Abstract: ho
ricevuto un’analisi critica del mio racconto sul libero arbitrio e ho deciso di
pubblicarla; in conseguenza del suo indubbio interesse e della sua perfetta
attinenza, con l’idea dell’autore alla base del medesimo.
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Una delle
sensazioni più forti che si provino, in quanto esseri pensanti, è la sensazione
di oppressione, o più precisamente, l’idea di essere in una prigione, senza vie
d’uscita; una possibile prova di quanto spiegato nel racconto: noi “non possiamo
uscire dalla gabbia” in cui ci sentiamo relegati proprio perché l’ipotetico
“contatto” tra noi e la natura che osserviamo "là fuori" è piuttosto aleatorio e
ci lascia con la bocca asciutta ogni volta ... ogni volta che ci illudiamo di
“agire sul mondo” ... il "mondo", invece, è inesorabilmente e provocatoriamente "là fuori" e si fa beffe di noi, continuamente.
Perché? ...
Forse
perché non è veramente "là fuori", o magari perché “noi” non siamo veramente “qua
dentro” ...
I due
apparenti mondi sembrano, una volta, distinti ed un'altra, fusi insieme, ma, di
caso in caso, sembrano cambiare tra l’una e l’altra possibilità ... (viene in
mente il dualismo onda/particella e simili).
Ci
domandiamo, occasionalmente, se il “mondo-là-fuori” sia reale, o se non sia
un’invenzione della nostra mente; altre volte abbiamo il dubbio contrario: è la
realtà strabordante a farci temere, che la nostra mente sia solo un ammasso di
inutili fantasie, che si dissolvono alla prima occasione, sia essa un'improvvisa morte, o
una qualsiasi disillusione, o fallimento ...
Noi
diveniamo gradualmente consapevoli di non essere in grado di agire
efficacemente sul “mondo-là-fuori” e con orrore finiamo per dover accettare
tale ineluttabilità “sconvolgente”. Questa convinzione crescente ci provoca un
sempre maggior disagio e finisce per “obbligarci” a prendere coscienza
dell’apparente “dualismo” di cui sopra: solo apparente, in quanto non è
“oggettivamente” tale.
Il
senso di “separazione” è conseguenza del nostro “sistema di credenze”, più di quanto non sia reale: siamo
abituati a credere di essere i “soggetti” in tutta la nostra situazione
esistenziale, ma non è così; noi “veniamo vissuti”, apparteniamo alla
vita, non ne siamo veramente i protagonisti; tuttavia siamo nella condizione
di credere il contrario ... almeno per un “variabile” lasso (differente da
persona a persona) di quella vita.
Quando
prendiamo coscienza della nostra “impotenza” rispetto ai fatti della vita,
andiamo gradualmente incontro al senso di paura da perdita di controllo e
cominciamo a dubitare dell’una o dell’altra cosa. Questo è solo il punto di
vista della “nostra” mente (diverso da persona a persona e da momento a
momento); la spiegazione oggettiva è invece, che il processo mentale è “solo”
l’espressione emergente del sottostante processo neuro-fisiologico, il quale
produce le condizioni indispensabili al manifestarsi del “fenomeno” (ovvero il
processo) più noto come “pensiero”. Esso ha una funzione pratica (in termini
evolutivi), che consiste nell’elaborazione di “scenari” atti a migliorare
l’efficienza operativa degli organismi che ne siano dotati: un “danno
collaterale” di tale efficienza è quella che noi esaltiamo e onoriamo e
mitizziamo col nome di “immaginazione”.
L’immaginazione
è la gran cosa, che ci appare essere, solo nel contesto della nostra “costruzione
mentale” (espressione del condizionamento storico sociale/culturale), mentre “oggettivamente”
è proprio quella collezione di inutili fantasie, che molto spesso temiamo
essere.
In
contrasto con quanto detto, si potrebbe osservare, che quelle presunte “inutili
fantasie” hanno cambiato il mondo e conquistato la più vasta conoscenza dell’universo
di sempre, tramite soprattutto la “nostra” scienza ... ma sarà proprio vero?
...
Che ne
sarebbe di tutta la “nostra scienza” se, improvvisamente, un asteroide (o
cometa, o altro) piombasse sulla terra, estinguendo del tutto, o quasi, la vita
su di essa, come è già accaduto, in più occasioni, nella storia del nostro
pianeta? ...
Saremmo
ancora tanto sicuri delle “grandi conquiste”, di cui tanto ci vantiamo oggi,
dopo solo qualche migliaia di anni di vita della nostra cultura? ... Cosa
avrebbero dovuto “dire” i dinosauri, che hanno resistito e dominato il pianeta
ben più a lungo di noi? ...
E’
troppo presto per noi, per poter affermare che il mondo ci appartenga e che lo
abbiamo conquistato grazie alle nostre “menti super-evolute” ... Le cose non stanno così: questa è solo una
delle tante “rappresentazioni mentali” auto-compiaciute, che caratterizzano la
struttura della mente umana: non è solo l’individuo a formarsi tali complessi
psicologici razionalizzanti, anche i gruppi sociali, i popoli, l’intera umanità
possono, anzi necessitano di farlo.
Il
fine di tali “strutture psicologiche” è sempre lo stesso: convincerci della realtà
di ciò che ci spinge ad agire e della nostra stessa “mente”: ma è un’illusione,
individuale, collettiva, di massa, o persino globale ... Proprio come
suggerisce il racconto. La mente è una funzione del cervello, come la visione è
una funzione dell’occhio, o l’udito è una funzione dell’orecchio: assai più
sofisticata, all’apparenza, ma se il vostro cibo non fosse sempre disponibile
sugli scaffali del supermercato locale, forse vi verrebbe in mente che per
procacciarlo occorrono proprio queste “funzioni” e perdereste meno tempo ad “immaginare”
come farvi del male, inventando nuovi, inutili problemi ... La natura ce ne
fornisce e ce ne fornirà sempre ... quanti ne vogliamo ...
Attenzione!! ... Tutto ciò non è inteso a ridicolizzare alcunché: né i sogni e le speranze individuali, né la cultura in genere, né la scienza e i suoi successi, né le filosofie e la saggezza che portano, o le religioni e la consolazione che esse possano elargire, né altro che dir si voglia ... Si può ugualmente, dare il valore che si desideri ai frutti del pensiero umano, ma è più corretto farlo nel giusto contesto e nei limiti che, presto o tardi, ci troveremo a dover affrontare. Non solo come individui, o come famiglie, o come nazioni ... un giorno toccherà all’intera umanità fare i conti con le proprie illusioni ...
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