea ha ricevuto il nome del
fisico Ludwig Boltzmann, secondo il quale l'universo è in uno stato molto
improbabile di non equilibrio e che sia nato da una fluttuazione casuale,
ovvero nello stesso modo in cui potrebbero sorgere i cervelli di Boltzmann,
poiché solo quando ciò avviene casualmente il cervello può esistere per
diventare consapevole dell'universo. L'ipotesi del cervello di Boltzmann viene
considerata un paradosso.
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