La risposta alla
domanda liebniziana “Perché esiste qualcosa invece di niente?” è forse l’unica
(in quanto filosofica) alla quale abbia senso rispondere – servendosi del
cosiddetto “Principio Antropico” – affermando che noi non saremmo qui a
parlarne se fosse vera la prima ipotesi e che ne possiamo parlare
esclusivamente in quanto vera la seconda.
Se invece di
straparlare di “multiversi” i fisici teorici lasciassero ai filosofi il loro
mestiere, scoprirebbero che certi loro “presunti” ragionamenti sono del tutto sconclusionati:
Ammettiamo, per un
momento di accettare la loro proposta di un “universo spazio-temporalmente infinito”;
cosa ne dovremmo ricavare?
Io dico che le loro
principali risposte sono a dir poco infantili e dimostrano che ognuno dovrebbe
limitarsi a fare il proprio mestiere: gli scienziati facciano scienza e lascino
che i filosofi (quelli bravi!) si occupino di ragionare in termini teoretici.
Non sto qui a
ripercorrere le soluzioni proposte dagli scienziati, perché non voglio invadere
il loro campo; mi limito a richiamare in causa tutte le varianti proposte del
cosiddetto “Multiverso”, per contestarne la validità in toto: sono tutte
inutili quanto dannose.
Perché dunque io mi
rifaccio in questo caso – e solo in questo caso – al cosiddetto “Principio
Antropico”? …
La risposta dovrebbe
essere ovvia: non c’è modo per la scienza di rispondere ad un “perché”, la
scienza risponde ai “come” e dovrebbe lasciare i “perché” ai filosofi (quelli
bravi!).
Nessuna idea di “multiverso”
risponderà mai, tuttavia, né ad alcun “perché”, né ad alcun “come”!
“Multiverso” è solo
una clamorosa, inutile bufala: non è altro che la resa mascherata dei
cosiddetti “fisici teoretici” di anglo-sassone cultura. Solo la filosofia ha i
titoli e la cultura storica per rispondere, o “non” rispondere a tali domande
sulla base dei propri “metodi”.
Alcune delle teorie
più “avanzate” dai cosmologi erano state già avanzate, dai FILOSOFI indiani, a partire
dal IX-VIII secolo a.C. !! … E senza disporre di alcuna tecnologia! … A parte
il buon senso comune. L’idea di un universo ciclico, per esempio, è presente testi
religiosi e filosofici indiani noti come “Upaniṣad”,
solo per fare un esempio fra molti possibili. Ma se vogliamo dirla tutta, non sono forse stati i filosofi a “fondare” la scienza? …
Torniamo a noi.
Inventarsi le parole non risponde ad alcun quesito: lo scopo del termine “universo”
è quello, non di affermare una teoria, ma di descrivere un fatto: da qualche
parte e in qualche modo la “molteplicità” dovrà necessariamente ricondurci alla “totalità”.
Il “tutto” – cui anche noi apparteniamo - è ciò che si è sempre inteso col
termine ”universo”: già con la scoperta delle galassie, qualcuno avrebbe potuto
parlare di “tanti universi indipendenti”, o “universi isola” … Ma il buon senso
ha prevalso allora … ma non oggi, a quanto pare.
Affermare che – sulla
base di una teoria (inflazione e sue varianti arcobaleno) non dimostrata e
forse persino non dimostrabile – noi tutti dovremmo cambiare il senso di parole,
che hanno millenni di storia, sono consolidate ed hanno un senso molto ampio e
profondo è un atto di patetica arroganza e di sicura greve ignoranza.
“Universo” è un
concetto che richiama la profonda intuizione umana, che dietro a tutte le
infinite possibilità che abbiamo incontrato, che incontriamo ogni giorno e che
potremo incontrare, non solo noi, ma tutte le generazioni e le specie che
esisteranno, vi sia una qualche forma di unitarietà: l’esistenza del cosmo è
allo stesso tempo la prova della sua unicità.
“Multiverso” è solo
una clamorosa, inutile … BALLA.
Ma perché? … Ecco la
domanda filosofica principe. E la risposta? …
Per i soldi. E che
altro sennò. (*)
Cominciano a esserci
un po’ troppi “scienziati” in circolazione, ormai … Che devono fare, se non ci
sono abbastanza scoperte “vere” su cui lavorare? … Inventarsele! …
Tutto il mondo è paese.
Sono piccolo ma crescerò ...
=== Correct English version =========
It's a small world after all ...
The answer to the liebnizian question "Why does something exist instead of nothing?" Is perhaps the only (as it is philosophical) to which it makes sense to answer – by means of the so-called "Anthropic Principle" - stating that we would not be here to talk about it in the the first case hypothesis, and that we can speak of it exclusively because the latter is true.
If, instead of talking about "multiverses", theoretical
physicists would leave to philosophers their own profession, they would
discover that some of their "alleged" reasoning are completely
rambling:
Let us admit, for a moment, to accept their proposition of a "space-time
infinite universe"; what should we get from it?
I say that their main answers are childish to say the least, and show
that everyone should limit themselves to doing their job: let scientists do
science, and let the philosophers (the good ones!) deal with reasoning in
theoretical terms.
I am not here to retrace the solutions proposed by scientists, because I
do not want to invade their field; I will just mention all the proposed
variants of the so-called "Multiverse", to challenge their validity
in their entirety: they are all as useless as they are harmful.
Why then do I refer in this case - and only in this case - to the
so-called "Anthropic Principle"? ...
The answer should be obvious: there is no way for science to respond to
a "why", science responds to the "how-s", and should leave
"why-s" to philosophers (the good ones!).
However, no idea of "multiverse" will ever respond to any
"why", or to any "how"!
"Multiverse" is just a sensational, useless hoax: it is
nothing but the disguised surrender of the so-called "theoretical
physicists", of Anglo-Saxon culture. Only philosophy has the titles and
the historical culture to answer, or "not" to answer such questions,
on the basis of its "methods".
Some of the most "advanced" theories by cosmologists had
already been advanced by the Indian PHILOSOPHERS, starting from the IX-VIII
century BC !! ... And without having any technology! ... Apart from common
sense. The idea of a cyclic universe, for example, is present in Indian
religious and philosophical texts known as "Upaniṣad", just to give
an example among many possible ones. To put it plainly, were they not the philosophers to lay
the "foundations" of science? ...
Let's get back to us. Inventing words does not answer any questions: the
purpose of the term “universe” is that, not to affirm a theory, but to describe
a fact: somewhere and in some way the "moteplicity" must necessarily
lead us back to "totality". The " totality" - to which we
also belong - is what has always been understood by the term
"universe": Already with the discovery of galaxies, someone could
have spoken of "many independent universes", or "island
universes" ... But the common sense prevailed then ... but not today,
apparently.
To affirm that - on the basis of a theory (inflation and its rainbow
variants) unproven and perhaps even not demonstrable - we should all change the
sense of words, which have millennia of history, are consolidated, and have a
very broad and deep meaning, it’s an act of pathetic arrogance and coarse ignorance.
“Universe” is a concept that recalls the profound human intuition, that
behind all the infinite possibilities - that we have met, that we meet every
day, and that we will meet, not only us, but all generations and species that
will exist - there is some form of unity: the “existence of the cosmos” is at
the same time the proof of its uniqueness.
"Multiverse" is just a resounding, useless ... RUBBISH.
But why? ... Here is the MAIN philosophical question. And the answer?
...
For money … what else?! (**)
There are – these days - too many "scientists" in circulation,
i’m afraid ... What should they do, if there aren't enough "real"
discoveries to work with? ... Invent them! ...
The world at large - in the end - is nothing but a little village. (Italian
saying. Or as the English’d say: “It's a small world, after all.”).
==
==
Image credit: publicly available
--
(*) Sotto forma di finaziamenti, ça va sans dire.
(**) In the form of funding, ça va sans dire.
==